
M.D.
numero 30, 19 ottobre 2005
Focus
on
Finanziaria: il contrattacco delle Regioni
di Monica Di Sisto
La manovra finanziaria 2006 è fortemente criticata
dagli esponenti della Conferenza Stato Regioni. Risulta penalizzante
per il buon governo degli enti locali e scarica su questi problemi
che in prima battuta sono di competenza del governo. In proposito
le Regioni chiedono un maxi emendamento che rimetta nelle loro
mani la possibilità di intervenire nelle decisioni strategiche
per la riforma del welfare
Un
atto daccusa
"Il
Governo, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, non
ha ancora ridefinito le funzioni del ministero della Salute.
Capita così che si cavalchino temi di grande impatto
pubblico, lasciando però la sostanza dei problemi ampiamente
irrisolta.
LItalia ha una spesa sanitaria più bassa della
maggior parte dei Paesi dEuropa, peraltro incomprimibile
perché non arriva nemmeno a soddisfare i livelli essenziali.
Abbiamo la maggior parte delle Regioni che con una piccola parte
di Pil riescono ad assicurare ai propri cittadini un buon livello
di salute, e tre Regioni, Lazio, Campania e Sicilia, che da
sole mettono in crisi tutto il sistema.
Sarebbe questo il primo problema da affrontare con il Governo,
ma il ministro Storace non ha dato ancora udienza ai rappresentanti
delle Regioni. Il ruolo del Governo, in un sistema federale,
non è sparito, ma ciò per i media passa in secondo
piano rispetto a ciò che fa notizia. Un atto daccusa
netto, quello lanciato da Giovanni Bissoni, assessore alla salute
della Regione Emilia Romagna e rappresentante della Conferenza
dei Governatori alledizione 2005 di Annual Sanità,
organizzato a Roma dal Sole 24 Ore in collaborazione con Farmindustria.
Bissoni non usa mezzi termini nel ragionamento che lo porta
dalla constatazione delle priorità delle politiche nazionali
(che mettono laccento sui meccanismi di controllo e di
governo della spesa) a presentare unagenda delle Regioni,
che invece vorrebbero disegnare insieme una ridistribuzione
delle decisioni strategiche per il Servizio sanitario nazionale.
Se il Governo presenta una legge Finanziaria che mette al centro,
come condizione per lattribuzione delle (poche) nuove
risorse, il rispetto rigoroso del Patto di stabilità
e il taglio delle liste dattesa, le Regioni dal canto
loro sono al lavoro per un maxi-emendamento che rimetta nelle
loro mani le decisioni strategiche e il timone di un welfare
tutto da ricostruire.
Soldi contro tetti di spesa
Il Fondo Sanitario Nazionale non verrà ridimensionato.
La prima notizia comunicata dal testo della nuova Finanziaria
è senza dubbio rassicurante. La Finanziaria dello scorso
anno aveva fissato a 89,96 miliardi di euro la previsione per
il Fondo 2006. Le Regioni, dal canto loro, avevano chiesto di
avere a disposizione 95 miliardi di euro, la cifra sulla quale,
secondo il Dpef, si attesterà nel 2005 la spesa nazionale
per la salute soprattutto considerando gli impegni previsti
per lapplicazione delle convenzioni e dei nuovi contratti
del personale medico.
La manovra di bilancio, invece, mette sul piatto 90,96 miliardi,
che raggiungono quasi quota 93mila grazie a 2 miliardi in più,
vincolati al ripiano dei vecchi disavanzi del periodo 2002-2004.
Essenziale, però, sarà il rispetto degli obblighi
presi dalle Regioni col Patto di stabilità sanitario
del 23 marzo scorso. Gli Enti locali dovranno compiere una graduale,
ma costante riduzione dei posti letto, per arrivare a un taglio
di circa 28mila posti (1% in meno dellattuale standard
di 5,5 posti per mille abitanti). In secondo luogo dovranno
garantire meno ricoveri in ospedale e più day hospital
e assistenza domiciliare.
