M.D. numero 35, 23 novembre 2005

Riflettori
L’accesso calmierato alla professione

L’Antitrust denuncia gli effetti restrittivi per i Mmg e gli assistiti di alcune norme d’accesso alla professione del vecchio accordo regionale della Calabria per la medicina generale. Gli fa eco la Cgil, sottolineando che tale problematica può investire tutto il territorio poiché riguarda anche i nuovi accordi regionali e porta l’esempio di quello messo a punto dalla Regione Toscana

T
ra la Sanità italiana e l’Autorità Antitrust è di nuovo confronto acceso d’opinioni, perché se la professione medica, come tutte le altre, è soggetta alle leggi di mercato, deve rispettare, secondo l’autorità, tutte le regole della concorrenza. È facendo leva su questo principio che il presidente Antonio Catricalà
ha sottoscritto la pubblicazione (Bollettino n. 41/2005) di alcune osservazioni “in merito alle modalità di accesso alla professione di Mmg nella Regione Calabria (Accordo Regionale, deliberazione della Giunta regionale 4 agosto 2003 n. 615)”, in attuazione della vecchia convenzione (Dpr n. 270/2000). L’Accordo regionale prevede che, qualora in un dato ambito territoriale vi sia un posto vacante di Mmg, non si proceda a bandire il posto vacante e, quindi, a nominare un nuovo Mmg in tutti i casi in cui, nel dato ambito territoriale, sono attivi Mmg con massimale fino a 1.500 assistiti che ne seguano però meno di 1.000.
L’Autorità dal canto suo ritiene che “tale disposizione possa comportare effetti restrittivi nell’accesso alla professione di Mmg in Calabria, oltre a ledere gli interessi degli utenti del Ssn. Infatti, la sospensione delle procedure per colmare le zone carenti, in presenza di un medico che segue meno di 1.000 assistiti, produce il duplice effetto di ridurre ingiustificatamente il numero di Mmg e di restringere la scelta da parte degli assistiti del proprio medico di fiducia. Assistiti danneggiati anche dal fatto che dovranno scegliere un Mmg che, a causa della sospensione dei bandi per le zone carenti, si trova ad assistere un numero maggiore di cittadini”.
L’Autorità inoltre rileva che “su tredici accordi integrativi regionali analizzati, conclusi in attuazione dell’accordo nazionale 270/2000, soltanto l’accordo della regione Calabria ha previsto la sospensione delle procedure per nominare nuovi Mmg nelle zone carenti, la mancanza di una disposizione analoga in altre Regioni comporta, tra l’altro, effetti discriminatori a danno sia dei medici che intendono accedere alla professione in Calabria sia degli assistiti del Ssn residenti nella Regione”. L’Autorità ha rivolto due indicazioni precise alla sanità regionale:
1. una modifica della disposizione in questione, al fine di eliminare dal testo dell’accordo la sospensione delle procedure per colmare le zone carenti;
2. questa stessa indicazione deve essere considerata anche in sede di recepimento del futuro accordo regionale che darà attuazione al più recente accordo nazionale del 23 marzo 2005”.

La Cgil mette in guardia


La posizione assunta dall’Autorità non sembra arrivare più a proposito visto che, come ha spiegato
il coordinatore della Cgil Medici Nicola Preiti, il problema “rischia di diventare ancora più grave con i nuovi accordi che le Regioni stanno stipulando sulla base della nuova convenzione in vigore dal 23 marzo 2005”. Un esempio? Quello della Regione Toscana, contro la cui posizione il sindacato ha intenzione di chiedere un intervento sia della Sisac sia dell’Antitrust. “In uno stralcio di accordo - spiega la Cgil - la Toscana prevede infatti la non pubblicazione della zona carente, negli ambiti inferiori a 40.000 abitanti, qualora vi sia un medico con meno di 300 scelte e un altro medico in condizioni di acquisire scelte (cioè con meno di 1.500 assistiti più deroghe). Negli ambiti superiori a 40.000 abitanti invece si è innalzato il rapporto ottimale da 1/1000 a 1/1200”. Secondo la Cgil la non pubblicazione della zona carente in presenza di un medico con meno di 300 assistiti è del tutto illegittima: “perché interviene in maniera impropria ed indefinita sul numero ottimale al di fuori di specifiche esigenze e situazioni locali”.

L’ottimale


L’altro problema, secondo il sindacato, è l’innalzamento netto del numero ottimale negli ambiti superiori a 40.000 abitanti. “Questa possibilità - precisa la Cgil - è per la verità prevista dall’ACN, non è quindi formalmente illegittima. Ma l’accordo nazionale non ha però il potere di dare questa opportunità e neanche quello regionale. Tale decisione porterebbe a una modifica strutturale del sistema che non può prescindere da un intervento legislativo”.
Scelte scellerate che secondo il sindacato porteranno nei fatti ad un “esubero” del 20% dei medici di famiglia. “In sostanza - precisa la Cgil - non si potrà più accedere alla professione di Mmg per almeno 10 anni, e senza alcun risparmio per il sistema. Viene usurpato un diritto di chi faticosamente in tanti anni lo stava acquisendo - conclude il sindacato sottolineando l’assenza della sua firma dall’accordo regionale - e si riduce il numero di medici in servizio a scapito della qualità dell’assistenza ai cittadini”.