M.D. numero 35, 23 novembre 2005

Tribuna
Revoca e privacy: una puntualizzazione
di Antonio Attanasio, Medico di medicina generale, Mandello del Lario (LC)

La privacy non è fatta solo di vuoti formalismi burocratici, di dati sotto chiave, di modelli scrupolosamente letti e firmati. Il suo rispetto sta in primis nell’essere adulti, padroni di se stessi, senza nessun estraneo che pretenda di farci da fratello più grande. Purtroppo, per quanto banali, questi principi stentano a farsi strada fra i medici, soprattutto fra quelli che (non per nulla) si fanno chiamare “di famiglia”.
Continuo a leggere e sentire colleghi offesi nella loro professionalità e feriti nel loro orgoglio dalle revoche per futili motivi. Un atteggiamento contraddittorio e non equo: non si può invocare un motivo valido per la revoca, quando se ne fa a meno nel momento in cui si è scelti come medico di medicina generale tra un elenco di colleghi

Q
uante volte alla constatazione di una revoca noi Mmg reagiamo così: “Erano anni che li avevo in cura. Non ho mai fatto mancare loro i miei consigli e le mie attenzioni. Non ho mai sbagliato una diagnosi. Li ho curati sempre con dedizione. Poi è arrivato quel medico nuovo, e tutta la famiglia mi ha lasciato. Ci fosse stato almeno un motivo valido”.
Certo, ci hanno lasciato senza l’apparenza di un motivo valido, e ora ci arrovelliamo e ci chiediamo perché. Ma quando ci hanno scelto, ci siamo chiesti il perché? Ci avevano scelto a ragion veduta? Ci avevano detto perché ci avevano preferito ad altri? Per il nostro ciuffo biondo? Per il 110 di laurea? Per la tesi sulle variazioni dell’ematocrito in tre casi di tubercolosi trattati con rifampicina?
Cerchiamo di essere seri. Non si può invocare un motivo valido per la revoca quando se ne è fatto a meno allorché si trattava di essere scelti. Come ci hanno scelto allora per un motivo futile, così hanno scelto un altro medico per un nuovo motivo futile, lo stesso che giustifica la revoca.
Nessuno di loro ci ha sposato, e nemmeno possiamo considerarci i loro fratelli maggiori. In quanto cittadini liberi e adulti, i pazienti hanno il diritto di scegliere e cambiare medico senza che qualcun altro abbia il diritto di chiedere loro il motivo o, peggio, di giudicare quel motivo valido o non valido. E tanto meno quel diritto possiamo averlo noi Mmg che abbiamo un interesse economico a tenerci le quote.

Ma cos’è la fiducia?


E già che ci siamo, diciamocelo francamente: quella storia della “fiducia” che alcuni colleghi retoricamente hanno fatto inserire in convenzione è un puro nonsenso. Siamo consapevoli o no di ricoprire anche una funzione di “certificazione” nei confronti degli assistiti? E “certificare” significa dichiarare quanto constatato di fatto, non quanto si apprende sulla fiducia. E se “fiducia” significa che i pazienti si fidano delle capacità professionali del proprio medico, anche in questo caso scorgo una contraddizione: giusto o sbagliato che sia, infatti, vige il principio del valore legale dell’abilitazione alla professione. Non fidarsi delle capacità professionali di un medico abilitato equivale a vilipendio delle leggi e delle istituzioni, è come rifiutarsi di accettare come pagamento la moneta dello Stato. Quella parola “fiducia” inserita a sproposito nella nuova convenzione, non significa di certo e non implica “fedeltà”. Chi la fedeltà può comprarsela, come i commercianti, se la compra con gli sconti e le raccolte punti; chi non può, come i nostri cugini avvocati, notai, architetti, molto semplicemente lascia perdere. Noi siamo l’unica scalcinata professione che impudicamente racconta balle per ottenere di riffa quel che non riesce a ottenere di raffa. E poi parliamo di dignità e decoro della professione!
Noi seguiamo i nostri pazienti dalla culla alla tomba (siamo eterni!), li assistiamo in studio, a casa, in ospedale, di giorno e di notte, nei giorni festivi e prefestivi, in vacanza (siamo ubiquitari!), ne conosciamo vizi e virtù, abbiamo fatto accurati sopralluoghi nei loro luoghi di abitazione, di lavoro, di svago, abbiamo incontrato e visitato i loro parenti fino al quarto grado, i loro amici e i loro amanti e abbiamo annotato tutto nella nostra mente capace, poi a norma di legge abbiamo riversato tutto nel disco rigido di un computer protetto da password. Noi e noi soli sappiamo che cosa è meglio per i nostri pazienti! Possiamo forse rinunciare a dar loro consigli in merito al matrimonio, ma non possiamo certo rinunciare a far passare da noi tutte le loro esigenze in materia di salute. Non c’è salute al di fuori del Mmg. Ditemi, colleghi, ci crediamo davvero?