M.D. numero 26, 21 settembre 2005

Esperienze
Disturbi funzionali intestinali: medici e farmacisti a confronto
di Cesare Tosetti - Medico di medicina generale, Porretta Terme (BO), Rudi De Bastiani - Medico di medicina generale, Feltre (BL), Michele De Boni - Responsabile Servizio di Gastroenterologia, Ospedale di Feltre (BL)

Un recente corso sulle colopatie funzionali promosso dal Gruppo Italiano per la Gastroenterologia Ambulatoriale - Cure Primarie ha coinvolto Mmg e farmacisti. È emersa la necessità che tutta l’area delle cure primarie debba essere caratterizzata dall’uso di linguaggi e atteggiamenti comuni tra le componenti, senza rinunciare alle peculiarità professionali di ciascun gruppo


La gestione dei disturbi funzionali gastrointestinali non è condivisa soltanto tra medico di medicina generale e specialista, ma anche il farmacista viene frequentemente consultato dal paziente cercando informazioni sui trattamenti sintomatici, eventuali novità terapeutiche, giudizi sui rimedi suggeriti dai media o dai conoscenti, oppure semplicemente per conferma di posologie o modalità di somministrazione di farmaci e preparati. La professionalità dei farmacisti può essere messa a dura prova quando il paziente riferisce condizioni particolari o intricate, e in questi casi la collaborazione tra Mmg e farmacista risulta fondamentale per recuperare il paziente su percorsi corretti ed efficaci. La diversificazione dell’offerta al banco del farmacista (lassativi, fibre, pre e probiotici, antispastici, ecc) corrisponde alla povertà delle armi farmacologiche disponibili per intervenire sull’ipersensibilità viscerale o su altri meccanismi attualmente ritenuti di grande interesse per la patogenesi delle malattie funzionali gastrointestinali.
Il dubbio su quanto medici di medicina generale e farmacisti si sentano preparati nella gestione di queste patologie ha suggerito la realizzazione di un corso di formazione sulle colopatie funzionali che si è svolto nel Distretto di Feltre (BL) ed è stato rivolto contemporaneamente a Mmg e farmacisti per poter offrire spunti di confronto.

Il corso, organizzato con la collaborazione dell’Ordine dei Farmacisti di Belluno e del Servizio di Gastroenterologia dell’Ospedale di Feltre, è stato promosso dal Gruppo Italiano per la Gastroenterologia Ambulatoriale - Cure Primarie, un’associazione che riunisce rappresentanti delle maggiori società scientifiche della medicina generale assieme a specialisti gastroenterologi, finalizzata alla diffusione della buona pratica clinica gastroenterologica nelle cure primarie, attraverso la ricerca e la formazione, ed è per questo rappresentata presso l’European Association of Primary Care Gastroenterology.
Il corso è stato preceduto da un questionario rivolto ai farmacisti riguardo alle difficoltà incontrate nella pratica quotidiana nella gestione del paziente con disturbi funzionali addominali.
I risultati del questionario evidenziano che il counselling in farmacia è reso problematico non tanto dal rapporto con il paziente, incluso il tempo di consultazione, bensì dall’incertezza diagnostica e dalla difficoltà di comprendere la sintomatologia del paziente (figura 1).
Il farmacista ritiene di potersi districare con una certa sicurezza nell’universo dei lassativi osmotici e dei probiotici, manifestando maggiori perplessità sulla gestione delle fibre, degli antispastici e soprattutto dei lassativi irritanti (figura 2).
Infine l’incertezza clinica, la difficoltà diagnostica e la comprensione dei sintomi rimangono i maggiori ostacoli alla gestione del paziente, mentre è percepita con scarso disagio la mancanza di farmaci specificamente attivi su certi aspetti fisiopatologici peculiari (figura 3).
Oltre a questo questionario rivolto ai soli farmacisti, sono state confrontate le risposte fornite dai 20 Mmg e dai 20 farmacisti al questionario ECM proposto prima e dopo il corso.
La tabella 1 riporta la percentuale di risposte definibili corrette secondo i criteri Roma II, stabiliti nel 1999 da un gruppo di esperti che hanno preso in considerazione tutti gli aspetti delle patologie funzionali digestive, suggerendo schemi classificativi, valutando le ipotesi fisiopatologiche e fornendo indicazioni terapeutiche.










Risultati e riflessioni


I risultati si prestano ad alcune considerazioni interessanti. Dal punto di vista epidemiologico c’è consapevolezza della prevalenza della sindrome nella popolazione generale, ma spesso il carico di lavoro indotto è risultato sovrastimato. Se veniamo agli aspetti chiave della definizione delle sindromi funzionali è risultato inizialmente difficile accettare la presenza secondo i criteri Roma II di differenti sindromi caratterizzabili secondo sintomi cardini (sindrome dell’intestino irritabile, gonfiore addominale funzionale, stipsi funzionale, diarrea funzionale, dolore addominale funzionale), piuttosto che considerare tutto l’insieme delle patologie funzionali in un unico contenitore.
Addirittura sono stati i farmacisti stessi ad avere più chiaramente la percezione della centralità del dolore addominale nella definizione della sindrome dell’intestino irritabile. La fisiopatologia delle sindromi funzionali risulta ancora complessa, anche se i risultati del post test confortano nel verificare una disponibilità nell’accettare le ipotesi più moderne basate sull’ipersensibilità di tipo viscerale. La possibilità di considerare una diagnosi positiva di patologia funzionale basata sulla storia clinica piuttosto che operare una diagnosi puramente di esclusione attraverso accertamenti strumentali invasivi è stata dibattuta e accettata nel corso dell’incontro, per quanto in precedenza considerata un po’ avventurosa. Infine, sul versante terapeutico erano risultate decisamente meno conosciute le possibilità terapeutiche del dolore funzionale rispetto a quelle consolidate della stipsi.
Se confrontiamo i risultati dei farmacisti e quelli dei Mmg possiamo notare poche differenze nelle aree grigie (diagnosi e fisiopatologia in primis) e sostanzialmente la stessa capacità di appropriarsi degli argomenti del corso per modificare l’atteggiamento verso la visione attualmente più accreditata.
Questa positiva esperienza evidenzia che l’area delle cure primarie deve essere allargata e caratterizzata da uso di linguaggi e atteggiamenti comuni tra le componenti, basati sulle evidenze disponibili senza rinunciare alle peculiarità professionali di ciascun gruppo.