M.D. numero 28, 5 otobre 2005

Dibattito
Nuovo ACN: è il caso di precisare e ribadire
di Federico Torregiani - Medico di medicina generale, Alessandria - FIMMG

Vorrei rispondere ad alcune delle affermazioni del collega Maurizio Bruni (M.D. 2005; 25: 8) relative al mio intervento sui miglioramenti introdotti dal nuovo ACN (M.D. 2005; 24: 8-9). Penso che ciò sia opportuno al fine di evitare la diffusione di notizie inesatte che potrebbero avere disdicevoli ripercussioni tra i medici di famiglia, i quali potrebbero credere, con non poco sconcerto, che d’ora in poi e a causa della nuova Convenzione, andranno d’obbligo in pensione a 65 anni.

Non corrisponde al vero quanto affermato da Bruni che la pensione sarà “imposta a 65 anni”: chi ha dubbi dimostra inequivocabilmente di non aver letto con attenzione il DPR 270/2000 (la nostra vecchia Convenzione). È ormai arcinoto agli addetti ai lavori che con la Legge 229/00 l’allora ministro Bindi ha abbassato l’età pensionabile a 65 anni; ma in sede di contrattazione, d’intesa con il Governo, inserì una norma transitoria che congelò l’età del pensionamento a 70 anni fino a quando non sarà costituita e riunita un’apposita commissione governativa per stabilire come far fronte ai costi del provvedimento. Tutto è rimasto invariato nel nuovo ACN.
Il collega Bruni si chiede inoltre per quale motivo è necessario motivare la propria assenza all’Asl e alcuni colleghi stanno vivendo ciò come una sorta di indebita imposizione. La risposta è molto semplice: i motivi sono palesati all’art. 18, commi 1, 2, 3, 4 e non vanno ad intaccare i famosi 6 mesi con cui il Mmg può assentarsi dall’attività, pur facendosi sostituire (art. 37, comma 16). Ma come fa l’Asl a saperlo, se noi non glielo comunichiamo?
Due parole anche sulla ristrutturazione dei compensi, che ha eliminato gli automatismi e in particolare gli scatti di anzianità. Il collega domanda se ce n’era bisogno, mentre io mi chiedo quale sia realmente il problema, dato che abbiamo trovato un’alternativa, e cioè ”l’assegno personale”, altrettanto valida; con questo sistema “a scalini” nessuno ci rimetterà, ma alcune fasce di medici, identificate in base al numero degli assistiti, otterrà incrementi superiori a quelli del vecchio ACN. Insieme ai pediatri eravamo forse gli unici in tutto il comparto a conservare gli scatti di anzianità, tanto che la parte pubblica aveva posto come condizione inderogabile per il rinnovo convenzionale la modifica del nostro impianto retributivo. È stato di sicuro più ragionevole impegnarsi a studiare un nuovo sistema di calcolo che ci tutelasse, piuttosto che fare le barricate per tentare di vincere una battaglia già persa in partenza.

Congruità degli aumenti


Non mi interessa, invece, discutere sulla congruità o meno delle cifre di aumento reddituale introdotte dal nuovo ACN. Dirò solo che gli aumenti contrattuali non si possono evidenziare calcolando un ipotetico “incasso lordo mensile pro capite” o facendo illazioni sulla singola voce della quota capitaria divisa in dodicesimi. I conti, o si fanno bene, oppure non si fanno. E non si possono neanche mischiare le voci fisse del nostro reddito con quelle variabili, con quelle poco o per nulla variate e con quelle relative alla contrattazione regionale.
Leggere i cedolini degli emolumenti del Mmg non è affatto facile; c’è, anzi, materiale sufficiente per poter intorbidire le acque da parte di chi vuol essere sempre e comunque “contro”. Gli aumenti, che vanno dal 9% al 14%, sono aumenti che avremo “a regime” e cioè a partire dal 1.1.2006; per cui un aumento attuale (2005) di circa il 9% è del tutto corretto e in linea con quanto da me sostenuto nel precedente articolo.
Riguardo alla possibilità di revoca del rapporto convenzionale, non corrisponde al vero che questa è possibile “nel caso di mancata adesione a qualche astrusa sperimentazione”, l’ACN è chiarissimo in proposito. Si tratta dell’ultimo ed estremo atto possibile nei confronti di chi non aderisca a “obiettivi e percorsi concordati” con le parti sindacali; pertanto non è possibile alcuna imposizione da parte delle Asl.

Gli extracomunitari


Un’ultima considerazione su quelli che il collega ritiene “elementi marginali” introdotti dal nuovo ACN, come per esempio il problema degli extracomunitari, che io invece considero una significativa conquista sindacale. Vorrei si comprendesse la portata epocale di tale rivoluzionaria norma convenzionale.
In Italia gli extracomunitari sono attualmente 2.600.000 e nei prossimi 10 anni il loro numero è destinato a raddoppiare; oggi abbiamo un extracomunitario ogni 22 residenti, e ciò significa che ogni massimalista ne ha in carico mediamente 70.
Con il nuovo accordo si è fatto in modo che questi assistiti a scadenza non entrino più nel computo del massimale; ciò significa che ad ogni medico è stato fatto un vero e proprio “regalo” di 2.700 euro annuali in quote capitarie, oltre a quelle che già sono o saranno previste per i suoi 1.500 assistiti ed oltre agli aumenti contrattuali.
Inoltre non verrà più sospeso alcun pagamento, come invece succedeva prima, ad ogni scadenza di permesso di soggiorno, salvo qualche rivalsa che potrà determinarsi in casi del tutto isolati, perchè all’extracomunitario regolare e quindi ha c un lavoro, il permesso viene quasi sempre rinnovato.