M.D. numero 31, 26 ottobre 2005

Tribuna
Contro l'inappropriatezza non si può combattere da soli
di Paolo Giarrusso, Medico di medicina generale, Palermo

Mai come di questi tempi congressi, meeting, tavole rotonde e, soprattutto, quotidiane trasmissioni radiotelevisive cercano di insegnare agli italiani come curarsi, indicando le più sofisticate tecnologie da utilizzare per una diagnostica sempre più all’avanguardia, cosa fare per mantenere un buono stato di salute senza omettere, per carità, l’invito a rivolgersi al proprio medico di fiducia, alias Mmg. Nel contempo sono proposti corsi ECM i cui contenuti troppo spesso non tengono conto delle specifiche esigenze di chi esercita la professione di Mmg. E intanto la medicina generale continua ad essere additata come la maggiore responsabile della spesa sanitaria. Si cerca così di semplificare un problema, quello dell’induzione della domanda di salute, che necessita di un approccio complesso

Troppo spesso i conti relativi all’assistenza della medicina generale sono letti esclusivamente con l’ottica quantitativa. Si omette di sottolineare che grazie al lavoro dei Mmg, la maggior parte degli italiani (e sicuramente fra questi la stragrande maggioranza degli italiani meno abbienti) riceve cure ed assistenza in ambulatorio e a domicilio senza ricorrere a ricoveri inevitabilmente molto più costosi per il Ssn. Appaiono evidenti a tutti gli interessi e i bisogni indotti in gioco: spesso con la scusa di una maggiore informazione si fa credere ai cittadini che ad una determinata patologia necessariamente deve coincidere un determinato (costoso) accertamento o una determinata terapia. Accertamenti e terapie che, inevitabilmente, saranno richiesti al proprio Mmg, come un diritto che deve essere necessariamente esaudito.

La difficoltà di opporsi


In un simile contesto il medico di famiglia, terminale della filiera prescrittiva, diventa il collettore delle più fantasiose richieste che il cittadino si sente autorizzato a chiedere grazie al bisogno sanitario indotto. Bisogna convenire che in un tale scenario è difficile potere dire no. Nella realtà in cui esercito, il medico di medicina generale non viene affatto tutelato dalle Asl contro le inappropriatezze prescrittive che gli giungono da tutte le parti: egli viene quasi artatamente lasciato da solo allo sbaraglio e con tanto di mestiere deve sapersi barcamenare fra le ingenue richieste dei pazienti e quelle meno ingenue degli specialisti pubblici o privati.
Vista la criticità della situazione, sarebbe indispensabile da parte dei decisori del Servizio sanitario nazionale avere il coraggio di imporre che in qualunque meeting, congresso, trasmissione radiotelevisiva sulla salute, o anche nei corsi di Educazione medica continua dovrebbe essere indicato chiaramente chi (medico di famiglia, specialista territoriale od ospedaliero) deve eseguire questa o quella prestazione, per questa o quella patologia, come questa prestazione clinica o strumentale dovrebbe essere attuata (cioè esplicitare chiaramente le norme di buona pratica clinica) e soprattutto dire quando tali prestazioni dovrebbero essere effettuate.
Bisognerebbe, in altre parole, rendere trasparente il percorso clinico e strumentale a cui il cittadino ha diritto, ma nel contempo andrebbero posti tutti quei paletti atti a eludere quelle inutili sovrapposizioni di interventi o ripetizioni di esami strumentali che nulla apportano al miglioramento dello stato di salute del cittadino, ma che contribuiscono a drenare risorse che potrebbero essere più proficuamente investite.

Scelte di coraggio


In ultima analisi, i decisori politici e non politici che governano la sanità italiana (e siciliana in particolare) dovrebbero avere il coraggio di essere forti con i forti e deboli con i deboli, dovrebbero cioè regolare meglio l’offerta poiché in un sistema in cui l’offerta è indiscriminata si assiste inesorabilmente a una espansione esponenziale della domanda. Bisognerebbe cioè avere il coraggio di prendere chiare decisioni evitando di lasciare solo il medico di famiglia a dire di no alle prestazioni non appropriate, esplicitando chiaramente quei percorsi clinico assistenziali che tutti, medici di famiglia, medici ospedalieri e/o universitari dovrebbero prima condividere e poi applicare, evitando sovrapposizione o ripetizione di interventi. Ma per fare questo occorrerebbe avere appunto forza e coraggio per poter incidere efficacemente su quelle lobby di potere che condizionano la sanità mentre appare più semplice e percorribile la strada di chiedere conto e ragione al medico di famiglia, magari solo per una prescrizione di 2-3 euro di nimesulide.