M.D. numero 25, 14 settembre 2005

Focus on
Mali “federali” di stagione per la sanità
di Monica Di Sisto

Con l’autunno alle porte tornano i dolori per il Servizio Sanitario Nazionale. Nuove sfide lo attendono dopo la pausa estiva e il problema del sottofinanziamento regna sovrano

Duentità del debito pubblico e l’esiguità delle risorse disponibili non possono che destare più di qualche preoccupazione per il futuro del nostro Ssn. Ci sarebbe molto da fare, in particolare per ridurre le liste d’attesa. Non soltanto operazioni
hi-tech in grande stile, quali quelle annunciate sotto l’ombrellone dal ministro della Salute Francesco Storace per tagliare le liste d’attesa. C’è chi, ancora una volta, suggerisce di scommettere sui medici di medicina generale. Ma nel frattempo le convenzioni a livello regionale e aziendale sono ancora per la maggior parte al palo.
Dal 2002 al 2004 i Governatori hanno caricato sulle spalle dei propri cittadini un debito per la salute di ben 158,28 euro ciascuno, dovuto per oltre il 40% a due sole Regioni: Campania e Lazio. Parola della Corte dei Conti che, in piena estate, ha presentato la radiografia dei conti italiani, puntando il dito contro il sottofinanziamento cronico dei livelli essenziali d’assistenza, i cui costi lievitano di anno in anno. A poco sembra essere servito il nuovo patto di stabilità siglato a marzo tra Governo e Regioni. Da quando è entrato in vigore le Regioni hanno accumulato complessivamente 9,16 miliardi di debiti sanitari e le spese complessive crescono del 5,4% rispetto al 2003.
Il vero nodo resta quello del sottofinanziamento dei livelli essenziali di assistenza, il tutto a dispetto degli aumenti del Fondo sanitario nazionale: nel 2002 il Fsn costava ai contribuenti 76,7 miliardi di euro, nel 2004 siamo arrivati a 81,8. Eppure sembra che i soldi non bastino mai: per il 2005 si annuncia un nuovo sfondamento del budget da 4-5 miliardi di euro nonostante, segnalano i magistrati dei conti pubblici, ci sarebbe ancora tanto da razionalizzare e da mettere a punto: sotto accusa i ricoveri inappropriati e il controllo di gestione, dove costi e benefici non sempre sono valutati con accuratezza.

Una Finanziaria annunciata


“Le veline che, in forma anonima, fanno sapere a mezzo agenzie di stampa che le risorse per la sanità non possono essere aumentate, stracciano come coriandoli il Dpef. Sono sicuro che non è l'opinione del ministro Siniscalco che mi ha fornito ampie rassicurazioni”. Il ministro della Salute Francesco Storace mette le mani avanti: i soldi per la salute degli italiani si debbono trovare. Anche perché il ministro, infaticabile pure nei mesi estivi, si è già esposto anche con Farmindustria. Dopo essere intervenuto al congresso degli industriali del settore, Storace ha inserito le politiche per il farmaco accanto alla lotta per la riduzione delle liste d’attesa, alla sanità veterinaria e alla sicurezza alimentare tra i capitoli di investimento prioritari del proprio dicastero in vista della legge Finanziaria.
Nonostante un Dpef molto generico, l’unica certezza è che l’economia italiana è stretta tra due urgenze: il rispetto della raccomandazione europea che ha chiesto all’Italia una correzione del deficit pari allo 0.8% del prodotto interno lordo nel 2006 e altrettanto nel 2007, e la necessità di rilanciare la crescita. Per ridurre il disavanzo servono 11,5 miliardi di euro, il ministro Domenico Siniscalco ha parlato informalmente di una Finanziaria da 17,5 miliardi di euro, mentre il consigliere economico di Forza Italia Renato Brunetta ha chiesto a mezzo stampa ben più dei 6 miliardi di margine prospettati dal ministro dell'Economia per rilanciare l'economia. “Si può fare qualcosa di più sul fronte dei tagli alla spesa corrente per destinare maggiori risorse a favore dello sviluppo”, ha sottolineato Brunetta. Ed è evidente che tra le più impegnative voci di spesa corrente che le casse dello Stato affrontano ogni anno c’è il trasferimento di risorse alle Regioni per servizi sociali e sanitari.

