M.D. numero 28, 5 ottobre 2005

Management
Appropriatezza delle prescrizioni negli anziani
di Maia Manfredi

Un recente studio documenta che il potenziale rischio di trattamenti farmacologici inadeguati, soprattutto verso soggetti anziani e in multiterapia, è insito nella pratica.
Le prescrizioni multiple vanno ben ponderate, prendendo in considerazione le opzioni farmacologiche alternative, ma vanno trovati nuovi strumenti per ridurre l’errore

L'appropriatezza delle prescrizioni è un nodo cruciale per ottenere risultati da trattamenti di per sé efficaci e minimizzare gli effetti indesiderati o le interazioni farmacologiche rischiose.
Questo diventa tanto più vero in presenza di pazienti complessi, per esempio gli anziani, soggetti “fragili”, spesso con comorbilità e in multiterapia: pazienti così problematici richiedono un’attenzione aumentata per evitare che ricevano trattamenti farmacologici inadeguati, cosa che invece a volte accade nella pratica.
Una situazione che comunque è poco documentata, ma uno studio condotto nell’ambito di un progetto dell’Agenzia per la ricerca e la qualità sanitaria americana fornisce contributi informativi utili, facendo riferimento in questo caso alla realtà degli Stati Uniti (J Am Ger Soc 2005; 53: 262-67).
Si è eseguita l’analisi retrospettiva dei dati 1995-2000 di due survey relativi a pazienti ambulatoriali di oltre 65 anni, in totale più di 70mila anziani, valutando con quale frequenza avevano ricevuto sei combinazioni inappropriate “farmaco-farmaco” o 50 “farmaco-malattia”.
Per il primo punto, complessivamente nello 0.76% delle visite che hanno portato a due o più prescrizioni queste hanno utilizzato almeno una delle sei combinazioni farmaco-farmaco inadatte.
Si arrivava fino al 6.6% dei casi in cui l’anticoagulante warfarin era previsto insieme a molecole con interazioni potenzialmente pericolose (acido acetilsalicilico, Fans, ticlopidina, dipiridamolo, cimetidina). Un altro abbinamento inadeguato era quello tra anti-MAO e inibitori del reuptake della serotonina.
Quanto al secondo punto, è apparso che in totale ben il 2.58% delle visite con prescrizione di uno o più farmaci ha incluso almeno una delle 50 combinazioni potenzialmente inappropriate rispetto alla malattia.
Per esempio il 4% dei pazienti con ipertrofia prostatica benigna ha ricevuto almeno una delle sei molecole che andrebbero evitate in questa condizione; il 6% dei pazienti con ulcera peptica ha ricevuto acido acetilsalicilico (il 2.5% dei Fans prescritti individualmente aveva potenziali controindicazioni). Nello 0.15% dei casi totali si è ricorsi a due o più combinazioni farmaco-malattia inappropriate, ma è anche risultato che 14 su 50 tra quelle potenzialmente pericolose di fatto non avvengono.

Numero di farmaci predittivo di errore


Il numero di farmaci prescritto era l’elemento più predittivo di combinazioni inappropriate sia farmaco-farmaco sia farmaco-patologia. Nel primo caso, per prescrizioni di almeno due molecole il rischio aumentava di 1.77 volte per ciascuna addizionale; nel secondo, per prescrizioni di almeno una molecola cresceva dell’1.62% per ognuna successiva.
Inoltre, l’incidenza dei due tipi di combinazioni inadatte è apparsa maggiore nei pazienti maschi più anziani e in quelli esaminati dal medico di famiglia (il 60% del campione, il rimanente 40% era stato visitato in ambulatori ospedalieri).
Sono evidenze che sottolineano quindi l’importanza di una gestione particolarmente accurata e di un monitoraggio dei pazienti anziani sottoposti a politerapia farmacologica.

Limiti dello studio


Gli autori sottolineano che i dati emersi sono conservativi, facendo riferimento ad alcuni limiti della ricerca: è risultato che nella settimana precedente l’osservazione il 23% delle donne anziane aveva assunti almeno cinque farmaci e il 12% fino a 10; non sono state conteggiate prescrizioni di altri medici; si sono considerate solo interazioni farmaco-farmaco delle quali è noto il potenziale rischio (escluse quelle con OTC e preparati erboristici); alcune patologie croniche - per esempio la demenza - non rientravano nei dati ambulatoriali. Infine l’inappropriatezza è potenziale e può non essere tale in determinati pazienti e circostanze: per esempio in pazienti a elevato rischio tromboembolico i benefici di warfarin e ASA combinati possono essere superiori ai rischi da aumentata attività anticoagulante. Contano poi altri fattori, come le dosi dei farmaci e il fatto che rimane ancora molto da chiarire sui meccanismi e sul significato clinico delle diverse combinazioni farmaco-farmaco e farmaco-patologia, mentre le conoscenze cambiano: è il caso dei betabloccanti, prima controindicati nell’insufficienza cardiaca e ora standard terapeutico codificato dalle linee guida. In ogni caso, le prescrizioni nel paziente anziano, specie se multiple, vanno ben ponderate, prendendo in considerazione le opzioni farmacologiche alternative che sono disponibili in molti casi.
Occorre anche aumentare le conoscenze sulle combinazioni potenzialmente pericolose e trovare i modi per ridurle, anche con nuovi strumenti. Negli Stati Uniti si sta diffondendo l’uso di sistemi computerizzati per la pratica clinica che evidenziano le interazioni tra i farmaci co-prescritti.