M.D. numero 33, 9 novembre 2005

Prospettive
Medicina di famiglia europea: i lavori in corso per lo sviluppo accademico
di Francesco Carelli, Medico di medicina generale, Milano - EURACT Council

Nella gran parte del Vecchio Continente l’insegnamento e la crescita della ricerca in medicina di famiglia hanno contribuito significativamente al suo riconoscimento come disciplina accademica. Ma in alcuni Paesi europei questo processo non è ancora del tutto compiuto. è quindi necessario costruire un percorso per raggiungere l’obiettivo e vincere le resistenze

I Paesi aderenti a EURACT (European Academy of Teachers in General Practice) hanno elaborato una Definizione Europea, che è stata sottoscritta dalle principali Società europee e fatta propria da WONCA durante il Congresso del 2002. Questa definisce i principi di una professione con dignità e specificità specialistica, ne evidenzia le competenze e inoltre ha aperto la strada all’elaborazione di una metodologia della didattica - basata su principi e obiettivi - e di una specifica ricerca.
Dai 15 Paesi originari, EURACT è passata ai 31 attuali, che diventeranno 34 con la prossima riunione del Council.
Questo allargamento dovrebbe rafforzare sempre più la posizione della medicina di famiglia sulla scena europea e fare sì che tutti i medici di famiglia (MdF) europei puntino ad una struttura omogenea, quindi forte, negli aspetti di principio, in quelli accademici, dipartimentali, didattici e di ricerca.
È gioco forza che questo processo si troverà ad andare di pari passo con gli allargamenti politici della Comunità Europea. Quanti più Paesi vi aderiranno, attraverso un’integrazione e omogeneità tale da condurre al libero scambio dei professionisti e al mutuo riconoscimento dei titoli di studio, tanto più tale integrazione si dovrà riflettere nel campo della medicina di famiglia.
Per esempio, risponde a questa logica e a questo percorso il passaggio in Italia dal tirocinio specifico di formazione biennale in MdF a un corso triennale, che nel tempo dovrà diventare necessariamente un corso di specialità. Diversamente, i medici di famiglia degli altri Paesi europei potranno esercitare in Italia, mentre quelli italiani non potranno fare lo stesso in altre nazioni d’Europa.
Il motore di tale processo si trova in alcuni Paesi del Nord Europa dalla lunga e consolidata realtà accademica e dipartimentale che vantano ancora un’imperante supremazia nell’editoria, nella didattica, nella ricerca, nella presenza pubblicistica.
Questo motore ha comunque garantito che la medicina di famiglia esista a livello alto in Europa e ha permesso la nascita di tale disciplina su quel modello nei Paesi dell’ex Patto di Varsavia. Inoltre, ha favorito il dibattito nei Paesi definibili intermedi, dove esiste un elevato numero di medici di famiglia, ma la disciplina non è ancora riconosciuta o qualificata come specialità a se stante.

Problemi e opportunità


I dibattiti nazionali, spesso favoriti dai report dei lavori di EURACT, EGPRN, EQuiP (i network di WONCA) hanno aperto molte strade. I livelli di sviluppo risultano molto differenziati territorialmente, ma ciascun Paese nei report periodici dei Council di EURACT riporta comunque progressi, che sono talvolta minimi, talvolta significativi o improvvisamente mostrano un “effetto trascino”.
Già nel solo caso Italia, considerando lo stadio arretrato in cui versa la medicina di famiglia come disciplina, si deve riconoscere che in quattro anni si è visto lo svilupparsi dei primi corsi undergraduate, il rafforzarsi del tirocinio di formazione - con una sua visibilità di semi omogeneità a livello nazionale - il trasferimento dei documenti europei come tema di riflessione sia didattica sia politica, ma anche relativa alla contrattazione.

