M.D. numero 31, 26 ottobre 2005

Focus on
Alla ricerca della politica perduta
di Monica Di Sisto e Anna Sgritto

Il segretario nazionale della Fimmg al 57° Congresso nazionale del sindacato denuncia la mancanza di un progettono politico di gestione della sanità come sistema complesso. Un vuoto che ha portato il Ssn verso una crisi strutturale e che può rendere vano qualsiasi sforzo degli operatori del settore senza uno scatto d’orgoglio da parte del mondo politico

Che fine ha fatto quella spinta propulsiva che la politica italiana ha saputo esprimere con lo sviluppo del sistema mutualistico nel dopoguerra e poi con la grande conquista del Ssn? È questa la domanda del segretario nazionale della Fimmg Mario Falconi (ben evidenziata nell’opuscolo distribuito al congresso: La sanità come non vorremmo che fosse, come sogniamo che diventi, che rappresenta la sintesi originale della sua relazione) che ha caratterizzato i lavori e il dibattito del 57° Congresso nazionale del sindacato, svoltosi a Castellaneta Marina (TA).
Una domanda posta in un momento topico, vista l’imminente scadenza elettorale, ma sicuramente non fuori luogo, tenuto conto delle criticità vissute dal nostro Ssn. Chiusa la vertenza contrattuale del rinnovo convenzionale, redatte le linee guida per quelli regionali, data voce organizzata ai medici di continuità assistenziale, comparto strategico per la nuova organizzazione della medicina sul territorio, rafforzata la sinergia con le associazioni dei cittadini, attraverso intese con Cittadinanzattiva e il Tribunale dei diritti del Malato, il sindacato ha dato voce al timore di vedere vanificati gli sforzi progettuali e la sua stessa piattaforma in assenza di un progetto politico capace di ridisegnare l’intero assetto del sistema che mostra tutte le sue schizofrenie. D’altronde dall’ultima riforma, quella di bindiana memoria, peraltro ancora incompiuta, non è stata presentata nessuna “riforma quater” malgrado i pronunciamenti di autorevoli esponenti del governo di voler “debindizzare la sanità”.
La sanità è indubbiamente un comparto politicamente e socialmente troppo sensibile, una patata bollente, che non a caso ha visto in questi ultimi anni succedersi al suo dicastero ministri tecnici (Veronesi per il centro sinistra e Sirchia per il centro destra) e il ritorno alla sua guida di un politico come Francesco Storace forse testimonia la volontà o la necessità di cambiarne il corso gestionale.
A ciò bisogna aggiungere che nel frattempo il ministero della Salute ha visto sempre di più erodere il suo indirizzo programmatico dalle decisioni del ministero dell’Economia. Il sottofinanziamento dei bisogni sanitari è tale che i tagli, la razionalizzazione del comparto farmaceutico e l’accordo Stato Regioni del 2001 non si sono rivelati risolutori per il contenimento complessivo della spesa. La nuova Finanziaria, sebbene mostri un aumento del Fondo sanitario nazionale, desta preoccupazione per i “tagli” alle Regioni, che si troverebbero in seria difficoltà a gestire parte di quel welfare “devoluto”, tra le cui voci spicca l’assistenza sanitaria.

La sanità come fattore di sviluppo


Il cuore del problema, secondo quanto evidenziato da Mario Falconi, sta nel fatto che la sanità, pur essendo la voce di spesa pubblica più importante nei bilanci regionali, viene considerata quasi esclusivamente come fattore passivo di spesa e non come potenziale fattore di sviluppo del Paese. “Al contrario - ha evidenziato il segretario nazionale Fimmg - sia per l’alta tecnologia impiegata, sia per il livello di professionalità degli addetti, sia per la complessità delle competenze coinvolte, la sanità ha tutte le caratteristiche per diventare un grande comparto produttivo in grado di offrire un alto valore aggiunto al Paese in termini di investimenti e produzione di ricchezza e di competere anche sul piano internazionale”.
Il contenimento continuo della spesa sanitaria secondo Falconi sta agendo come una pressa che rischia di vanificare anche quanto fatto da molte amministrazioni in termini di gestione intelligente delle risorse. Quello che conta sempre di più è il rispetto dei tetti di spesa e non i risultati in termini di salute. Occorrerebbe invece avviare una corretta politica dei risultati basata sull’analisi complessiva della performance sanitaria di un medico o di una struttura, sarebbe opportuno coordinare gestione e organizzazione con l’appropriatezza e il governo clinico e assistenziale della sanità. “È inoltre fondamentale - ha tenuto a specificare il segretario della Fimmg - che il sistema di finanziamento resti basato sul federalismo fiscale e solidale, evitando scorciatoie come le cosiddette “tasse di scopo” che, seppure motivate da valide necessità (anziani, non autosufficienti, ecc.) potrebbero aprire la corsa a richieste sempre più particolari che non è detto siano di interesse generale”.
La relazione del leader della Fimmg si è conclusa così come è iniziata, con un appello alla politica di ritornare ad esercitare il ruolo di responsabilità che le spetta. Un invito che si è però subito trasformato in un vero e proprio avvertimento: “Se non avremo segnali in questo senso, entro Natale la Fimmg ha in programma di istituire un congresso straordinario per la costituzione del Partito della Salute”.
“Non c’è alcuna intenzione - ha chiarito Falconi - di fare un partito dei medici. Nessuna volontà di unire tutti i camici bianchi sotto un’unica bandiera. La nuova formazione politica non sarà monotematica, al centro c’è la difesa della salute, ma questa non può essere slegata da altri grandi temi come scuola, lavoro e ambiente. Sarebbe in ogni caso un partito che si occupa a 360 gradi dei problemi degli italiani”. Forte dei suoi 25mila iscritti, Falconi sferra la sua stoccata: “I politici non possono sottovalutare il fatto che una organizzazione come la nostra può portare molti voti”.
Una provocazione, una sfida, una diffida o una possibile realtà?

