M.D. numero 26, 21 settembre 2005


Editoriale
Non basta dire qualità, bisogna incentivarla

Accessibilità all’ambulatorio, esperienza medica, rispetto degli orari di appuntamento, approccio terapeutico:
sono soltanto alcuni degli indicatori rispetto ai quali 8.486 studi di medici di famiglia inglesi sono stati valutati nella prima indagine condotta dal Nhs, il sistema sanitario pubblico d’Oltremanica, sulla qualità del servizio offerto.
Centocinquantatre diversi criteri in base ai quali il lavoro dei Mmg è stato esaminato con attenzione ed è stato promosso a pieni voti: una media di 959 punti su un massimo di 1.050. Il nuovo contratto dei medici di famiglia prevedeva che un pacchetto di incentivi premianti fosse vincolato a questo passaggio di verifica, ed ora
che la loro pratica professionale è risultata di ottima qualità operativa se ne vedranno i risultati in busta paga: oltre 290 milioni di euro di adeguamenti degli stipendi. E in Italia?
Si era molto discusso, con la cosiddetta riforma Bindi, di trovare forme per istituzionalizzare la verifica della performance del Servizio sanitario nazionale. Era stato questo, in seguito, uno dei primi compiti affidati all’Agenzia per i servizi sanitari regionali: verificare se e come i Livelli essenziali di assistenza fossero garantiti al cittadino. L’Agenzia, però, ha prodotto fino ad oggi dei survey qualitativi su alcuni peculiari aspetti
del Ssn senza, tuttavia, legare a queste ricognizioni alcun meccanismo premiante per i professionisti coinvolti.
Gli unici meccanismi rispetto ai quali c’è una valutazione sul singolo operato professionale è l’equilibrio di bilancio garantito dai Direttori generali, che sulla carta rischiano il posto qualora non lo raggiungessero, anche se i casi di avvicendamento per merito risultano decisamente inferiori a quelli dovuti allo spoil system (distribuzione delle cariche).
Sorvegliare sull’applicazione, sulla declinazione locale della convenzione per la medicina generale e sulla qualità del lavoro dei Mmg è un compito che in Italia è stato affidato alla Sisac.
Ma nell’ultimo testo convenzionale non si prevede certo di distribuire premi legati alla qualità, quanto piuttosto
si minacciano rescissioni dei rapporti convenzionali, paventate anche qualora il medico non accettasse di aderire a particolari modelli organizzativi proposti dalla Parte Pubblica. Per di più le uniche verifiche condotte, a colpi di Guardia di Finanza e di titoli sui giornali, hanno puntato su esami quantitativi di ricette e fustelle, come se il rapporto terapeutico tra un cittadino e il suo medico di fiducia, escludendo da queste considerazioni le poche gravi violazioni rilevate, si potesse ricondurre al semplice pallottoliere. Offriamo alla riflessione dei decisori italiani l’esperienza inglese, perché la qualità costa e solo nel nostro Paese sembra che nessuno se ne accorga mai.