Il ritardo dei Paesi Mediterranei


Le discrepanze tuttora esistenti fra i Paesi europei vedono soprattutto penalizzati i Paesi Mediterranei. Le ragioni di tali difformità sono di natura politica e risiedono nel mancato apprezzamento della medicina di famiglia come specialità, nel ritardo ad accettare e metabolizzare i documenti che la medicina di famiglia produce, nel conseguente mancato finanziamento della medicina di primo livello.
In Italia, per esempio, si sottofinanzia, si taglia, addirittura si arriva a volere attribuire al medico di famiglia compiti e competenze che non gli sono propri (basterebbe leggere le core competences di EURACT), persino, per leggi e per convenzioni lavorative, gli si negano flessibilità del lavoro, partecipazione a convegni veramente scientifici o di lavoro internazionale, sponsorizzazioni e coperture spese. In questo modo si contravviene alla legge europea sul libero scambio e mutuo riconoscimento dei titoli di studio, si eludono i documenti ufficiali che stabiliscono che presso ogni Università vi debbano essere Dipartimenti di Medicina di Famiglia gestiti da MdF, si disattende la legge europea sulla flessibilità di lavoro secondo esigenze, età, progressione di lavoro, competenze, si impedisce ai medici di famiglia di fare vera ricerca (i lavori di ricerca italiani sono sporadiche unità di veri entusiasti ricercatori “notturni e dei week end”) e didattica serena in spazi temporali protetti.

La qualità


La realtà europea, poi, vede ancora una forte dicotomia fra Paesi dove ci si basa veramente sulla qualità, si fa analisi di qualità, si premia la qualità nello specifico della pratica, cioè nei contratti di lavoro, e Paesi con contratti a quantità (quantità di pazienti in lista, quantità di pazienti e di prestazioni nell’unità tempo). Spagna, Italia, Romania, Bulgaria possono essere annoverati tra tali Paesi.
Non è un caso che, nella ricerca europea condotta sul burn out che colpisce i medici di famiglia, la Bulgaria presenti i dati peggiori e più significativi nelle cause da superlavoro quantificato e da demotivazione e mortificazione, ma non va molto meglio in Italia.
Eppure sulla scena europea si affacciano Paesi con una medicina di famiglia in fermento come Malta, che può utilizzare un piccolo gruppo di medici di omogenea mentalità europea, come la Turchia che può già vantare 23 Dipartimenti Universitari, come la Slovenia che, seppur piccola, ha però i suoi rappresentanti ai più alti livelli nelle organizzazioni europee dei medici di famiglia.

Che fare?


Per sviluppare la via accademica occorre agire sui governi, occorre insistere sui Documenti, occorre ottenere, mantenere, presentare sempre un alto profilo qualitativo. È necessario inoltre rendere attrattiva la disciplina fra gli studenti e i giovani medici; bisogna sviluppare e fare conoscere le metodologie didattiche e della ricerca, offrire nuove idee e proposte innovative circa cure cliniche efficaci e servizi specifici inerenti la medicina di famiglia.
Il contributo più importante della medicina di famiglia accademica è stata ultimamente la definizione di una agenda didattica (Educational Agenda), che risponda, in termini di profilo elevato e qualitativo, alle necessità dei professionisti già in attività, dei futuri medici di famiglia, dei servizi sanitari, dei pazienti, delle altre specialità.
La medicina accademica deve anche occuparsi di sviluppare una misura della equità in rapporto alla salute e alle cure sanitarie che faccia da supporto alla creazione di una agenda della ricerca (Research Agenda). Va di fatto incrementata la capacità di ricerche disponibili attraverso lo sviluppo di un network di ricerca che faccia riferimento agli studi medici. Contemporaneamente andrebbero proposti processi cooperativi fra i network europei rivolti ad aumentare e integrare la loro produttività.
Sono indispensabili più posti come medico senior esperto, per adempiere i compiti e gli obiettivi di una direzione accademica là dove è ancora carente. Tali incarichi devono sempre rispondere a requisiti obiettivi e chiari di qualità professionale.

Lo sviluppo di carriera


Se nei Paesi che si stanno irrobustendo su questa strada i medici di famiglia si sentono al fondo della scala accademica, vanno adottate le misure per stabilire una struttura nazionale di carriera accademica; questa, unitamente all’utilizzo delle agende della didattica e della ricerca, non potrà che favorire una crescita più ampia e più omogenea in Europa della medicina di famiglia come disciplina specifica ed accademica.