PSN alla mano, il ministro risponde


Il ministro della Salute, Francesco Storace, presente alla relazione del segretario nazionale Fimmg, alla stoccata di Falconi ha risposto con un colpo di fioretto, e ha dato immediato riscontro all’invito del segretario presentando le linee generali del nuovo PSN 2006-2008.
“Ero tentato di portare il saluto del mio partito - ha infatti ironizzato Storace all’inizio del suo intervento - ma potrò parlare ancora più liberamente visto che qui non posso chiedere voti”. Rotto il ghiaccio, il ministro ha esposto le linee di indirizzo del nuovo PSN dando immediata rilevanza al fatto che il Piano, in quanto documento programmatico, sarà il frutto di quella che potremmo definire una rinnovata concertazione con Regioni e parte della società civile attraverso le associazioni dei cittadini e di categoria. “Si tratta di un Piano partecipato dalla società - ha precisato il ministro - che punta, in particolare, su una concezione di politica sanitaria globale. Secondo l’iter legislativo il Psn deve prima essere approvato dal Consiglio dei ministri e successivamente inviato al Parlamento, per il parere, e alle Regioni per l’intesa. Questa volta, prima del passaggio al Consiglio dei ministri, ho inviato le linee generali del Psn alle Regioni. Contrariamente al passato si è scelto di coinvolgere tutte le categorie sociali, anche organizzazioni che tradizionalmente non sono coinvolte, come per esempio la Confcommercio”.

Le linee strategiche


Ritornano così a prendere corpo nei tratti di indirizzo del nuovo Piano Sanitario Nazionale parole come contesto, risorse, strategie, progetti, valutazione e monitoraggio.
Quattro le linee strategiche proposte:
1. La sanità italiana in Europa, l’Europa nella sanità italiana.
2. Promozione del rinnovamento del Ssn.
3. Promozione di innovazione, ricerca e sviluppo.
4. Ruolo del cittadino e della società civile nelle scelte e nella gestione del Ssn.
Per quanto concerne il punto 2 (promozione del rinnovamento del Ssn) nel documento ministeriale si sottolinea che “questa linea strategica potrà essere seguita individuando alcuni ambiti di rinnovamento che tengano conto del dibattito sviluppatosi nel confronto con le Regioni. Tali ambiti sono:
• il rilancio della prevenzione sanitaria;
• la promozione del governo clinico e la qualità del Ssn;
• la riorganizzazione delle cure primarie;
• l’integrazione tra prevenzione, cure primarie, percorsi di diagnosi e cura”.
Per quanto concerne la riorganizzazione delle cure primarie si specifica: “che va accelerato il processo di riassetto organizzativo e funzionale che comporti un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nel governo dei percorsi sanitari, sperimentando nuove modalità erogative favorenti l’integrazione con le altre figure sanitarie territoriali”.
E il territorio diventa punto nodale per rafforzare “la cooperazione tra gli interventi di tipo preventivo, quelli afferenti al Mmg e al distretto e quelli prevalentemente specialistici e ospedalieri”.
Tutto questo potrà avvenire solo “potenziando il ruolo dei medici delle cure primarie nelle urgenze, anche attraverso forme aggregative di erogazione dei servizi territoriali, sia al fine di prevenire le patologie a rischio, sia di ridurre l’accesso improprio ai Pronto Soccorso”. A tal fine si sottolinea “la necessità di attivare un collegamento a rete di tutte le strutture territoriali e ospedaliere per garantire una risposta appropriata ai bisogni dei cittadini nel rispetto delcontinuità delle cure”.


