M.D. numero 27, 28 settembre 2005


Editoriale
Prime assoluzioni, ma resta il clima inquisitorio

Il caso Glaxo esploso nel 2003 ha portato 2.579 Mmg e 62 dipendenti della multinazionale farmaceutica ad essere accusati di comparaggio, 1.738 medici specialisti e altri 138 dipendenti della stessa industria sono stati incolpati di concessione o promessa di premi o vantaggi pecuniari o in natura in cambio di prescrizioni e 196 persone sono state incriminate per corruzione, tra cui 63 medici specialisti e farmacisti ospedalieri. Pagine e pagine di giornali e molti minuti dei telegiornali nazionali sono stati dedicati a quello che veniva descritto come forse il più grande scandalo della medicina italiana degli ultimi dieci anni.
Nelle scorse settimane, però, la magistratura, dopo accuratissime indagini è arrivata all’assoluzione per “infondatezza della notizia di reato” per i medici accusati di comparaggio della provincia di Vicenza. Assoluzione ancora più chiara se si considera che è avvenuta su richiesta del Pubblico Ministero. Voci di corridoio anticipano l’archiviazione anche dei fascicoli di Treviso e di Venezia in seguito ad analoghe constatazioni.
Se torniamo indietro ai giorni dei titoli cubitali, soltanto i rappresentanti delle categorie mediche e il ministero della Salute si erano spesi per chiedere cautela nelle accuse, prima di un pronunciamento ufficiale dei magistrati inquirenti.
Ma a nulla erano valsi questi sforzi. In quei giorni sembrava davvero che per l’opinione pubblica l’unico modo efficace per governare la medicina, e in particolare per indirizzare la medicina del territorio verso l’efficienza, fossero i controlli di polizia e la conta aritmetica di ricette e fustelle. Oggi, alla luce delle assoluzioni, è importante chiedersi: qual è la lezione da trarre da questo caso esemplare?
A livello dei decisori politici, il caso dimostra la necessità di archiviare un approccio inquisitorio rispetto all’agire professionale, che si fa forza di indicatori esclusivamente numerici, e scegliere con decisione di valutare la qualità. In questo numero M.D. cerca di fotografare alcuni dei percorsi possibili verso una qualità misurabile della medicina di famiglia. È fattibile misurare la qualità del Mmg e della sua professionalità, e tarare su questa valutazione gli investimenti pubblici, i piani sanitari locali, le azioni prioritarie.
La seconda esigenza che emerge è quella, da parte dei medici di famiglia e dei loro rappresentanti, di chiedere con più forza di mirare meglio gli strumenti offerti dalla convenzione, incentivi compresi, verso la qualità possibile, piuttosto che configurarli come riconoscimenti “a cottimo” rispetto a una quantità, o a una limitazione delle prestazioni garantite. Leggendo il sistema delle cure dal punto di vista della qualità si può uscire dalla spirale dei sospetti e delle smentite superando il concetto di appropriatezza percorrendo una strada virtuosa. I tavoli regionali stanno entrando nel vivo: perché attendere ancora?