M.D. numero 28, 5 ottobre 2005

Farmaci
Nuove evidenze sui benefici del betablocco nello scompenso cardiaco
di Livia Tonti

Nuovi dati provenienti dallo studio COMET dimostrano come il betablocco non selettivo possa essere particolarmente benefico non solo sulla morbilità e mortalità nello scompenso cardiaco ma anche sulla qualità di vita

A oltre due anni dalla sua pubblicazione, lo studio COMET (Carvedilol Or Metoprolol European Trial), primo studio di confronto testa a testa tra due betabloccanti nella terapia dello scompenso cardiaco ad avere avuto come endpoint la mortalità, continua a far parlare di sé.
Sono infatti numerose le informazioni che continuano a essere prodotte da ulteriori analisi di questo studio e che completano in maniera sempre più dettagliata le conoscenze sulla terapia dello scompenso cardiaco con betabloccanti e sulle differenze tra i farmaci di questa classe.
L’ultimo congresso Heart Failure 2005, svoltosi a Lisbona, è stato occasione per la presentazione degli ultimi dati provenienti dal COMET relativi a un aspetto fondamentale, anche se non sempre messo in primo piano, della terapia dello scompenso cardiaco, cioè il miglioramento o il mantenimento di una qualità di vita accettabile.

Analisi dello studio COMET sulla qualità di vita


Com’è noto lo studio COMET aveva confrontato gli effetti di carvedilolo (betabloccante non selettivo, bloccante beta1, beta2 e alfa1) e metoprololo tartrato (bloccante adrenergico beta1-selettivo) nel ridurre la morbi-mortalità in oltre 3000 pazienti con scompenso cardiaco (classe NYHA II-IV) e frazione di eiezione ¾35% già in terapia stabile con ACE-inibitori e diuretici.
Al follow up di 5 anni era emersa una significativa superiorità di carvedilolo rispetto a metoprololo nel ridurre la mortalità totale del 17% (p=0.0017), la mortalità per cause cardiovascolari del 20% (p=0.0004), la mortalità dovuta a ictus del 67% (p=0.0006) e l’insorgenza di nuovi casi di diabete di tipo 2 del 22% (p=0.04).
Per valutare l’influenza dei due betabloccanti sulla qualità della vita i partecipanti allo studio sono stati visitati ogni 4 mesi.
Durante ogni visita sono stati valutati i sintomi di scompenso e il “benessere percepito”, misurato utilizzando un punteggio da 1 a 5 (wellbeing score), tanto più basso quanto migliore è la qualità di vita.
I risultati dello studio hanno rivelato che il trattamento con carvedilolo è risultato più efficace di metoprololo nel preservare un’accettabile qualità di vita, mantenendo un punteggio di wellbeing score a livelli significativamente inferiori rispetto a quest’ultimo, soprattutto tra il secondo e il terzo anno di trattamento (figura 1).
I pazienti trattati con carvedilolo hanno dichiarato di sentirsi “bene” o “molto bene” per il 48.7% dei giorni dello studio nei primi 4 anni, contro il 45.3% registrato tra i pazienti trattati con metoprololo (p=0.0118), che significa una media di 51 giorni di maggiore benessere per coloro che sono stati trattati con carvedilolo rispetto a metoprololo in aggiunta ai benefici dovuti alla maggiore sopravvivenza dei trattati con il betabloccante non selettivo (J Am Coll Cardiol 2004; 43 Suppl A: 206), confermando anche su questo parametro le differenze tra i due betabloccanti emerse nel COMET.