M.D. numero 29, 12 ottobre 2005

Dialoghi clinici
Diagnosi e gestione della steatosi epatica
Medicina Generale a cura di: Gian Paolo Andreoletti, Medico di medicina generale, Vertova (BG)
Specialistica a cura di: Silvia Fargion, Direttore Centro per lo Studio e la Cura di Malattie Metaboliche del Fegato e Rischio di Neoplasie, Ospedale Maggiore Policlinico IRCCS, Milano

La diversità tra medicina generale e specialistica può essere fattore di arricchimento della pratica medica, se a prevalere è il momento dialogico, all’insegna della complementarietà, focalizzata sulle esigenze concrete che la gestione di una problematica fa emergere nella quotidianità.
M.D. propone, di volta in volta, un confronto tra le due discipline, fatto di domande precise e di risposte condivise.

“Il fegato presenta all’esame ecografico dimensioni modicamente aumentate, con una struttura iperlucente, come da epatosteatosi”. Si tratta di un referto di ecografia epatica che leggiamo frequentemente nella pratica clinica quotidiana. La steatosi epatica (“fegato grasso”) è caratterizzata microscopicamente dalla presenza di micro o macrovescicole lipidiche nel citoplasma degli epatociti. È una condizione patologica assai comune, che può essere più spesso legata all’abuso di alcolici oppure alla presenza di una sindrome metabolica (sovrappeso, dislipidemia, alterazioni del metabolismo glucidico).

Quali esami ematici risultano alterati in presenza di epatosteatosi?
Non vi sono indagini ematochimiche che in modo specifico indichino la presenza di steatosi. Il riscontro di steatosi epatica può essere infatti casuale: in occasione di esami eseguiti di routine si può riscontrare un incremento delle transaminasi e della gGT. Spesso si osserva anche un aumento dei valori dei trigliceridi e del colesterolo totale, con una riduzione dell’HDL.
Talora è presente un aumento della glicemia a digiuno e, più raramente, dell’acido urico.
Seppure gli esami elencati siano frequentemente alterati nei pazienti con steatosi, ciò non toglie che un’ampia parte di soggetti possa avere le transaminasi nella norma, senza che tale dato possa escludere con certezza la presenza di steatosi epatica. In altre parole, come non esistono indici specifici di steatosi, così la normalità degli esami non esclude la presenza di steatosi e soprattutto di una steatosi evoluta in steatoepatite che, nel 15-20% dei casi, può trasformarsi in cirrosi epatica. Ad oggi un’ecografia epatica bene eseguita è l’indagine più attendibile per la diagnosi di steatosi.

Quale quantità di alcol può causare steatosi?
La steatosi può conseguire sia ad abuso alcolico sia ad alterazioni metaboliche, tra cui dislipidemia, diabete, obesità.
Nel caso la steatosi sia di origine alcolica, il quantitativo di alcol in grado di causarla è relativamente modesto, intorno ai 20-30 g al giorno. Si deve però ricordare che solo il 20-30% della popolazione è suscettibile al danno da alcol e pertanto solo in tali soggetti queste minime dose di alcol per tempi prolungati (assunzione continuata per più di cinque anni) possono causare in principio steatosi epatica e in seguito, potenzialmente, un danno più importante, fino alla cirrosi epatica. È ovvio che assunzioni maggiori di alcol possono indurre danni più severi in tempi più brevi. È importante ricordare che il paziente tende a non considerare il vino come alcol e tanto meno la birra, mentre di ogni bevanda deve essere calcolato il contenuto di alcol. Il vino, per esempio, contiene dal 12% al 14% di alcol che corrisponde a
12-14 g di alcol per 100 ml, la birra il 7% di alcol pari a 7 g per ogni 100 ml. Quando si riscontra steatosi in un paziente che beve si deve sospettare un introito continuato e una suscettibilità da alcol.
È inoltre utile ricordare che se coesistono abuso alcolico e alterazioni metaboliche, la steatosi può essere più importante e l’instaurarsi di danni epatici irreversibili può avvenire in tempi più precoci. In sintesi, anche 2-3 bicchieri di vino al giorno in soggetti suscettibili al danno da alcol possono essere sufficienti a causare una malattia epatica importante.

