M.D.
numero 26, 21 settembre 2005
Clinica
Sindrome metabolica: unopportunità
per il medico di famiglia
di Massimo Bisconcin - Medico di medicina generale,
Quarto dıAltino (VE) - Dipartimento di Ricerca AIMEF
La gestione della sindrome metabolica è una grande
sfida per la medicina di famiglia: è definita da un insieme
di semplici parametri, spesso già conosciuti, cui si
aggiunge, questa è la vera novità culturale, la
misurazione della circonferenza addominale
Il
medico di famiglia ha bisogno di un nuovo strumento di lavoro.
In realtà, stavolta, non si tratta affatto di uno strumento
tecnologico e - a onor del vero - lo strumento non è
nemmeno nuovo. Si tratta di un comune metro di fettuccia, detto
anche metro da sarta. Il metro è sempre stato uno strumento
ambulatoriale, ma certamente esso è stato utilizzato
più di rado e, generalmente, è stato utilizzato
maggiormente in ambito ortopedico.
Recenti studi sul metabolismo e sulla malattia aterosclerotica,
invece, lo ripresentano come un indispensabile complemento da
camice o quantomeno da scrivania, accanto al fonendoscopio e
allo sfigmomanometro.
A proposito della cosiddetta sindrome metabolica, infatti, il
metro su fettuccia torna a assumere una fortissima implicazione
e un rinnovamento culturale degno di nota.
Il medico di famiglia si trova nella posizione ideale per appropriarsi
in toto della gestione della sindrome metabolica, dal momento
che essa è definita da un insieme di parametri veramente
semplici, il più delle volte già conosciuti e
presenti nella cartella clinica del paziente, cui si aggiunge,
e questa è la vera novità culturale, la misurazione
della circonferenza addominale.
Questa semplice manovra, operata in piedi, ad addome nudo e
a livello della linea ombelicale trasversa, aggiunge un elemento
in più, sia sullassetto relazionale tipico del
rapporto medico-paziente in medicina di famiglia sia sullassetto
clinico, in quanto aggiunge un ulteriore parametro clinico alla
registrazione obiettiva dei dati del paziente. La sindrome metabolica
è stata descritta circa ottantanni orsono, come
insieme di fattori concorrenti allaumento del rischio
cardiovascolare. Tuttavia, è solo dal 1998 che si sta
cercando di darne una definizione internazionale universalmente
riconosciuta.
Innovazioni dellInternational Diabetes Federation
Unulteriore svolta culturale si è avuta anche nel
2005, quando lInternational Diabetes Federation (IDF)
ha riproposto in senso piuttosto restrittivo le prime indicazioni
riportate inizialmente dallOrganizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) e poi dal NCEP ATP III (National Cholesterol
Education Program - Third Adult Treatment Panel).
A parte alcune variazioni di parametri metabolici (tabella 1),
la sostanziale innovazione introdotta dallIDF è
stata la riduzione del livello di soglia della circonferenza
addominale per considerare un paziente affetto da sindrome metabolica:
da 102 cm (88 cm per le donne) dellATP III si è
passati ai 94 cm (80 cm per le donne) dellIDF.

Come
si vede dalla tabella 1, il parametro di maggior rilevanza che
viene modificato dalle conclusioni dellIDF è la
circonferenza addominale.
Secondo i criteri dellIDF, un paziente è classificato
come sofferente di sindrome metabolica quando, oltre a presentare
la cosiddetta obesità centrale (vedi circonferenza
addominale), evidenzia anche due o più fattori alterati
tra i rimanenti (trigliceridi, pressione arteriosa, C-HDL, glicemia).
È fin troppo evidente dalla comune pratica clinica che
il numero dei pazienti affetti da sindrome metabolica è
veramente elevato. In realtà esistono anche dei cosiddetti
fattori correttivi etnici, ma questi riguardano
il solo parametro dellobesità centrale (tabella
2). Questa differenziazione etnica è opportuna in virtù
della progressiva globalizzazione dei contatti medici dovuta
allalta mobilità della popolazione mondiale.
La sfida culturale
La sindrome metabolica, soprattutto quando si arriverà
a una sua chiara e condivisa definizione a livello mondiale,
rappresenta contemporaneamente un vecchio e un nuovo approccio
al paziente per il medico di famiglia. Il vecchio approccio
riguarda i parametri considerati: sono molto comuni e da sempre
costituiscono quotidiano materiale di colloquio tra medico e
paziente. Nuovo approccio perché proprio la contemporaneità
dei parametri pone le condizioni per un approccio globale, quale
appunto quello tipico della nostra disciplina. Ecco quindi che
il metro in fettuccia viene ad assumere quasi una valenza totemica,
una valenza di strumento che serve a rafforzare il ruolo del
medico e levoluzione del rapporto tra lui e il paziente.
Misurare laddome al paziente in ambulatorio è più
semplice che spogliarlo e pesarlo (tabella 3) e quindi è
più semplice evidenziare un momento di riflessione e
iniziare metodiche di counselling volto a modificare comportamento
e stili di vita e/o linstaurazione di una vera e propria
terapia medica. Le recenti acquisizioni (sul reale valore delle
quali non si entra nel merito) relative alla prescrizione farmacologica
delle statine secondo la nota 13, ma anche le linee guida sullipertensione
arteriosa, stanno abituando il medico a ragionare secondo algoritmi
matematici, derivati da osservazioni seriate su grandi numeri
di pazienti. Il posizionamento di un paziente in uno score di
rischio sta diventando comune pratica clinica e riflette sicuramente
lattuale tendenza generalizzata a quantificare, a misurare,
ad assegnare un valore numerale, confrontabile e processabile
molti aspetti della vita biologica (ma anche sociale) delle
persone. Questa tendenza può essere passivamente subita,
e trasformare la relazione medico-paziente in un rapporto contabile,
alla stregua di un estratto conto bancario, oppure governata
e usata come strumento per migliorare il rapporto stesso.
La sindrome metabolica, quindi, ancorché non certamente
definita, è una grande sfida culturale per la medicina
di famiglia, anzi la nostra disciplina è potenzialmente
quella dotata di maggior capacità descrittiva e di raccolta
di dati: non deve sfuggire che la piena padronanza delle cifre
può trasformare il medico da scienziato tecnocrate ad
umanista olistico, e quindi contribuire a ridare la dignità
che, anche per colpa nostra, stiamo perdendo per strada.