M.D. numero 32, 2 novembre 2005

Vox Legis
Guardia medica e omissione d'atti d’ufficio
di Alfonso Marra, Magistrato, Milano

Per la Cassazione il medico di continuità assistenziale (CA) che ingiustificatamente interviene con ritardo commette il reato di omissione di atti di ufficio, punito dall’art. 328 comma 1° del CP (Cassazione, sezione 6 Penale sentenza n. 33018 del 3 settembre 2005). La vicenda di cui si è occupata la Suprema Corte assume oggi una grande rilevanza in rapporto a quanto sancito dal nuovo ACN per la medicina generale in merito all’équipe territoriale che dovrà garantire l’assistenza al paziente 24 ore su 24. L’équipe quindi verrà a sostituirsi alla guardia medica e i sanitari che la costituiranno avranno gli stessi obblighi dei colleghi prima operanti nella continuità assistenziale.

I fatti


L’episodio della sentenza della Cassazione riguardava un medico di CA che era stato avvisato alle 3.44 dal 118 di intervenire con urgenza presso il domicilio di un paziente ottantenne in preda a forti dolori addominali. Alle 4.30, visto che il medico di CA non arrivava, il paziente era stato trasportato da un vicino di casa in ospedale. Nel frattempo, sempre alla stessa ora, il medico di CA avvisava il 118 che si stava recando sul luogo della richiesta, ma era informato da un infermiere del 118 che il paziente era stato già soccorso e portato in ospedale. Da ciò la decisione di depennare la visita.
Il giudizio di primo e secondo grado aveva riconosciuto la sua penale responsabilità per il delitto di omissione in atti di ufficio, ritenendo del tutto ingiustificato il ritardo, decisione poi condivisa dalla Cassazione.

La sentenza


Precisa la Cassazione che i sanitari di CA, che hanno il compito di garantire sul territorio un servizio di continuità assistenziale, rivestono la qualifica di pubblico ufficiale perché dotati, nell’espletamento dell’attività assistenziale, di poteri certificativi e autorizzativi.
Nell’ipotesi di chiamata inevasa (indebita e ingiustificata), la Suprema Corte reputava che ciò possa costituire un’omissione di atti d’ufficio perché, in quanto pubblico ufficiale, il medico di CA è tenuto a effettuare al più presto gli interventi che siano richiesti direttamente dall’utente o dai suoi familiari.
La Cassazione osservava anche che se era vero che al medico non si poteva negare il compito di valutare la necessità di visitare il paziente sulla base del quadro clinico prospettatogli, era anche vero che una tale discrezionalità avrebbe potuto ben essere sindacata dal Giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposti al suo esame.
Per la Cassazione non erano condivisibili le giustificazioni del medico, secondo cui l’intervento richiesto non rivestiva il carattere dell’indifferibilità e dell’urgenza; non rientrava nel “codice rosso” di competenza, peraltro, del 118 e non del medico di CA; inoltre il ritardo di 50 minuti da parte del medico di CA era nei limiti previsti dall’ACN.

Le osservazioni della Suprema Corte


Questa tesi non è corretta secondo i Supremi Giudici in quanto il medico di CA, quale pubblico ufficiale, ha il dovere di non rifiutare “indebitamente” un atto del proprio ufficio. E nel caso in esame sottolineavano che il medico non aveva addotto le motivazioni in base alle quali egli non si era potuto recare con immediatezza presso l’abitazione del paziente.
In una precedente decisione (Cassazione sezione IV Penale sentenza n. 9294 del 2 marzo 2004) la Suprema Corte aveva indicato i criteri in base ai quali il rifiuto o il ritardo deve ritenersi “indebito”: “Non commette reato il medico della guardia medica che, trovandosi da solo nel presidio - essendo l’altro medico impegnato in un diverso intervento - a cui è richiesta una visita domiciliare urgente al fine di praticare l’iniezione di un medicinale antipiretico e antibiotico ad una paziente affetta da iperpiressia, si rifiuti di intervenire opponendo il dovere di non lasciare sguarnita la guardia medica, per seguire una prestazione di tipo infermieristico in un intervento che pur di immediata necessità non era particolarmente urgente”.
La Cassazione ha praticamente escluso che nel comportamento del medico sia ravvisabile l’elemento materiale del reato contestato (compimento di un atto relativo al ruolo pubblico rivestito ) e in particolare che non vi fu un rifiuto illegittimo, ma anzi del tutto legittimo in quanto esulava da una situazione di urgenza ed emergenza.
Quest’ultima sentenza appare pienamente condividibile anche alla luce di quelle che sono le nuove disposizioni normative inerenti al servizio di CA che non erano ancora in vigore all’epoca dei fatti. E ciò in quanto nell’ambito del sistema di organizzazione dell’emergenza sanitaria, regolato con il DPR del 27 marzo 2002, rientrano anche i presidi di guardia medica, definiti Continuità Assistenziale, regolamentati dagli artt. 48 e 59 del DPR n. 270/2000.
A sua volta l’art. 52 del detto DPR dispone: “Il medico di guardia medica che assicura la continuità assistenziale deve essere presente all’inizio del turno nella sede assegnatagli e rimane a disposizione fino alla fine del turno per effettuare gli interventi domiciliari e territoriali richiesti”.
Resta fermo anche nella nuova normativa che l’intervento domiciliare dei detti sanitari è possibile solo nei casi di urgenza e di emergenza.