M.D. numero 33, 9 novembre 2005

Focus on
Continuità assistenziale tra sogni e realtà
di Monica Di Sisto

Il ministro della Salute e i governatori scommettono sulla possibilità di mettere a disposizione del cittadino, in strutture delocalizzate sul territorio, un’assistenza continua sulle 24 ore, garantita dal suo Mmg “mai più solo”, come nelle intenzioni del nuovo Piano sanitario nazionale. Il Mmg dovrà entrare al più presto in sinergia con il suo collega di continuità assistenziale, condividendo spazi, attrezzati a cura delle Asl, ma anche tutte le informazioni sul paziente e i percorsi terapeutici validati in ambito Ssn. Alcune Asl, ma anche alcuni protocolli innovativi tra Mmg e associazioni dei pazienti, cercano di andare in questa direzione. Ma qual è la realtà concreta della continuità assistenziale nel nostro Paese?

Quanta strada c’è davvero da fare perché la continuità assistenziale (CA) superi i limiti strutturali attuali e si agganci alla medicina di famiglia in un percorso virtuoso, e non in una catena di scarica-barile, per una presa in carico completa e responsabile del paziente? Molta e a rilevarlo sono innanzitutto le constatazioni dei cittadini stessi. Secondo i dati raccolti dal Tribunale per i diritti del malato - Cittadinanzattiva, il 30.2% delle segnalazioni di difficoltà nella relazione con le cure primarie arrivate al Tribunale riguardano la “difficoltà di ottenere una visita a domicilio e di usufruirne rapidamente”; il 7.4% “l’impossibilità di raggiungere telefonicamente il servizio”; il 7.0% “l’indisponibilità di prestazioni comunemente offerte dai medici di famiglia”; e, infine, il 9.8% “l’impossibilità di ottenere assistenza in situazioni di emergenza per inadeguatezza delle apparecchiature in dotazione”. È evidente che il servizio di CA, come pure ha sottolineato Stefano Inglese, responsabile nazionale di Cittadinanzattiva “nella sua strutturazione attuale, non è in grado di far fronte ai bisogni dei cittadini, nonostante la professionalità degli operatori e la loro dedizione”.

La scommessa


Uno a cinquemila: è il rapporto ottimale tra medico della continuità assistenziale e popolazione residente fissato dalla nuova Convenzione. Un rapporto che è ancora molto lontano dall’essere soddisfatto considerando che, per esempio in Lombardia, il rapporto reale si attesta ancora a un medico di CA ogni 20mila cittadini, stando ai dati diffusi da Snami qualche settimana fa.
Il compito che la Convenzione si attribuisce, nel livello nazionale della negoziazione (art. 3) è quello della “ridefinizione del ruolo, delle funzioni e dei compiti dei medici di medicina generale in relazione alla garanzia del livello essenziale di assistenza delle cure primarie, caratterizzando le attività e le prestazioni preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative dovute agli assistiti sia sani, sia con patologie acute e croniche, nei diversi ambiti assistenziali, nonché la promozione dei processi di presa in carico dell’utente a livello territoriale con la continuità dell’assistenza”. La continuità assistenziale è dunque da considerare come un Lea della medicina generale e il Ssn è tenuto (art. 5) a “realizzare nel territorio la continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, nel concetto più ampio della presa in carico dell’utente. Dovranno essere definiti i compiti, le funzioni e le relazioni tra le figure convenzionate impegnate, partendo dalla valorizzazione dei servizi di continuità assistenziale e di emergenza territoriale” (...).
Lo strumento principale (art. 6 b)
per la realizzazione della rete di sostegno di questa modalità d’assistenza è la “costituzione di una organizzazione distrettuale e territoriale integrata per l’assistenza primaria con lo sviluppo della medicina associata prevedendo la sperimentazione, definita in sede regionale d’intesa con le rappresentanze sindacali, di strutture operative complesse, organizzate dagli stessi professionisti e fondate sul lavoro di gruppo con sede unica composte da medici di assistenza primaria, medici di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, con la presenza di specialisti ambulatoriali interni ed altre professionalità sanitarie, in un quadro di unità programmatica e gestionale del territorio di ogni azienda sanitaria,in coerenza con l’intesa tra Stato e Regioni del 29.07.04”.
È comunque al medico di famiglia che viene affidata la regia dei percorsi terapeutici (art. 56). Il medico di famiglia, infatti, stando alla Convenzione, “valuta, secondo scienza e coscienza, l’opportunità di lasciare brevi note esplicative presso quegli assistiti le cui particolari condizioni fisio-patologiche suggeriscano eventuali accorgimenti nell’esplicazione di interventi di urgenza da parte di medici addetti al servizio di continuità assistenziale”.
Le Aziende, dunque, dovrebbero essere in grado di mettere a disposizione dei Mmg e degli altri professionisti collegati in rete adeguate infrastrutture, oltre che risorse, per riempire di contenuto una programmazione sulla carta che prevederebbe un rapporto ottimale di 1 Utap ogni 10mila pazienti.
Il nuovo PSN 2006-2008 prevede, per di più, che il Mmg e il Pls non si trovino “mai più soli”, indicando la via maestra per la riorganizzazione delle cure primarie nel “graduale superamento dell’assistenza basata sullo studio individuale del medico, in favore di forme aggregate e integrate di organizzazione che consentano, in sedi uniche, la risposta ai bisogni di salute dei cittadini sulle 24 ore e 7 giorni su 7”.
Solo così, secondo il PSN, sarà possibile ottenere una più appropriata erogazione dei Lea, un’efficace continuità assistenziale nonché la riduzione delle famigerate liste d’attesa.

