M.D. numero 28, 5 ottobre 2005

Pratica medica
Terapia ex iuvantibus per una “rara” gastrite
di Primino Claudio Botta - Medico di medicina generale, Vernate (MI)

Donna di 53 anni, attiva, in recente menopausa; ipertesa in trattamento con un ace-inibitore da quattro anni; asmatica, non allergica (ma con IgE elevate), in terapia con inalanti cortisonici e betastimolanti, con uso saltuario.
Mi chiama per una visita domiciliare perché accusa dolori epigastrici, soprattutto postprandiali, accompagnati da vomito. Prescrivo una terapia antidispeptica con H2-antagonisti e indagini ematochimiche di routine. Dopo due giorni i sintomi persistono e rivedo la paziente in studio: l’ecografia addominale risulta nella norma, così come i controlli ematochimici, tranne un lievissimo incremento dell’amilasi pancreatica.

Confermo l’ipotesi di gastrite e rinforzo la terapia antidispeptica con anti-H2.
Tuttavia dopo cinque giorni i disturbi non si sono attenuati: dolori epigastrici subcontinui, ma esacerbati dal pasto, con vomito fino all’impossibilità quasi totale di alimentarsi.
Decido di ricoverare la paziente in un reparto di gastroenterologia, anche se ipotizzo una possibile componente psicogena.

Ricovero ospedaliero e accertamenti


Dopo quindici giorni di ricovero e diversi accertamenti endoscopici (gastroscopia, colonscopia) non emerge nulla di significativo, a parte VES elevata e spiccata ipereosinofilia. Nel frattempo la paziente manifesta sempre vomito continuo con dolori e di conseguenza anche un dimagramento accelerato.
Emerge l’ipotesi dei colleghi ospedalieri di una gastroenterite eosinofila, mentre viene scartata la possibilità della presenza di morbo di Crohn.
Dopo una settimana la possibile diagnosi non viene però confermata dall’esame istologico.
La paziente continua a non rispondere alle usuali terapie antispastiche e antisecretorie. Vengono eseguiti ulteriori accertamenti.

  • TAC addome: negativa.
  • Puntato midollare: negativo.
  • Elettromiografia agli arti inferiori: positiva per polineuropatia sensitiva, ma il dubbio è dove collocarla nosologicamente.
Dopo un mese dal ricovero la condizione della paziente è drammatica: una sintomatologia per nulla attenuata, un dimagramento di oltre 10 kg, una diagnosi incerta, con un’ipotesi neoplastica incombente.

Proposta terapeutica


Nel frattempo mi mantengo in contatto con i medici del reparto gastroenterologico e i consulti telefonici sono frequenti.
Preoccupato, chiedo la collaborazione di un amico, anch’egli medico di famiglia*, e con lui mi reco nella struttura ospedaliera, per una proposta terapeutica che già avevo sottoposto ai colleghi, ma che aveva suscitato perplessità: la somministrazione di steroidi ex iuvantibus, per la possibilità che il quadro clinico sia di tipo autoimmunitario. Nella disperata condizione della paziente, allettata, ormai alimentata con nutrizione parenterale, si inizia, dietro nostra insistenza, ma con molta angoscia, una terapia corticosteroidea.

Decorso clinico


La terapia consente “miracolosamente” una risposta rapida ed efficace ai sintomi e dopo circa due mesi di ricovero la paziente ritorna a casa. Ha perso circa 18 kg che riprenderà gradualmente in 20 mesi.
Dopo tre mesi contatto un rinomato immunologo che visita la paziente: indica che la malattia si “avvicina” alla sindrome di Churg-Strauss, un’angioite granulomatosa allergica.
Attualmente la paziente assume corticosteroidi a basso dosaggio e sta bene.

Commento


La sindrome di Churg-Strauss è una vasculite granulomatosa a interessamento multi-organo, con frequente coinvolgimento polmonare. Insorge in genere tra i 20 e 40 anni con una leggera prevalenza nel sesso maschile. L'agente causale è sconosciuto; sono stati descritti casi indotti da infezioni, farmaci, sostanze stupefacenti, vaccinazioni o desensibilizzazioni specifiche, ma si ipotizza che questi siano solo fattori precipitanti di condizioni immunologiche patologiche latenti.
Come nel caso riportato, una storia di asma e/o rinite allergica può precedere di anni l'esordio della vasculite e nel 75% dei casi è presente neuropatia periferica. Tra le manifestazioni più frequenti vi sono: lesioni cutanee, dolore addominale, diarrea, poliartralgie, proteinuria fino all'insufficienza renale. Sintomi sistemici sono costituiti da perdita di peso (68% dei pazienti), febbre, malessere e anoressia. La prognosi è buona grazie all'impiego di corticosteroidi e di farmaci immunosoppressori.
Nella prefazione a “La diagnosi clinica” di C. Scandellari (Masson, Milano 2005), il Prof. C. Rugarli afferma: “Non sono rari i casi in cui l’attribuzione della malattia di un particolare soggetto, in una classe nosologica definita, risulti difficile (…) In questi casi una diagnosi fisiopatologia è la via da seguire.”
Aggiungo solo che le terapie ex iuvantibus, rimedio secolare alle lacune altrettanto secolari della medicina, fanno parte del fine curativo.

* Collaboratore del consulto in ospedale:
Angelo Sferrazza - Medico di medicina generale Casarile (MI)