M.D. numero 25, 14 settembre 2005

Rassegna
Asma e BPCO: patologie a confronto
di Gennaro D’Amato - Direttore Unità Operativa Complessa di Malattie Respiratorie e Allergiche
Azienda Ospedaliera ad Alta Specialità di Rilievo Nazionale “A. Cardarelli”, Napoli

Anche se l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva presentano alcune similitudini, le loro espressioni patologiche differiscono in termini di meccanismi cellulari, mediatori dell’infiammazione, effetti della flogosi e risposta al trattamento. Inoltre le due patologie possono coesistere in uno stesso paziente, complicando ulteriormente il quadro clinico

Analizzando i risultati degli studi epidemiologici, i fattori di rischio, la morfologia delle vie aeree, la funzione polmonare e i marcatori dell’infiammazione a carico delle vie aeree, si può notare che asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) presentano alcune similitudini, ma le loro espressioni patologiche differiscono considerevolmente in termini di meccanismi cellulari, mediatori dell’infiammazione, effetti della flogosi e risposta alla terapia.
Occorre inoltre tenere presente che circa il 10% dei pazienti con BPCO presenta anche asma, e che l’asma, cronicizzando e perdendo le caratteristiche di reversibilità, può complicarsi con l’insorgenza di BPCO. Questi aspetti contribuiscono a confondere il quadro.

Confronto tra fattori di rischio di insorgenza di asma e BPCO


L’asma inizia generalmente nell’infanzia, ma - ad eccezione dell’asma occupazionale - i fattori di rischio per la sua insorgenza nel bambino piuttosto che nell’adulto sono molto simili.
Il substrato allergico-atopico, che è frequentemente legato a un’anamnesi familiare, costituisce un fattore di rischio per l’asma nell’infanzia. Fattori operanti già nella vita intrauterina e durante il periodo neonatale influenzano la possibilità dello sviluppo dell’asma; essi includono, tra l’altro, il fumo materno in gravidanza e il basso peso alla nascita.
È stata inoltre osservata una correlazione fra livelli di IgE nel siero e intensità dell’ipereattività bronchiale anche in soggetti asintomatici. Come è noto l’ipereattività bronchiale, che costituisce una peculiarità dell’asma e che è evidenziabile con appropriate indagini funzionali respiratorie utilizzando agonisti aspecifici come la metacolina, spesso precede lo sviluppo di asma sintomatico. D’altra parte, quanto più grave è l’iperresponsività bronchiale, tanto più severi saranno i sintomi e più marcata risulterà la caduta del volume espiratorio massimo al primo secondo (FEV1).
Ovviamente, l’esposizione agli allergeni specifici costituisce, negli atopici-allergici, il momento che scatena le crisi di asma bronchiale.
L’esposizione indiretta al fumo di tabacco durante l’infanzia ha un effetto dose-correlato sul rischio di sviluppare asma, mentre il fumo attivo in età adulta è generalmente identificato come un fattore di rischio per l’insorgenza tardiva dell’asma oltre che di BPCO.
A tale proposito va ricordato che è stato suggerito che le infezioni insorte nella prima infanzia potrebbero conferire protezione contro la sensibilizzazione allergica a causa di risposte immunitarie coinvolgenti le cellule T helper di tipo 1 (Th1), mentre il venire meno di tali stimoli infettivi costituirebbe un elemento favorente la risposta di tipo Th2 e lo sviluppo dell’atopia.
Il fumo di sigaretta costituisce invece il rischio maggiore per lo sviluppo di un’ostruzione bronchiale fissa nei pazienti con BPCO.
In media i fumatori perdono la funzione polmonare a una velocità più che doppia rispetto ai non fumatori e circa il 15% dei fumatori tende a sviluppare i sintomi della BPCO. Il fumo di sigaretta è certamente il più importante fattore favorente il declino della funzione polmonare e dello sviluppo di BPCO dopo i 35 anni d’età, ma, in maniera del tutto indipendente dal fumo di sigaretta, anche l’iperresponsività bronchiale è un importante predittore di un accelerato declino della funzione polmonare e, di conseguenza, di rischio di BPCO.
È quindi logico supporre che sia l’asma sia l’iperresponsività bronchiale costituiscano dei predittori indipendenti dello sviluppo di BPCO, anche se non si conosce ancora se e come essi interagiscano con il fumo di sigaretta in tale sviluppo.
Nei non fumatori, lo sviluppo di un’ostruzione bronchiale fissa è legato in parte all’enfisema polmonare, che insorge a causa dell’azione dei prodotti tossici dell’infiammazione, quali, tra gli altri, le proteasi, gli ossidanti e taluni peptidi, in soggetti con meccanismi di difesa ridotti nei confronti di tali prodotti, oppure per uno squilibrio fra i processi distruttivi e quelli riparativi a livello tessutale. Una fibrosi peribronchiolare con restringimento delle vie aeree periferiche è un altro meccanismo per lo sviluppo di un’ostruzione bronchiale irreversibile nella BPCO. È possibile che un’infezione cronica da Adenovirus possa portare a un aumento del danno infiammatorio, predisponendo in tal modo l’ostruzione a carico delle piccole vie aeree. La colonizzazione batterica cronica può giocare un ruolo similare. Per esempio, le endotossine batteriche possono aumentare le attività profibrotiche.