Il Piano Sanitario RegionaleŠ visto da Torino


C’era tutta la città, dalla stampa, ai semplici cittadini interessati, ai decisori politici del territorio, all’incontro “La sanità pubblica oggi: prospettive e programmi nella Regione Piemonte”, incontro organizzato ad Asti, nel teatro dedicato all’illustre concittadino Vittorio Alfieri, dal Lions Club cittadino con il patrocinio di Regione Piemonte, Provincia e Comune di Asti e degli Ordini professionali. All’evento ha partecipato anche M.D. che ha voluto cogliere l’occasione per seguire “dal vero” la presentazione delle linee del Piano Sanitario Regionale che l’assessore della sanità piemontese, Marco Valpreda, ha descritto per la prima volta per titoli generali. Un PSR interessante, come campione della sanità devoluta italiana, visto che il Piemonte, con i suoi 4 milioni 330mila abitanti, lo scorso anno ha registrato una spesa di oltre 6mld di euro, con un pro capite per cittadino di 1.533 euro, rispetto a un totale di allocazioni a livello nazionale di oltre 86mld di euro per un pro capite medio di 1.491 euro per ogni cittadino italiano. Un assessorato, quello di Valpreda, che si trova a gestire complessivamente qualcosa come l’80% dell’intero budget regionale.

Territorio: una sfida in cerca di investimenti


Come stanno i piemontesi
Per poter iniziare a costruire il PSR in Piemonte si è cominciato esaminando i determinanti della salute della Regione.
La mappatura della domanda di salute si è basata su un set di indicatori interdisciplinare, che ha compreso il reddito dei cittadini, ma anche il livello di istruzione, dei supporti sociali e dei servizi sanitari a loro disposizione. Si è scoperto così che nella Regione si nasce un po’ meno e si muore un po’ di più rispetto al resto dell’Italia, e che tra breve un quarto della popolazione avrà più di 65 anni. Le famiglie povere sono il 7%, flessione legata alla crisi dell’assetto industriale, la disoccupazione è al 4.8% ma, nonostante le difficoltà oggettive,lo stato di salute percepito raggiunge il 90% della popolazione.
Dal punto di vista epidemiologico la prima causa di morte negli uomini sono le malattie cardiocircolatorie, che hanno causato il 36% dei decessi, seguite dalle forme tumorali, che hanno provocato il 20% delle morti registrate.
Le affezioni del sistema respiratorio sono la terza causa di decesso per gli uomini, ma la prima per le donne, tra le quali crescono le fumatrici, in linea con la tendenza nazionale, soprattutto in giovane età.
Stilando una mappa del rischio di morte per comune di residenza, i tecnici della Regione hanno scoperto che esso è più elevato nelle aree montane. Al contrario, però, incrociando questi dati con quelli sui Drg e le dimissioni ospedaliere, ci si rende conto che le presenze in corsia si concentrano nelle città, evidenziando il paradosso per cui utilizzano di più l’ospedale i cittadini che sembrano averne meno bisogno.

“A che cosa serve puntare su nuovi ospedali, quando la prima sfida per una sanità moderna è il territorio?”. L’assessore Marco Valpreda non usa giri di parole: “Per risolvere i paradossi che abbiamo evidenziato e qualificare una spesa sanitaria, che nel 2050 in Piemonte impegnerà l’8,2% del Pil, c’è bisogno di puntare ancora di più sul lavoro dei 66 distretti, i 400 Mmg e i 300 Pls, su quella medicina del territorio che assorbe circa il 50% delle risorse regionali, perché dispieghi ancor più a pieno tutte le proprie potenzialità”. Medicina in associazione, reti e nuclei di Primary care, per decongestionare i pronto soccorso, accanto a centri d’ascolto, innovazione da introdurre in aziende e distretti, per aprire ai cittadini nuovi canali di comunicazione, prevenzione e proposta: sono queste le principali opzioni che il PSR regionale piemontese si riserva. Proprio come il nuovo Piano sanitario nazionale 2006-2008, che nel primo testo diffuso in via informale pone la necessità di una forte integrazione tra interventi di tipo preventivo, quelli afferenti al Mmg e al distretto e quelli prevalentemente specialistici e ospedalieri, attraverso il potenziamento del ruolo dei medici di cure primarie nelle urgenze con forme aggregative di erogazione dei servizi territoriali.
“Una scelta fondamentale quella del territorio -condividono i Mmg per voce del presidente del Lions Club di Asti e discussant nell’incontro Luigi Garelli, socio AIMEF - ma attraverso progetti specifici e un piano strategico da decidere con le rappresentanze, soprattutto oggi che siamo in fase di definizione dell’accordo regionale per la medicina generale”.
Una partita, dunque, che ha bisogno di idee, ma anche di investimenti all’altezza del compito. Per la prima volta nella sua storia il Piemonte, ha certificato il suo Bilancio, scoprendo un buco per la sanità di circa 1 miliardo e 50 milioni di euro, con un fabbisogno già maturato nel 2005 di circa 340 milioni di euro. Le ristrettezze nazionali, ben chiare dalla Finanziaria 2005, complicano il quadro locale. Ed il confronto è appena cominciato.