La dura realtà


Ruoli sempre più fluidi, dove ci si trova a fare un po’ di tutto: dal veterinario al farmacista, dal carabiniere all’inserviente. È la realtà quotidiana dei circa 14mila medici di continuità assistenziale in oltre 3mila sedi in tutta Italia: professionisti cui sullo stipendio (in media 2.100 euro mensili) gravano spesso anche le spese del trasporto che possono arrivare anche a 100 euro per ogni viaggio, come capita a chi lavora nell’isola siciliana di Linosa e vive sulla terraferma. È il quadro poco edificante presentato quest’anno nel corso del Congresso nazionale Fimmg, ma che conferma i dati allarmanti presentati lo scorso anno. “Manca tutto - ha spiegato Domenico Crisarà, segretario generale della continuità assistenziale Fimmg - dal filo di sutura all’apparecchio per misurare la pressione. Sono proprio i presidi delle isole, sempre un solo medico per turno, a dover prestare i primi soccorsi ai clandestini scampati ai naufragi delle carrette del mare. E sono sempre i medici di CA a doversi occupare della salute dei muli, a volte unici mezzi di trasporto in territori impervi. Ma se la legge prevede la presenza di un medico in queste zone isolate, in alcuni periodi dell’anno addirittura irraggiungibili non sono invece sempre previsti presidi di pubblica sicurezza. E così il medico di CA è precettato come pubblico ufficiale e perfino come investigatore, nel caso di furti di farmaci o occupazione abusiva della pista d’atterraggio dell’eliporto”.
Nell’86% dei casi, secondo i dati Fimmg 2004, i locali della continuità sono condivisi con altri servizi, si utilizzano tutti gli spazi liberi di notte, dalla sala prenotazioni della Asl al corridoio dell’ambulatorio. Impianti non a norma e assenza di sala di attesa riguardano il 45% delle sedi, mentre i bagni sono in comune tra assistiti e operatori nel 30% dei casi o addirittura lontani dalla sede di guardia (13%). Quello di guardia medica, inoltre, è un lavoro ad “altissimo rischio”. Da un’indagine dello scorso anno risulta che nove medici di CA su dieci durante tutta la loro attività hanno subito più di un atto di violenza, e che una volta su cinque si è trattato di vere percosse.