Cellule infiammatorie e patologia


Nell’asma e nella BPCO vi è evidenza di infiammazione delle vie aeree anche in condizioni di stabilità clinica. Tuttavia, il tipo e la causa di questa infiammazione, così come l’estensione e le conseguenze del processo infiammatorio, sono differenti nell’asma rispetto alla BPCO.
Processi infiammatori coinvolgenti la parete delle vie aeree appaiono essere importanti, predominando l’interessamento delle vie aeree periferiche nella BPCO e quello delle vie aeree centrali, ma non solo, nell’asma. Le conte cellulari differenziali hanno dimostrato che le cellule CD45+ (ovvero, i linfociti totali) aumentano significativamente sia nell’asma sia nella BPCO, ma anche che la distribuzione delle altre cellule è diversa nelle due patologie.
L’infiammazione delle vie aeree nell’asma è caratterizzata tipicamente da un’inflitrazione eosinofila con un aumento di queste cellule che appaiono attivate e degranulate nelle biopsie bronchiali, nel BAL e nell’espettorato indotto. Vi è anche un aumento dei T linfociti CD4+ (cellule T-helper tipo 2) che sembrano orchestrare l’infiammazione eosinofila e dei mastociti degranulati, che sottendono le rapide ed episodiche risposte broncospastiche caratteristiche dell’asma.
Uno sfaldamento epiteliale è riscontro comune nelle biopsie di vie aeree asmatiche e può essere la conseguenza dell’infiammazione eosinofila.
L’infiammazione interessa tutte le vie aeree, ma non il parenchima polmonare. La fibrosi è quasi del tutto assente e, in ogni modo, limitata a livello sottoepiteliale, dove è visibile anche nei pazienti con asma molto lieve e a inizio recente. Va comunque posto in evidenza che i pazienti con asma grave presentano una più alta concentrazione di neutrofili nel liquido di lavaggio bronchiale rispetto ai pazienti con asma lieve o moderato. Inoltre, l’asma fatale a insorgenza improvvisa può essere associato con limitata presenza di eosinofili e relativamente più neutrofili nella sottomucosa delle vie aeree. Questi riscontri suggeriscono la presenza di una distinta entità patologica, ritrovabile più verosimilmente nei pazienti con malattia grave e caratterizzata da infiammazione neutrofila invece che eosinofila.
Il quadro patologico della BPCO è completamente differente. Nelle vie aeree di calibro maggiore vi è evidenza di infiammazione neutrofila piuttosto che eosinofila e ugualmente aumentato è il numero di neutrofili nel BAL.
L’espettorato indotto dimostra un aumento caratteristico della percentuale di neutrofili che è maggiore nei pazienti con BPCO rispetto ai fumatori senza ostruzione bronchiale.
Comunque, percentuali comparabili di neutrofili sono state trovate nell’espettorato indotto di pazienti con asma stabile e in fumatori con bronchite. I marcatori dei granulociti, soprattutto mieloperossidasi e lectina neutrofila, sono degranulati attivamente. Inaspettatamente, vi è anche un aumento delle proteine basiche eosinofile (proteine cationiche eosinofile e perossidasi eosinofila) nell’espettorato di tali pazienti, benché non vi sia aumento del numero degli eosinofili.
Occorre però considerare che gli eosinofili degranulati potrebbero non essere identificati. La degranulazione degli eosinofili può essere favorita dall’elastasi neutrofila. Le biopsie bronchiali hanno dimostrato un infiltrato con cellule mononucleari, T linfociti CD4+ e particolarmente CD8+, piuttosto che con neutrofili, il che suggerisce che i neutrofili passano rapidamente dal circolo nel lume delle vie aeree.
Le biopsie degli ex fumatori dimostrano un simile processo infiammatorio, il che fa ipotizzare che la flogosi possa persistere nelle vie aeree una volta che si è stabilita. Cambiamenti cellulari simili sono ritrovabili nel parenchima polmonare, con una predominanza di macrofagi e di cellule T CD8+ nei siti di distruzione parenchimale.
Diversamente da quanto avviene nell’asma, nella BPCO gran parte dei cambiamenti patologici avvengono nelle vie aeree periferiche, dove è riscontrabile anche fibrosi, che evolve in una bronchiolite obliterante.
Non vi è sfaldamento epiteliale nella BPCO, ma piuttosto metaplasia. L’ipersecrezione mucosa è un aspetto preminente della BPCO, con metaplasia delle ghiandole sottomucose e delle cellule a canestro, mentre questo è un aspetto meno pronunciato nell’asma. I macrofagi possono svolgere un ruolo importante nel guidare il processo infiammatorio nella BPCO e possono rilasciare i fattori chemiotattici dei neutrofili e anche gli enzimi proteolitici. I macrofagi possono essere attivati dal fumo di sigarette e da altri irritanti inalati. Essi possono aumentare da 5 a 10 volte nel BAL dei pazienti con BPCO e sono concentrati nelle zone centroacinari dove l’enfisema è più marcato.
Inoltre, l’entità della distruzione parenchimale è correlabile con il numero dei macrofagi e con quello dei linfociti T, ma non con quello dei neutrofili, nella parete alveolare. I macrofagi possono essere responsabile della continua attività proteolitica nei polmoni dei pazienti con enfisema.
È possibile che lo specifico tipo di infiammazione delle vie aeree nell’asma e nella BPCO sia responsabile del peculiare andamento delle anomalie funzionali polmonari.

