M.D. numero 32, 2 novembre 2005

Contrappunto
Numeri e parole in Medicina di Famiglia
di Massimo Bisconcin - Medico di Famiglia, Quarto dıAltino (VE) - Dipartimento di Ricerca AIMEF

Per potere rafforzare la relazione collaborativa con i pazienti e potenziare gli esiti terapeutici, nell’ambito della Medicina di Famiglia è indispensabile riuscire a costruire un rapporto sinergico tra conoscenza e padronanza di numeri e dati e abilità comunicative e di counselling

Tradizionalmente la conoscenza umana è distinta in scienza e umanesimo. Vi è, cioè, una sorta di apparente insanabile dicotomia tra le cosiddette scienze esatte e quelle descrittive. In altre parole, il sapere basato su dati quantitativi sembra contrapposto a quello basato su quelli qualitativi. Anzi, non è affatto difficile incontrare professionisti che arrivano a mettere in dubbio che i dati qualitativi abbiano la dignità di vero e proprio “dato”.
Appare evidente che la sorgente di conoscenza, o almeno quella che finora ha vissuto un forte impulso applicativo, sia rappresentata fondamentalmente dai numeri, cioè da quello che può essere misurato e comparato.
Molte discipline, inizialmente sorte come gemmazione da altre eminentemente umanistiche, si sono andate via via fregiando di utilizzare strumenti matematici per arricchire il loro patrimonio di conoscenze e avere maggiore dignità nell’indicare la “via” all’umanità. Equazioni e statistiche, grafici e algoritmi sono diventati anche per discipline come la psicologia e la sociologia, elemento di distinzione e di valore aggiunto.
In altri termini i numeri sembrano avere maggiore dignità rispetto alle descrizioni.
La Medicina non si è sottratta a questo trend, anzi proprio le specialità che più hanno cavalcato la matematica e la statistica sono state quelle che hanno avuto maggiore potere e visibilità: la cardiologia e la pneumologia sono due esempi di come gli strumenti quantitativi siano diventati importanti per la Medicina.