Medici e pazienti, insieme in nome della qualità


“Troppo spesso i cittadini si rivolgono al servizio di guardia medica perché il pronto soccorso è distante o, comunque, difficile da raggiungere. È necessario chiarire una volta per tutte compiti, ruoli e funzioni dei
diversi presidi sul territorio”. Con questo obiettivo, illustrato dal responsabile nazionale Stefano Inglese, Cittadinanzattiva insieme a Fimmg hanno sottoscritto un protocollo d’intesa e un Tavolo permanente di confronto per “individuare le questioni di maggiore problematicità per l’accesso ai servizi e la qualità”.
In particolare, l’impegno avrà come obiettivi specifici:
1. la realizzazione di campagne di informazione e tutela congiunte, rivolte ai cittadini, riguardanti ruolo e funzioni propri del servizio di continuità assistenziale nelle diverse articolazioni sul territorio;
2. la mappatura congiunta dello stato dell’arte del servizio e il monitoraggio permanente delle principali criticità e problematicità;
3. la stesura di un piano congiunto di proposte di interventi strutturali riguardanti la distribuzione territoriale del servizio, la sicurezza degli operatori, la dotazione infrastrutturale necessaria, la dotazione di apparecchiature, presidi, farmaci, ecc. necessari ed indispensabili a garantire qualità, sicurezza, efficacia ed efficienza del servizio di continuità assistenziale, in linea con gli standard dei paesi occidentali più avanzati, da proporre, in tutto il Paese, ai diversi livelli di governo;
4. la individuazione e la elaborazione comune di standard e indicatori per la misurazione e valutazione della qualità, sicurezza, efficacia ed efficienza del servizio di continuità assistenziale;
5. l’esame e la valutazione comune, attraverso commissioni paritetiche, della casistica e dell’eventuale contenzioso riguardante l’area della continuità assistenziale pervenuta alla attenzione della rete territoriale del Tribunale per i diritti del malato o del sistema PiT di informazione, assistenza e consulenza ai cittadini;
6. la costruzione di una rete territoriale a sostegno di servizi di CA più accessibili, efficaci ed efficienti nell’interesse dei cittadini.
A tal proposito Cittadinanzattiva metterà a disposizione le proprie realtà territoriali, con particolare riferimento alle sedi del Tribunale per i diritti del malato e alla rete di servizi di informazione, assistenza e consulenza ai cittadini (PiT) e la Fimmg-Continuità Assistenziale opererà per la creazione di una rete di consulenti volontari per quelle stesse realtà su tutto il territorio nazionale.


Asl: alcune sperimentazioni sul territorio


Quattro nuovi ambulatori, rispettivamente nelle sedi di Imola, Castel San Pietro Terme, Medicina e Tossignano, nei quali nelle giornate festive e prefestive opereranno medici di CA con il compito di assistere pazienti affetti da “patologie semplici, che non necessitino di visita domiciliare (per i quali rimane attivo il servizio di CA) e che siano in grado di recarsi autonomamente presso l’ambulatorio”. È il contenuto di una delle sperimentazioni di continuità che concretamente ha promosso l’Asl di Imola (M.D. 2005; 30: 13) in collaborazione con la Fimmg provinciale. Con la messa a disposizione delle strutture territoriali l’Asl ha garantito l’integrazione al lavoro dei Mmg di un nuovo servizio di continuità che, alla consueta attività di guardia notturna, garantisce ai cittadini anche l’assistenza medica territoriale h 24. Il coordinamento del servizio di CA è assicurato da due medici appartenenti al Servizio, titolari di incarico a tempo indeterminato, che dovranno individuare e definire nuove modalità organizzative che consentano di migliorare il complesso delle attività sanitarie erogate dalla CA. I coordinatori sono tenuti a collaborare con la direzione del Dipartimento di Cure Primarie per la realizzazione:
• del piano annuale per la formazione dei medici di CA;
• di linee guida operative sulle modalità di svolgimento dell’attività;
• di piani di istruzione e di addestramento dei medici neo inseriti;
• del controllo e approvvigionamento dell’armadio farmaceutico nelle varie sedi;
• del controllo della congruità e della funzionalità delle dotazioni strumentali e ambientali nelle varie sedi.
Ma se a Imola si sperimenta l’innovazione, a Bologna, nel giugno scorso, a fronte di un rapporto ottimale medico di CA/paziente che dovrebbe essere di 1 a 5.000, si è ridotta un’unità medica di guardia la notte per ognuno dei due punti di guardia. Il rapporto reale risulta essere, a questo punto, di circa 1 medico di guardia ogni 80.000 cittadini. A Milano città il rapporto medico di guardia/cittadino sale addirittura a 1 ogni 130mila, in Lombardia di 1 ogni 40mila e per questo Snami ha lanciato una petizione per chiedere “alle autorità sanitarie lombarde e milanesi di mettere a concorso i numerosi posti di titolarità di guardia medica che il nuovo ACN impone di attivare”. Le firme saranno presentate all’assessorato della Sanità della Regione Lombardia e ai direttori generali delle Asl di Milano provincia.