Editoriale
La salute? È sempre più appannaggio
mediatico
Arriva il medico in abbonamento,
lultima moda made in Usa che rischia di mettere in discussione
per lennesima volta tutti i principi professionali e deontologici
conosciuti e praticati sino ad oggi.
Con il pagamento di una sorta di forfait annuale che va da un
minimo di 1.500 a un massimo di 20 mila dollari ci si può
assicurare un boutique doctor, un medico su
misura, a disposizione dei propri abbonati 24 ore su 24,
attenti e umani per contratto, che a seconda della tariffa che
si è disposti a pagare sono pronti a dedicare almeno
30 minuti del proprio tempo per ascoltare, visitare e accompagnare
nel percorso terapeutico considerato ottimale ciascuno dei propri
pazienti.
Per quanto riguarda il costume sanitario italico, ben diverso
nel bene e nel male da quello USA, è un fatto che in
alcune città italiane, come per esempio Roma, stanno
comparendo nelle vie più eleganti alcune boutique, per
il momento dedicate alle cure odontoiatriche, nelle quali, proprio
come in una beauty farm diurna, si entra e si acquista una cura
dentale con la stessa modalità con cui si acquisterebbe
un massaggio estetico, unacconciatura alla moda, una seduta
con il truccatore.
Con i boutique doctor però la questione è più
complessa, perché per abbonamento i pazienti non presumono
di acquistare soltanto prestazioni di qualità in ambienti
confortevoli e facilmente raggiungibili, ma di acquistare il
tempo e lumanità stessa del proprio medico.
Il segretario nazionale della Fimmg, Mario Falconi, sollecitato
dalla stampa sulla notizia, ha risposto a giusta ragione che
non abbiamo nulla da invidiare agli Stati Uniti, tantomeno da
imitare e che bisognerebbe essere orgogliosi della nostra assistenza
sanitaria, ma è evidente che la provocazione statunitense
non può che farci riflettere. Riflettere sulla qualità
percepita del servizio sanitario, sullo spostamento culturale
dal concetto di salute a quello di benessere. Un concetto che
rischia di indurre nei pazienti la ricerca di una sorta di estetismo
sanitario fatto di medici famosi e televisivi, di camici
dalta moda e studi iper-accessoriati e di confondere ciò
con la qualità e lessenzialità delle cure.
Non di meno bisognerebbe soffermarsi sul consumismo farmaceutico
che spinge il paziente a tentare di imporre al proprio medico
la prescrizione del farmaco appena annunciato, o della diagnostica
presentata in diretta nel talk show della domenica sera. Se
passa il concetto che ogni cura può essere appropriata,
basta che non gravi sul bilancio pubblico, la deriva non
sarà arginabile e ci si ritroverà presto a discutere
della salute degli italiani più nei salotti mediatici
che in Parlamento.