Toccherà a loro mettere in pista piani di prevenzione
e formazione, e nel contempo dovranno portare a termine i ripiani
della farmaceutica (questa è forse limpresa più
difficile per alcune Regioni). Per i manager che non attuano
i programmi di rientro dai disavanzi, scatta il licenziamento;
e per le Regioni inadempienti, può scattare come ultima
istanza l«affiancamento» del Governo. La riduzione
dei disavanzi, infatti, dovrà essere «strutturale».
Le Regioni dovrebbero finalmente riuscire anche a fare
cassa in proprio. Col congelamento del Dlgs 56/2000, sono
stati bloccate in questi anni risorse per 12 mld complessivi.
Un blocco che, con la Finanziaria 2006 dovrebbe cadere. I fondi
rimasti fermi, tuttavia, non saranno erogati tutti in una volta.
Entro marzo con un decreto del ministero dellEconomia,
sentite le Regioni, saranno stabilite le cadenze
di riparto del fondo di riequilibrio (12 mld di
euro). Altro piatto forte della legge Finanziaria 2006 è
il vincolo dei fondi aggiuntivi per i ripiani allentrata
in vigore dei piani dazione contro le liste dattesa.
Per accedere al ripiano da 2 mld previsto dalla Finanziaria,
le Regioni dovrebbero, infatti, stipulare entro il prossimo
31 marzo una duplice intesa col Governo sul prossimo Piano sanitario
2006-2008 e sugli interventi da attuare per ridurre le liste
dattesa. Ma proprio il capitolo delle code negli ospedali
e nelle strutture pubbliche è già stato oggetto
di un forte scontro con le Regioni quando era stato presentato
nei mesi estivi come Ddl a firma Storace.
La Finanziaria infatti farebbe scattare dal 2006 il divieto
delle cosiddette agende chiuse, cioè la sospensione
delle prenotazioni per ottenere una prestazione nellambito
di tutti i servizi del territorio. Per chi non rispetterà
il divieto, il testo prevede che scatti una sanzione tra mille
e 6mila euro. Le Regioni avevano, però, già espresso
il proprio parere contrario al divieto dello stop alle prenotazioni,
prevedendo la stesura di documenti aziendali per disciplinarne
lutilizzo. Il PSN prevede ancora che entro la fine di
marzo 2006 le Regioni stilino una lista di prestazioni per indicare
entro 90 giorni il tempo massimo dattesa. Le Asl, dal
canto loro, dovranno individuare strutture anche private accreditate
dove assicurare i tempi massimi dattesa e le misure previste
in caso di ritardi come, ad esempio, la concessione gratuita
della prestazione in intramoenia.
Da ultimo arrivano, dopo tanti indugi, i Centri unici di prenotazione
regionali, cui i governatori avevano già detto di preferire
una prima fase di generalizzazione dei Cup aziendali e interaziendali.
A completamento dellinsieme delle nuove disposizioni dovrebbe
essere varata una Commissione nazionale sullappropriatezza
delle prescrizioni, che avrebbe il compito di chiudere il cerchio
per un utilizzo coerente ed efficiente delle risorse a disposizione.
Regioni: serve un maxi-emendamento
La legge Finanziaria 2006 ha risposto, dunque, ad alcune necessità
delle Regioni: ripiano dei disavanzi pregressi, sblocco dei
fondi per il Federalismo fiscale, ma ha, ancora una volta, riproposto
il modello di costruzione delle decisioni per cui, quando si
parla di riparto di fondi pubblici, è il Governo a imporre
decisioni ai territori: dai tetti di spesa alle liste dattesa.
Il Governo ha in mano un cerino acceso che già
quasi consumato e lo passa nelle mani delle Regioni e delle
autonomie locali. Questo meccanismo non può reggere.