Mediatori dell’infiammazione bronchiale


Nell’asma sono stati implicati numerosi mediatori, tutti potenziali bersagli di trattamento farmacologico. I cisteinil-leucotrieni sono predominantemente broncocostrittori nell’asma e derivano prevalentemente da mastociti ed eosinofili. Istamina, prostaglandine e chinine possono ugualmente contribuire alla broncocostrizione nell’asma.
I riflessi colinergici possono essere attivati da questi mediatori infiammatori, particolarmente dalle chinine. Al contrario, vi sono solo pochi mediatori broncocostrittori rilasciati nelle vie aeree dei pazienti con BPCO e il tono colinergico è verosimilmente la sola componente reversibile dell’ostruzione bronchiale.
Il leucotriene B4 (LTB4) è verosimilmente più importante nella BPCO che nell’asma e ha una potente azione chemiotattica. Elevati livelli di LTB4 sono stati ritrovati nell’espettorato indotto di pazienti con BPCO.
Le citochine dell’asma differiscono da quelle coinvolte nella BPCO. Nell’asma atopico la IL-4 e la IL-13 sono indispensabili per la sintesi di IgE, mentre la IL-5 è critica per l’infiammazione eosinofila. Le citochine chemiotattiche per gli eosinofili (chemochine CC), quali l’eotaxina e il RANTES, sono ugualmente importanti nell’infiammazione asmatica e reclutano in maniera selettiva gli eosinofili attivati dal circolo nelle vie aeree. Nella BPCO, IL-8 è predominante e ha attività chemiotattica selettiva per i neutrofili. I livelli di IL-8 nell’espettorato indotto si correlano con l’entità dell’infiammazione neutrofila e con la gravità della malattia (modificazioni rispetto al teorico del FEV1).
Lo stress ossidativo è una caratteristica sia dell’asma sia della BPCO, ma è più importante nella BPCO, probabilmente a causa del notevole aumento nei macrofagi attivati e dei neutrofili in questa patologia e dell’effetto del fumo di sigaretta, che induce un importante stress ossidativo.

Enzimi


La presenza della flogosi sia nell’asma sia nella BPCO spiega la presenza di numerosi enzimi infiammatori in queste due patologie. Nell’asma è soprattutto la triptasi dei mastociti a giocare un ruolo importante, contribuendo in modo significativo all’ipereattività bronchiale, che, come abbiamo già detto in precedenza, costituisce una condizione caratteristica di questa malattia.
Si ritiene altresì che tale enzima influenzi alcuni aspetti del rimodellamento delle vie aeree. Nella BPCO predomina l’attività delle proteasi, di cui diverse sono coinvolte nella distruzione del parenchima polmonare, e uno squilibrio fra proteasi e antiproteasi endogene. Fra le proteasi coinvolte, va ricordata l’elastasi neutrofila che, sebbene rappresenti il maggior meccanismo dell’elastolisi nei pazienti con deficit di alfa-1-antitripsina, non è il principale enzima elastolitico nella BPCO correlata al fumo.
Altri enzimi coinvolti nella BPCO sono le catepsine e le metalloproteinasi di matrice (MMP), queste ultime prodotte da diverse cellule infiammatorie, inclusi i macrofagi e i neutrofili.
Nel BAL di pazienti con enfisema sono stati ritrovati aumentati livelli di collagenasi (MMP-1) e di gelatinasi B (MMP-9), mentre nel parenchima di pazienti con enfisema vi è un marcato aumento nell’espressione e nell’attività di MMP-2 e MMP-9 rispetto al normale. I macrofagi presenti nel BAL di pazienti con enfisema esprimono più MMP-9 e MMP-1 delle cellule dei soggetti di controllo, il che suggerisce che queste cellule, piuttosto che i neutrofili, rappresentano la loro maggiore fonte cellulare. I livelli di MMP sono bassi nei pazienti asmatici e derivano in maniera predominante dagli eosinofili. Questo spiega verosimilmente perché la distruzione parenchimale non sia un aspetto importante nell’asma.

