M.D. numero 28, 5 ottobre 2005


Editoriale
I conti pubblici non tornano nemmeno per il Ssn

Quando il Governo comincia a fare le prime previsioni sull’entità della legge di bilancio, inizia il tira e molla
tra le forze politiche per tagliare e/o difendere il budget assegnato alla sanità. La cura che il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco vuole imporre alle casse dello Stato con la Finanziaria 2006 è drastica: 12,8 miliardi di tagli, tra i quali oltre sei miliardi di tagli alle spese dello Stato, tre a carico di Regioni ed Enti locali. Trentasette articoli abbastanza innovativi sotto la cui scure cadono auto blu, immobili da dismettere, ma anche gli stipendi dei parlamentari cui verrebbe imposto un taglio del 10%, per una manovra che sposta, taglia, investe
e ricolloca ben 21,3 miliardi di euro.
Ma è alla spesa sanitaria che tutti, tra partiti e operatori, guardano con particolare preoccupazione. Siniscalco ha previsto di far risparmiare alle casse della salute ben 2,5 miliardi di euro.
Le Regioni continuano a reclamare 4,5 miliardi di disavanzi 2004 e altrettanti per il 2005. Nessuno dei partiti, già in clima pre-elettorale, intende assumersi la cattiva pubblicità di aver provveduto a un ridimensionamento dei fondi sanitari.
Anche il ministro della Salute Francesco Storace e il vice ministro all’Economia, Giuseppe Vegas, hanno negato che ci saranno tagli sulla pelle dei cittadini, ma, anzi, rivendicano un “aumento di 3 miliardi di euro”. A rigore algebrico i due dicasteri hanno entrambi ragione: i soldi a disposizione della sanità per il 2006 cresceranno davvero di 3 miliardi: il Fondo sanitario nazionale raggiungerebbe i 93 miliardi rispetto ai 90 della Finanziaria 2005, restando però sotto il fabbisogno stimato.
La spesa 2005 del Ssn, infatti, si sta attestando verso i 95 miliardi, come indicato dal documento di programmazione presentato a inizio estate. Rimane l’incertezza sui fondi a disposizione dei territori e c’è chi, come la Fimmg, mette le mani avanti. Il Consiglio nazionale del sindacato ha approvato un documento nel quale chiede che i modelli contrattuali in discussione nelle trattative regionali per la convenzione nazionale della medicina generale forniscano “risposte reali e durature ai mandati che l’attuale convenzione nazionale affida alle trattative decentrate, in modo tale da non creare disomogeneità sul territorio nazionale a danno dei cittadini”. Un’aspirazione che si traduce anche in denaro per tutte le Regioni, perché i loro cittadini conservino pari diritti. Una missione difficile, visto che il ministro Siniscalco prevede di sborsare tre miliardi in meno di trasferimenti per Regioni ed Enti locali con un nuovo patto di stabilità interno. E visto che in cantiere c’è anche il contratto di programma sulla farmaceutica, che dovrebbe stringere ancor di più i cordoni della borsa. Se l’autunno porterà gelo e carestia lo scopriremo tra qualche settimana.