M.D. numero 33, 9 novembre 2005


Editoriale
Devolution dei contratti: i possibili scenari

La Sisac fa scuola. E Le Regioni fanno un deciso passo avanti verso una revisione federalista della contrattazione pubblica, per snellire i tempi lunghi e le procedure. Oltre all’obiettivo pratico, cioè la costituzione di una “Aran delle Regioni” che sia diretta emanazione dei presidenti e possa stipulare contratti ratificati in Stato-Regioni, ve ne è anche uno politico: esercitare pienamente la propria potestà “costituzionalmente prevista”
dopo la riforma della Costituzione e, a maggior ragione, dopo la devolution. Il Comitato di settore ha fatto di recente pervenire al Tavolo dei Governatori un documento di riflessione per presentare tale ipotesi, con la previsione di potere estendere il meccanismo a tutte le trattative ad alto livello d’autonomia regionale. Romano Colozzi, presidente del Comitato di settore e assessore al Bilancio della Lombardia ha spiegato, in una lettera d’accompagnamento al progetto, che la Sisac ha costituito un buon terreno di sperimentazione come “delegazione di parte pubblica”, di diretta emanazione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, nelle trattative con i sindacati per il rinnovo dell’ACN per la medicina generale. Fatto salvo, dunque, il diritto di rappresentanza sindacale, la trattativa della medicina generale potrebbe funzionare da grimaldello per la semplificazione della struttura di tutti i contratti in una “cornice” nazionale, che contenga le regole per principi di legge e di remunerazione da garantire, e poi la partita si sposterebbe, in tutti i settori, a livello regionale, dove si discuterebbe di funzioni, organizzazione, “personalizzazione”, per così dire, di prestazioni e servizi.
Il terreno primo di sperimentazione di questo modello contrattuale “a forte decentramento” sarebbe comunque la Sanità, introducendo per tutti la possibilità di differenziare la quantità e la destinazione dei trattamenti economici aggiuntivi sulla base di parametri costruiti in funzione dei diversi contesti lavorativi e socio-economici regionali.
Il Ssn, dunque, non si occuperebbe più soltanto di curare i cittadini, ma anche di “mettere a dieta” i meccanismi di contrattazione del lavoro. Una dieta che verrebbe imposta a un paziente, il cittadino-lavoratore italiano, che sempre meno, anche in sanità, riesce ad assicurarsi un contratto; che quando vi riesce attende anni e anni per rinnovi e adeguamenti al costo della vita che negli altri Paesi dell’Unione sono di regola.
Se si aggiunge a questo il fatto che sarebbe lo Stato italiano a conservare stretti in mano i cordoni della borsa dei finanziamenti generali, le Regioni potrebbero stringerli a loro volta quando fossero sottoposte a drastici digiuni, come potrebbe accadere anche quest’anno con la Finanziaria 2006. Il lavoro si trasformerebbe di fatto da un diritto a un lusso per molte delle amministrazioni pubbliche. La trattativa contrattuale in 21 giochi al massacro, ciascuno secondo le proprie tasche. L’Italia tutta potrebbe, a questo punto, rimanere in salute?