Alterazioni della funzione polmonare


L’ostruzione delle vie aeree e l’iperreattività bronchiale sono importanti caratteristiche dell’asma e della BPCO.
Nell’asma, la limitazione del flusso aereo è reversibile, benché si possa sviluppare negli anni una componente irreversibile quando l’infiammazione persiste in associazione con ripetute esposizioni agli allergeni o a fattori occupazionali. Va sottolineato che la reversibilità è correlata negativamente con la sopravvivenza nei pazienti asmatici. È stato infatti documentato che i pazienti con una reversibilità maggiore del 50% hanno un rischio di morire per asma che è 7 volte maggiore di quello dei soggetti con una reversibilità inferiore al 25%.
Nella BPCO, la limitazione, particolarmente al flusso espiratorio, è solitamente, ma non sempre, persistente e mostra tipicamente un deterioramento con l’età che è più rapidamente progressivo di quanto avviene nel soggetto normale. Vi è, in ogni caso, difficoltà nel distinguere con certezza le differenze esistenti fra i soggetti con BPCO che mostrano un certo grado di reversibilità dell’ostruzione bronchiale e quei soggetti asmatici più anziani la cui ostruzione è diventata più fissa. Vi possono essere anche quadri misti di asma e BPCO coesistenti nello stesso paziente.
Il miglioramento del flusso aereo dopo somministrazione di un broncodilatatore inalatorio è spesso usato in ambiente clinico, nonché in quello di ricerca, per differenziare l’asma dalla BPCO. L’opinione di molti ricercatori è che l’assenza di un aumento del FEV1 di almeno il 15% rispetto al valore iniziale dopo inalazione di un broncodilatatore escluda la diagnosi di asma, mentre la presenza di tale miglioramento sarebbe specifica ed escluderebbe altre patologie come la BPCO.
Può però capitare che le risposte acute del FEV1 e della capacità vitale forzata (FVC) dopo l’assunzione di una dose standard di un broncodilatatore inalatorio non siano né sufficientemente sensibili né sufficientemente specifiche per differenziare l’asma dalla BPCO solo in base alla spirometria. È altresì noto che vi sono momenti in cui il paziente asmatico presenta una funzione respiratoria del tutto normale e altri in cui l’ostruzione non risponde in maniera soddisfacente all’assunzione acuta di un broncodilatatore b-2-stimolante.
Nei pazienti con BPCO vi è un’ampia variazione di risposta ai b2-agonisti, così come agli altri broncodilatatori. A causa di tale variabilità, le dosi convenzionali di questi farmaci potrebbero essere troppo basse in alcuni casi e, per questo motivo, incapaci di indurre broncodilatazione. È stato dimostrato, per esempio, che pazienti con BPCO non responsivi a 200 µg di salbutamolo per via aerosolica, presentano una certa broncodilatazione quando la dose del farmaco è aumentata gradualmente. Comunque nella BPCO è ritardato rispetto a quello riportato per i soggetti asmatici il momento in cui compare la risposta al b2-agonista, che, come già detto, è comunque molto meno intensa.
Molti pazienti affetti da asma o da BPCO sono iperresponsivi all’inalazione di istamina e di metacolina. In particolare, i pazienti con BPCO sono maggiormente responsivi all’istamina che non alla metacolina, mentre i pazienti con asma sono ugualmente responsivi a questi due stimoli. Solo il 10% della popolazione con BPCO risponde all’iperventilazione con aria fredda rispetto al 96% della popolazione con asma. La correlazione della risposta alla metacolina con quella all’iperventilazione di aria fredda è molto buona nei pazienti asmatici, ma è inesistente in quelli con BPCO.