Nei pazienti con steatosi epatica è opportuno ricercare la presenza di sindrome metabolica?
La sindrome metabolica è una patologia che interessa tutti i campi della medicina ed è gravata da un’elevata morbilità e mortalità per complicanze cardiovascolari. L’impatto di questa patologia è estremamente importante, poiché viene diagnosticata in presenza di alterazioni molto diffuse nei Paesi occidentali. Secondo i criteri del National Cholesterol Education Program - Adult Treatment Panel III, la sindrome metabolica si riferisce alla presenza contemporanea di almeno tre delle seguenti alterazioni: ipertrigliceridemia, riduzione del colesterolo HDL, aumento della circonferenza addominale („102 cm nell’uomo e „88 cm nella donna), ipertensione arteriosa e alterazioni del metabolismo glucidico.
Recentemente è stato descritto che la steatosi epatica è presente frequentemente in pazienti con sindrome metabolica. Pertanto, di fronte ad un soggetto a cui sia stata diagnosticata una steatosi epatica ci si deve chiedere se sia presente, o se sia a rischio, di sindrome metabolica. In un nostro studio condotto su 200 pazienti con steatosi è risultato che circa il 40% presentava sindrome metabolica. La steatosi epatica può quindi rappresentare un campanello di allarme che evidenzia la presenza di alterazioni metaboliche che potenzialmente possono influenzare la sopravvivenza del paziente. La capacità di diagnosticare questa patologia consente di mettere in atto presidi terapeutici essenziali per la regressione della malattia epatica, nonché per la prevenzione della sindrome metabolica e delle sue complicanze.

Quali farmaci possono provocare epatosteatosi?

Numerosi farmaci, anche di frequente utilizzo, possono causare steatosi. Questo tipo di steatosi viene definita secondaria rispetto a quella associata ad alterazioni metaboliche, che invece viene definita primaria. Tra i farmaci che la possono causare sono noti alcuni antiaritmici, il cortisone, alcune terapie ormonali, le tetracicline, l’acido valproico, ecc. Ovviamente non in tutti i soggetti che assumono questi farmaci può svilupparsi steatosi, ma la rapida comparsa di alterazioni degli esami epatici con evidenza di steatosi deve fare sospettare una tossicità da parte del farmaco in uso. Va inoltre posta molta attenzione nel caso coesista un’altra patologia epatica, che può rendere tali problemi più severi.
Generalmente è sufficiente la sospensione del farmaco responsabile perché la steatosi regredisca, sebbene possano essere necessari diversi mesi.

Anche la semplice epatosteatosi da sindrome metabolica può evolvere verso un quadro di cirrosi epatica?
Anche la steatosi che si associa alla sindrome metabolica può evolvere in cirrosi. Si ritiene che circa il 20-30% della popolazione sia affetta da steatosi, di cui il 10% può sviluppare la steatoepatite che, in questo caso, viene definite non alcolica in quanto sviluppatasi in assenza di introduzione di alcol. Pertanto circa il 3% della popolazione è affetta da steatoepatite, che è una situazione ad alto rischio di evoluzione in cirrosi epatica.
Vi sono dati preliminari che indicano che soggetti con un’insulino-resistenza più severa - condizione ritenuta alla base della steatosi epatica - e con più alterazioni metaboliche, siano più a rischio di sviluppare cirrosi epatica. È importante ricordare che una volta che si è sviluppata la cirrosi, la steatosi tende a scomparire: pertanto, la maggior parte delle cirrosi ritenute fino a poco fa “criptogenetiche”, in quanto ad eziologia sconosciuta, sono molto probabilmente l’evoluzione di una steatoepatite non alcolica. Ciò è stato dimostrato in base all’analoga prevalenza di alterazioni metaboliche sia in questi soggetti sia in quelli con steatosi epatica.