A pagare saranno i cittadini - commenta il presidente della
Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, alla conferenza stampa
congiunta con i presidenti delle associazioni di Comuni e Province
sulla Finanziaria - siamo in una situazione pesantissima e,
per alcuni versi, imbarazzante. Errani ha infatti spiegato
che già le risorse ottenute sono inferiori al potere
dacquisto reale del 2005 poiché lincremento
medio del costo della sanità è del 4-5% mentre
la cassa funziona con un ritardo di 15-16 mesi. Tutto questo
lo scorso anno ha portato a 500 milioni di costi aggiuntivi
per interessi, poiché le Regioni sono costrette a pagare
i fornitori con 300-400 e a volte 450 giorni di ritardo.
Dallo Stato lerogazione delle risorse in sanità
arriva dopo più di un anno, e quindi si paga credito
con gli interessi anche poi nellacquisto dei beni di servizio:
una siringa costa molto di più se viene pagata dopo sei
mesi o un anno.
I conti, visti dalla parte delle Regioni, non tornano, ma soprattutto
non torna la governance, cioè chi paga e chi decide,
e fino a che livello. Auspichiamo - ha sottolineato Errani
- un maxi-emendamento che soddisfi le esigenze del Paese. Ma
sarò il primo ad apprezzare ancora di più il Governo
se fosse disponibile ad aprire un tavolo di confronto per intraprendere
politiche di sviluppo. Ora la parola passa a Roma.
Regioni e Confindustria: nuova alleanza
Ma nel frattempo le Regioni non stanno a guardare, e forti della
loro autonomia cercano di stabilire intese preziose
per poter realizzare i cambiamenti che si sono prefisse. Nasce
così una nuova alleanza, inedita, tra i livelli di potere
locali e le forze produttive del Paese. Problema comune? Il
federalismo, che preoccupa entrambi per il blocco dello sviluppo
che sta inducendo a livello locale e regionale, ma che daltro
canto rappresenta anche una condizione favorevole per investimenti,
formazione, ricerca e tutela della salute, intesa non solo come
diritto, ma anche come opportunità e risorsa. I rappresentanti
di Regioni e Confindustria hanno dichiarato di condividere non
solo le preoccupazioni, ma pure alcune priorità dazione
per il futuro del Paese che sono alla base delle intese strutturali.
Lo scenario internazionale, con il quale le imprese in particolare
si confrontano per registrare la propria competitività,
risulta assai inquietante: il Fondo Monetario Internazionale
infatti stima che il rapporto italiano tra deficit e Pil sia
ben oltre il 3%, sfiorando addirittura l8%. Locale e globale,
dunque, si intrecciano in una trama delle opportunità
che vanno rilanciate a tutti i costi nel mutato scenario semidecentrato
del nostro Paese.
Rispetto al tema del federalismo, si è stabilito di realizzare
uno specifico incontro/confronto sulla base di alcuni studi
già in corso sullargomento. Su altri temi, quali
bilancio, sanità, politiche industriali e Mezzogiorno,
sono state previste nuove forme di confronto permanente tra
lassociazione degli industriali e i rappresentanti della
Conferenza Stato Regioni.
Con questa iniziativa - ha spiegato il Presidente della
Conferenza Stato Regioni, Vasco Errani - prende corpo un percorso
di confronto con le parti sociali. Sono previsti infatti ulteriori
incontri anche con le forze sindacali e le altre associazioni
rappresentative del mondo del lavoro e delle imprese.
Tale percorso - ha sostenuto Errani - è la dimostrazione
evidente dello sforzo che le Regioni stanno facendo per raccogliere
contributi e per ricercare più larghe convergenze in
una complessiva assunzione di responsabilità di fronte
ad una legge Finanziaria che deve essere occasione di sviluppo,
di qualificazione della spesa pubblica e di sostegno alle politiche
sociali.
