M.D. numero 31, 26 ottobre 2005


Editoriale
Nuovi lavori in corso per la sanità italiana

Qualche anno fa il Ssn italiano ha ricevuto una segnalazione positiva da parte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per essere riuscito a valorizzare ogni singola lira che lo Stato aveva investito nel suo modesto bilancio. Le risorse a disposizione non erano poi molte, sottolineava l’agenzia delle Nazioni Unite, eppure il ventaglio di prestazioni garantite era ampio e i diritti alla salute dei cittadini italiani risultavano, tutto sommato, abbastanza salvaguardati.
Oggi sembra che il fondo del barile sia ormai raschiato e che la spesa, dopo aver subito tagli e ridimensionamenti, sia al momento incomprimibile. Una certa fiducia in un possibile governo economico-finanziario della sanità, che aveva pure avuto i suoi partigiani tra i responsabili istituzionali della salute degli italiani, sembra
ormai aver perso qualsiasi fondata giustificazione. Torna a farsi strada, a questo punto, la politica cui, complice l’atmosfera elettorale nella quale il Paese si trova immerso per l’avvicinarsi delle elezioni del 2006, si ricomincia a guardare con speranza per dare un futuro più certo e definito al sistema delle cure in Italia.
Da più parti - Regioni, sindacati medici, aziende - si comincia a chiedere alla politica risposte concrete e di sistema ai buchi che si evidenziano a macchia di leopardo in tutta Italia.
Discontinuità che non consentono il passaggio agile del paziente tra servizi che si trovano in diverse zone del suo territorio di riferimento, oppure tra ospedale e territorio, tra strumenti della prevenzione e risposte di cura, tra acuzie e post-acuzie, tra day hospital, degenza e cure domiciliari, e potremmo continuare ancora. La sanità italiana sembra dunque un arcipelago di piccole isole, nelle quali a volta regna l’eccellenza e a volte no, dove i collegamenti sono assicurati da transatlantici da crociera, motoscafi, gommoni, ma anche zattere, spesso senza alcun ragionamento di sistema.
La medicina del territorio, e i Mmg in particolare, sono costretti a volte a gettare ponti di braccia tra le diverse isole, vere e proprie catene umane che traghettano i pazienti da una parte all’altra, senza poter però risparmiare loro, a volte, secchi scossoni.
La risposta potrà venire da risorse private, come ha proposto il segretario della Fimmg Mario Falconi in un suo recente intervento, che possano ad esempio consentire a “più Mmg di riunirsi a lavorare in un unico polo, messo a disposizione dalle aziende sanitarie o dai comuni, ma anche dall’ente di previdenza di medici e odontoiatri”? Oppure dal percorso disegnato dal nuovo Piano sanitario nazionale che, dalla prevenzione al governo clinico, punta a essere un Piano globale partecipato dalla società: “da tutte le categorie sociali - ha annunciato il ministro Francesco Storace - dai pazienti fino alla Confcommercio? Al momento non è facile immaginarlo, ma il cantiere della salute italiano sembra di nuovo aperto e vivace: non possiamo che salutarlo, come in passato, con grande favore.