Il miraggio delle scienze esatte


La Medicina di Famiglia, invece, sembra non avere ancora deciso. Sicuramente essa è attratta dal miraggio delle “scienze esatte”, ma molte autorevoli tendenze stanno spingendo verso una ri-appropriazione delle sue potenzialità umanistiche. Interessante in questo senso è il titolo scelto per il Congresso europeo WONCA del 2006 che si terrà a Firenze “Towards a Medical Renaissance: bridging the gap between biology and humanities": verso un rinascimento medico che unisca la biologia all’umanesimo1.
Anche ammettendo che questo dibattito in Medicina di Famiglia sia realmente in corso, è soprattutto sul piano clinico, quello della quotidianità, che questo “dilemma” dà segno di sé: è difficile parlare con le persone e realmente utilizzare le cifre e la statistica come strumenti aggiuntivi di comunicazione e di miglioramento della relazione medico-paziente.
Alla Medicina di Famiglia arrivano diversi tipi di informazioni: articoli dalla letteratura, grandi studi di meta-analisi, linee guida pubblicate su Gazzette Ufficiali (o altre incontinenze legiferative spacciate per tali) che evidenziano serie di dati, il più delle volte delineando diversi profili di rischio.
Al di là del fatto che alcune volte questi approcci quantitativi devono portare a decisioni di rilevanza economica (vedere per esempio la nota 13), la domanda aperta è sull’opportunità e sulle modalità: “Se o come utilizzare con il paziente questi algoritmi matematici? Sono delle risorse oppure un orpello intercalato tra i già tanti esistenti nel rapporto tra un paziente e il suo medico?”
Non è certamente facile trovare una risposta esaustiva e semplice, tuttavia alcuni indirizzi possono essere delineati.
Innanzitutto evitando di terrorizzare il paziente. Ciò significa che questi non necessariamente deve conoscere l’esistenza di un algoritmo matematico, o meglio non sempre è necessario che il medico mostri tabelle al paziente2.
Tutti noi siamo sempre di più compressi in limiti numerici: limiti di velocità, orari di apertura o di funzionamento, calcolo dell’IRPEF, PIN del bancomat, sedici cifre della carta di credito, scadenze delle bollette, per restare nel mondo “laico”, che inducono comportamenti sempre più posti sul piano dell’on-off, comportamenti binari acceso-spento, che concorrono grandemente
allo sviluppo delle patologie da stress. D’altro canto, la validità dell’esistenza di un limite non è universalmente riconosciuta e, verosimilmente, essa è anche dipendente dall’educazione e dall’età. È altamente probabile, infatti, che il concetto stesso di rischio, come condizione esistenziale di un parametro biologico quantitativo appartenente a un determinato intervallo numerico, non sia vissuta affatto come pericolosa o indesiderata da un giovane ventenne: “rischiare” è una condizione desiderabile per certe generazioni e, anzi, viene vissuta come sfida, azione coraggiosa, segno di distinzione e di forza.
Poi, identificare un rischio con un numero concorre all’identificazione di esso come la causa di determinata malattia, ovvero il rischio viene confuso con l’eziologia: probabilità come determinismo3. Questo genera sia comportamenti sbagliati (come l’eccessiva richiesta di indagini), oppure francamente patologici (come il senso di colpa o, peggio, rassegnazione in senso depressivo). D’altronde, ricca com’è di cifre la nostra vita (dopo l’elettronica di consumo, l’umanità sta usando la statistica di consumo), è difficile pensare che un limite numerico sia percepito nel modo corretto: il medico stesso è abbastanza impreparato a comunicare con il paziente utilizzando cifre4, anche se uno studio pubblicato nel 2000 sembra indicare un modesto beneficio della comunicazione di numeri piuttosto che di parole5. Il problema quindi, verosimilmente, non è quello di dovere scegliere tra numeri o aggettivi, ma quello di imparare le regole della comunicazione efficace con i singoli pazienti al fine di un loro ottimale coinvolgimento terapeutico. Tuttavia è importante anche usare strumenti visuali appositamente studiati per incrementare l’efficacia comunicativa che siano di aiuto nella comunicazione corretta del concetto di rischio. È improprio, dovendo citare delle cifre, utilizzare percentuali relative (per esempio il rischio relativo), mentre si considera maggiormente efficace la citazione di numeri assoluti (rischio assoluto)6.
Attualmente si considera che la più potente premessa per un’efficace comunicazione del rischio sia il possesso (e la dimostrazione) di una grande competenza clinica e scientifica, e il contemporaneo utilizzo di tecniche di approccio e comunicazione efficaci6. La matrice evidenziata nella figura 1 schematizza questa relazione del grado di fiducia tra paziente e medico7.

Questioni di competenza


Il grado di competenza, quindi, è conditio sine qua non per ottenere un elevato grado di fiducia, ma nel caso della Medicina di Famiglia in discussione è cosa significhi realmente “competenza”: la conoscenza e la padronanza dei numeri oppure, data per scontata questa conoscenza, l’utilizzo corrente di tecniche di comunicazione e di counselling tali per cui si ottenga il massimo della collaborazione e della potenza terapeutica?
Il medico di famiglia, quindi, dovrà riuscire a resistere al fascino delle sirene quantitative che indubbiamente rappresentano uno strumento di notevole potenza mediatica, e contemporaneamente dovrà dotarsi di strumenti comunicativi e relazionali altamente qualificati e specifici, andando a costituire il vero ponte tra la biologia e l’umanesimo.


Bibliografia


1. http://www.woncaeurope2006.org/home/index.htm
2. Gigerenzer G, Edwards A. Simple tool for understanding risks: from innumeracy to insight. BMJ 2003; 327 (7417): 741-4.
3. Bisconcin M. Lipid Disorders. In: The European Textbook of Family Medicine. Cap. 2, sez.3, pag 167-171, Milano, (in press)
4. Elmore JG, Gigerenzer G. Benign breast disease. The risk of communication risk. NEJM 2005; 353: 297-9
5. Marteau TM, Saidi G, Goodburn S, Lawton J, Michie S, Bobrow M. Numbers or words? Randomized controlled trial of presenting screen negative results to pregnant women. Prenat Diagn 2000; 20:714-8
6. Paling J. Strategies to help patients understand risks. BMJ 2003; 327:745-8
7. Spence J. Excellence by design: leadership. Gainesville, FL: Adbiz Publishers, 2003.