L’epatosteatosi è un fattore di rischio per l’epatocarcinoma?
Tutte le patologie in grado di causare cirrosi sono
un fattore di rischio di epatocarcinoma. Seppure vi siano state segnalazioni sporadiche
di epatocarcinoma in soggetti con steatosi in assenza di cirrosi, ad oggi l’evidenza
è che l’epatocarcinoma si sviluppa solo se è già presente cirrosi. Recenti studi sembrano comunque dimostrare che il rischio di epatocarcinoma sia superiore nei soggetti con cirrosi da virus dell’epatite C che in quelli evoluti dalla steatosi. Sembra anche che il sovrappeso e soprattutto l’obesità, che spesso si associano a steatosi, aumentino il rischio di sviluppare varie neoplasie, soprattutto del tratto gastroenterico, compreso l’epatocarcinoma.

Quando è necessaria l’esecuzione di una biopsia epatica in presenza di epatosteatosi?
Ad oggi non vi è pieno consenso se e quando eseguire la biopsia epatica nei pazienti con steatosi. La mia personale opinione, peraltro condivisa da numerosi altri ricercatori, è che la biopsia epatica debba essere fatta ogniqualvolta gli accorgimenti dietetici e terapeutici non siano stati in grado di normalizzare i valori degli esami. La biopsia è l’unico strumento per sapere se il paziente ha la steatoepatite, che quindi può evolvere in cirrosi. D’altra parte è noto che vi può essere steatoepatite anche in assenza di esami epatici alterati, pertanto la decisione se effettuare la biopsia deve essere valutata caso per caso.
Si deve anche considerare che mettere il paziente di fronte alla problematica della biopsia significa fargli capire che si è davanti a un problema “serio” e la biopsia diventa talvolta un incentivo per fargli seguire in modo più scrupoloso i consigli medici, soprattutto nei soggetti con steatosi alcolica.

La steatosi epatica è una condizione reversibile?

La steatosi epatica è reversibile nella misura in cui il soggetto si impegna a modificare le proprie abitudini di vita. Il problema è ovviamente più complesso per alcune categorie di pazienti (quelli che necessitano di terapia cortisonica continua, diabetici e grandi obesi).

Quale dieta va consigliata a un paziente con steatosi epatica?

La dieta deve essere rigidamente ipolipidica, escludendo soprattuto i grassi saturi, ma è utile ricordare che sebbene l’olio extravergine sia più “sano” deve essere comunque assunto in piccole quantità, inoltre deve essere sconsigliata l’assunzione di dolci. La frutta deve essere consumata con moderazione, soprattutto quella ricca di zucchero, mentre le verdure possono essere assunte in quantità abbondanti. Nel caso la steatosi consegua ad abuso alcolico, il paziente deve astenersi dall’assunzione da bevanda alcolica.
Alla dieta è però fondamentale associare attività fisica costante, chiedendo esplicitamente al paziente l’attività che svolge normalmente. Questa andrà gradualmente aumentata, tenendo ovviamente conto dell’età e di altre eventuali patologie associate.

Esistono terapie farmacologiche per la steatosi epatica?
La steatosi su base metabolica si dovrebbe risolvere con la dieta, esercizio fisico e, nei soggetti che abusano di alcol, con la sua sospensione. Se però questi approcci terapeutici non sono sufficienti, nei pazienti con steatosi su base metabolica possono essere utilizzati farmaci insulino-sensibilizzanti, in quanto la condizione di insulino resistenza è alla base della steatosi. Tra questi il più utilizzato con buoni risultati è la metformina, un farmaco insulino-sensibilizzante usato comunemente nei diabetici. Sono oggetto di studio anche altri farmaci di questa classe, che però non sono ancora entrati nella pratica clinica.
Nel caso la steatosi sia secondaria all’uso di un farmaco specifico si dovrà valutare se la terapia possa essere sostituita da un’altra con la stessa attività, ma a minore rischio di steatosi.