Livelli
d¹assistenza: due velocitą nella spesa sanitaria |
LItalia
va a due velocità per la spesa sanitaria, con il
Sud
che spende già oltre il 10% del proprio Pil, in proporzione
più del Centro e del Nord. La spesa del Nord per
la sanità ammonta a quasi il 7% del Pil delle Regioni
settentrionali (5.19% per la spesa pubblica, 1.77% per quella
privata),
il Centro destina il 7.78% del proprio Pil (6.04% alla spesa
pubblica, 1.74% a quella privata), mentre il Sud utilizza
già
il 10.53% del proprio prodotto interno lordo (8.62% per
spesa pubblica, 1.91% per quella privata). Una situazione
che, secondo quanto sottolineato dallAgenzia per i
Servizi Sanitari Regionali, necessita di un intervento perequativo
dello Stato molto forte, per assicurare livelli di assistenza
sanitaria non troppo difformi nelle diverse aree del Paese. |
Sul
fronte della spesa sanitaria, secondo Regioni e Confindustria,
occorre cercare soluzioni che salvaguardino i livelli essenziali
di assistenza. E le loro preoccupazioni non risultano immotivate
secondo quanto evidenziano i dati dellAgenzia per i Servizi
Sanitari Regionali.
Oltre alle contraddizioni locali evidenziatesi in questi anni
in merito allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese,
lattuale Finanziaria ha di fatto disatteso alcune richieste
fatte dalle autonomie locali e considerate da queste decisive
per poter dar vita ad uninversione di tendenza. In particolare
sono state eluse le richieste di escludere dal patto di stabilità
la spesa per investimenti e quella per la realizzazione di programmi
comunitari, così come la possibilità di fare ricorso
allindebitamento per erogare alle famiglie e alle imprese
contributi per gli investimenti. Un punto questo considerato
così strategico da far parte dellaccordo stipulato
dai governatori con Confindustria nel piano di rilancio delleconomia.
Laccordo in sintesi
Le principali questioni relative allo sviluppo economico,
sia sotto il profilo delle strategie territoriali, sia sotto
il profilo delle compatibilità delle risorse, vedono
i rappresentanti delle Regioni italiane e Confindustria condividere
preoccupazioni e priorità di azione per il prossimo futuro.
Con questa affermazione Regioni e Confindustria aprono il proprio
documento daccordo presentato a Roma, manifestando lesigenza
comune di assistere il riorientamento dei sistemi produttivi,
incrementandone produttività, internazionalizzaizone,
capacità di investimento.
Alcuni nodi dellattuale assetto istituzionale e della
finanza pubblica, nel rapporto tra Stato e Regioni, secondo
imprenditori e governatori, richiedono urgente soluzione, per
evitare la divaricazione tra le esigenze delleconomia
reale e la capacità di risposta dei governi territoriali.
Un corretto assetto istituzionale decentrato e federale deve
potere consentire le migliori soluzioni per limpiego delle
risorse pubbliche a fini produttivi e di miglioramento del contesto
economico e sociale, qualificando e razionalizzando la spesa
pubblica complessiva e dando competitività ai territori,
alle imprese, ai sistemi locali.
In questo quadro, e guardando dritto allesame della legge
Finanziaria 2006, Regioni e Confindustria manifestano la necessità
di analisi e ricerca di soluzioni comuni in merito:
-
al
patto di stabilità interno, liberando dal calcolo gli
investimenti produttivi;
-
alla
possibilità per le Regioni di indebitarsi per investimenti
produttivi (superamento art. 3 punto l finanziaria 2004),
formazione e ricerca;
-
alla
spesa sanitaria, rispetto ai suoi trend e alla sua copertura,
salvaguardando i Lea, anche qualificando e razionalizzando
la spesa e accorciando i tempi dei flussi di cassa tra Stato
e Regioni e quindi tra Regioni e aziende fornitrici;
-
alla
continuità dei fondi unici regionali;
-
alla
concentrazione delle risorse disponibili sul territorio, sugli
obiettivi strategici per lo sviluppo;
-
al
recupero dei divari territoriali.
Per
le finalità definite dal documento di intenti si attiveranno
nuove forme di confronto permanente tra Regioni e Confindustria,
con particolare riguardo alle priorità dei meccanismi di
bilancio, della sanità, delle politiche industriali, del
Mezzogiorno.
|