M.D. numero 32, 2 novembre 2005


Editoriale
Appropriatezza, cosa non si fa nel tuo nome

In una fase in cui la sanità italiana è chiamata a stringere la cinghia sempre di più, il ministro della Salute Francesco Storace non vuole privare il proprio dicastero degli strumenti più rigorosi possibili per potere offrire ai cittadini il migliore servizio con le risorse a disposizione. È per questo che ha chiesto di inserire in Finanziaria l’istituzione della Commissione Nazionale sull’Appropriatezza. E di appropriatezza, se non di un vero e proprio miracolo, sembra esserci bisogno, considerando che mentre le Regioni reclamano 4,5 miliardi di euro per coprire
il rinnovo dei contratti del 2004, il Governo chiede loro di mettere sul tavolo altri 2 miliardi per contratti e convenzioni del biennio 2004-2005 e ancora 1,7 miliardi per il 2006-2007.
D’altronde il debutto nazionale della tessera sanitaria è stato rimandato di altri sei mesi (giugno 2006) perché la rete informatica, cui è stato affidato il compito di tenere sotto controllo on-line consumi e spesa sanitaria, non è ancora a punto. La criticità è tale che sembra non resti altra scelta se non quella di affidarsi ad un nuovo organismo composto da medici di medicina generale, specialisti, esperti individuati dal ministero e dalle Regioni,
per vigilare, indirizzare, governare attraverso linee guida e affini il mare magnum dell’inappropriatezza sanitaria italiana.
Ma non ci si ferma qui. Alla manovra Finanziaria verrebbe assegnato anche il compito di trovare risorse adeguate per il Siveas, ossia un Sistema nazionale di verifica e di controllo sull’assistenza sanitaria nuovo di zecca, condiviso tra i dicasteri dell’Economia e della Sanità, che dovrebbe verificare tutte le attività svolte dal Ssn, avvalendosi anche di un nucleo ispettivo, quel Sar (Supporto per l’analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa) che dovrà svolgere tutte le azioni di monitoraggio, di garanzia, di controllo oggi frammentate tra diverse competenze.
E se nemmeno ispettori e commissioni dovessero raddrizzare il rapporto spesa-efficacia nella sanità italiana, il ministero potrà persino avvalersi di società scientifiche e istituti di ricerca italiani ed esteri, per un massimo di 20 esperti e di un budget complessivo di 10 milioni di euro l’anno. Battezzato “il Grande Fratello della sanità”, il Siveas potrebbe allontanare dai medici lo spettro della polizia giudiziaria, per turbare i loro sonni con una polizia sanitaria, che non controlli solo fustelle e ricette, ma anche percorsi di cura e attese.
In palio, però, non c’è un premio in denaro come nei giochi televisivi, ma soltanto la “nomination”, cioè il rischio di uscire dal Ssn nel caso in cui non si corrisponda in pieno a scartoffie e circolari. Con buona pace di scienza e coscienza.