M.D. numero 26, 21 settembre 2005

Contrappunto
Appropriatezza: punto nodale e linfa vitale per il Ssn
di Paolo Giarrusso, Medico di medicina generale, Palermo

L'appropriatezza è uno strumento indispensabile non solo in rapporto alla qualità delle prestazioni erogate, ma anche per la sopravvivenza stessa del Ssn. La continua precarietà delle risorse da investire in sanità non consente più a nessuno di chiamarsi fuori da un corretto e adeguato utilizzo dei mezzi a disposizione. Ai medici non mancano le possibilità “cognitive e applicative” per migliorare continuamente la qualità delle loro prestazioni. Ma tali possibilità non possono essere più prerogativa solo di alcune categorie di medici e di operatori sanitari. È necessario inoltre coinvolgere in tale processo anche i pazienti-assistiti. Interventi terapeutici e assistenziali impropri possono e devono essere modificati, ma ciò deve andare di pari passo con il controllo e la modifica delle richieste improprie.

L'istituzione del Ssn ha permesso di garantire meglio il diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Le innovazioni tecnologiche e i nuovi ritrovati farmaceutici hanno imposto e impongono, in base a documentate valutazioni basate sulla evidenza clinica e sulle prove scientifiche, che vi sia una razionalizzazione della prescrivibilità degli accertamenti diagnostici e/o una limitazione della dispensazione di alcune specialità farmaceutiche prevedendo la rimborsabilità solo per alcune precise condizioni patologiche ove l’evidenza ha dimostrato la comprovata efficacia.
La mission primaria del medico è quella di assicurare le migliori cure ai propri pazienti, ma è altrettanto vero che le modalità di erogazione e di rimborsabilità delle prestazioni sanitarie vengono decise dal “terzo pagante”, cioè da chi assicura la sostenibilità economica del sistema (che in Italia coincide quasi esclusivamente con il Servizio sanitario nazionale). Pertanto la conoscenza delle modalità di erogazione e di rimborsabilità delle prestazioni sanitarie divengono un preciso obbligo per tutti quei medici (universitari, ospedalieri, specialisti convenzionati, Mmg, ecc.) che prestano la loro opera in nome e per conto del Ssn.
La conoscenza della variabilità dei costi in sanità a parità di risultati deve, pertanto, essere ben chiara a tutti i vari operatori sanitari poiché ciò rappresenta uno dei fattori che rischia addirittura di compromette l’intera sostenibilità economica del Ssn, di quel sistema che almeno fino ad ora nel nostro Paese si è ispirato ai principi di universalità delle cure e di sussidiarietà nei costi.
Se fino a pochi anni fa nel modo di erogare le cure si doveva tenere conto solamente della malattia, del paziente e del medico, oggi invece bisogna sempre più tenere conto anche del problema di “chi” deve erogare le cure e delle esigue e limitate risorse a disposizione.
Ciò impone il dovere di sapere microallocare risorse nel trattamento delle singole fasi della storia naturale di una qualunque affezione patologica, tenendo ben presente oltre al possibile o reale vantaggio per il paziente anche dell’entità dei mezzi impiegati allo scopo.
Tutto ciò proprio perché attualmente solo il 20% circa dell’assistenza medica erogata è supportata da solide evidenze scientifiche (Sackett et al, 1997), e che almeno il 50% dei farmaci viene utilizzato in modo “irrazionale” (OMS, 2004).
Da qui l’enorme importanza per tutti noi di sapere operare scelte adeguate, ben consci che ad ognuna di queste corrisponde una microallocazione di risorse messa a disposizione dai contribuenti italiani attraverso il Ssn.
Proprio per questo motivo appare indispensabile operare appropriatamente, laddove per appropriatezza si intenda una decisione medica che riesca a coniugare efficacia con efficienza (non dimenticando che l’efficacia è la capacità di eseguire un atto medico in modo professionalmente corretto e che l’efficienza è la capacità di eseguire l’intervento desiderato con maggior risparmio di risorse di tempo e di denaro).
La rilevanza di queste problematiche nell’attività medica è tale che anche il Codice Deontologico (titolo II, Capo IV, art. 12 - Prescrizione e trattamento terapeutico) si è dovuto adeguare sottolineando come: “Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente”.
Tutto ciò è stato sancito dalla legge di riordino del Ssn del 1992 (DL 502 del 30.12.1992), all’art. 15-decies: obbligo di appropriatezza che “obbliga tutti gli operatori sanitari operanti a qualsiasi titolo nel Ssn di ricettare in modo appropriato con il ricettario unico del Ssn, adeguandosi alle normative prescrittive”.

Legge e realtà


Ma quanto di tutto ciò è stato recepito e realizzato nella realtà quotidiana? Sono state individuate e codificate le variabili che incidono in modo rilevante sulle modalità di erogazione delle cure e sono stati messi a punto gli strumenti per migliorare le nostre performances?
La risposta è conosciuta da tutti ed è al cento per cento negativa. Ciò è da attribuire anche al fatto che le variabili nei processi di cura sono svariate e possono essere legate direttamente alla malattia come:

  • le variabili epidemiologiche (una patologia può essere più o meno frequente);
  • le variabili cliniche (una patologia può manifestarsi con intensità e fattori casuali diversi).
Oppure legate ai pazienti: diverse abitudini, diversi livelli di conoscenza, diverse preferenze, ma anche al medico: diverse esperienze, diverse abitudini, diversi livelli di conoscenza, diverse correnti di pensiero.
Senza poi dimenticare quelle insite nelle diverse tipologie di servizio sanitario: pubblico/privato; al tipo di struttura erogatrice: ospedale/territorio.
Alcune di tali cause non appaiono modificabili, per esempio quelle legate alle malattie, altre invece sono e dovrebbero essere modificate (cause legate al paziente, ai medici e al servizio).

Fattori modificabili


Sulle singole performances dei vari operatori possiamo intervenire riducendo gli interventi impropri con l’identificazione di interventi appropriati attraverso l’applicazione di Linee Guida (semplici raccomandazioni consigliate da esperti su una specifica forma patologica o su un comportamento da tenere), o applicando i Percorsi clinico assistenziali (cioè adattando alle circostanze locali linee guida preventivamente condivise, precisando ruoli e competenze delle singole professionalità coinvolte nella risposta assistenziale) o imponendo protocolli (procedure vincolanti che devono essere eseguite sempre da tutti gli operatori sanitari).
In un momento storico come il nostro in cui le risorse destinate alla sanità sono sempre più limitate rispetto ai crescenti bisogni assistenziali della popolazione, il ricorso a simili interventi è più che giustificato poiché in tale contesto eseguire interventi appropriati rappresenta una delle poche modalità che possano impedire l’inevitabile implosione del Servizio sanitario nazionale.
In tal senso pertanto l’appropriatezza appare qualcosa che va oltre il semplice governo clinico o il semplice strumento di gestione, ma rappresenta addirittura una modalità che possa permettere la sopravvivenza stessa del Servizio sanitario nazionale.
Un’istituzione che va difesa e potenziata essendo una conquista sociale fondamentale per tutti i cittadini e che, ispirandosi ai quei principi di universalità e sussidiarietà delle cure, rappresenta una delle conquiste più lungimiranti dell’evoluzione del welfare negli Stati dell’Europa Occidentale del Novecento.