La sfida delle liste d’attesa


Nonostante le ristrettezze, il neoministro Francesco Storace punta in alto, e annuncia un Ddl che garantisca livelli omogenei d’accesso al Ssn e tagli le liste d’attesa in tutta Italia. La chiave di volta del nuovo sistema, secondo Storace, dovrebbe essere uno “strumento tecnologico e normativo” che permetta alle Regioni di realizzare un assetto produttivo del Sistema sanitario più equilibrato da Nord a Sud. Si tratterebbe di far transitare più massicciamente i cittadini, attraverso medici di famiglia e addetti alla medicina d’urgenza, verso laboratori, radiologie e strutture ospedaliere in grado di fornire la prestazione in tempi brevi. Il Governo sta anche valutando la possibilità di promuovere in tempi brevissimi la realizzazione dei Centri unici di prenotazione (Cup) in quelle Regioni che oggi ne sono sprovviste.
Il Tribunale del Malato plaude all’iniziativa: “Fa bene il ministro - ha dichiarato il segretario nazionale Stefano Inglese - a cancellare lo sconcio delle liste bloccate e delle agende chiuse. Un maggiore ricorso ai centri unici di prenotazione, con un ruolo di maggiore responsabilità per medici di medicina generale e pediatri di famiglia, anche nell'individuazione del diverso grado di urgenza delle visite e degli esami richiesti, può contribuire a migliorare l'efficienza del sistema a parità di risorse investite. Lo dimostra già oggi l'esperienza di alcune Regioni”.
Inglese ha evidenziato la necessità di un’alleanza strategica con Governatori e amministratori: “Di provvedimenti sulle liste di attesa negli ultimi anni ne abbiamo visto più di uno - ha ricordato - tante parole, ma poco o nulla di concreto. Ora è il momento dei fatti e l'adesione convinta delle Regioni è parte integrante di questa operazione”.

Nuovo modello: l’importanza degli accordi regionali


“Senza uno specifico finanziamento aggiuntivo da parte dello Stato, ben poco potrà essere ottenuto da Regioni che hanno chiuso il 2004 in grave deficit”: a lanciare il sasso nello stagno è il responsabile Cgil per la salute Roberto Polillo. Qualora poi lo Stato, secondo il sindacalista, “fosse disposto a stanziare un quantitativo di risorse realmente sufficienti a garantire i livelli delle prestazioni, tale misura non sarebbe ancora sufficiente al raggiungimento del risultato atteso”. Per questo risultato Polillo guarda alla Gran Bretagna, e al varo di un vero programma nazionale che preveda un nuovo modello di erogazione delle cure e di organizzazione dei servizi.
“In particolare - spiega Polillo - l’abbattimento delle liste di attesa nel Regno Unito è stato realizzato non solo attraverso un rafforzamento del fondo sanitario, ma anche con la predisposizione di uno specifico piano nazionale mirato al potenziamento delle cure primarie con la costituzione delle primary care trust, il cui compito è quello di erogare una molteplicità di servizi grazie anche alla istituzione di nuove figure professionali, tra i quali medici di famiglia con competenze specialistiche certificate. In secondo luogo la creazione di apposite strutture di erogazione dei servizi integrati ad accesso facilitato (walk-in) per tutte le urgenze differibili e per le prestazioni specialistiche. Infine l’istituzione di un numero unico nazionale per le prenotazioni di tutte le prestazioni e valido per tutto il territorio (Nsh direct)”. Polillo ricorda anche la costruzione di 64 nuovi ospedali, e di numerose strutture per le cure di tipo intermedio, e sottolinea “l’importanza del potenziamento degli istituti di partecipazione dei cittadini per la valutazione della qualità dei servizi resi”.
Insomma, un intervento complesso e costoso a fronte del quale, in Italia, mancano sia i soldi, sia, al momento, l’agibilità amministrativa. A ciò si aggiunge il fatto che livello regionale di contrattazione della Convenzione per la medicina generale procede molto lentamente. Se il Tar del Lazio ha respinto per difetto di giurisdizione il ricorso dello Snami che chiedeva la riapertura del livello nazionale, i tavoli locali vanno avanti a rallentatore anche perché tutti i decisori, dai Governatori ai Direttori generali, vogliono aver ben chiaro il quadro delle risorse disponibili prima di stabilire quanto investire.

Lo stato dell’arte


E' stata la Regione Lombardia a dare per prima l’inizio alle trattative fissando già dal 10 giugno una tabella di marcia con la Fimmg. Nell’incontro del 14 luglio sono state concordate le scadenze per gli arretrati e gli adeguamenti. Per l’anno 2005 si reitera il fondo di incentivazione per la qualità dello studio e, fatto importante, da settembre dovrebbero partire i team propedeutici all’accordo 2006 da concludere entro il prossimo dicembre su temi “sensibili” quali forme associative, ruolo della continuità assistenziale, carico burocratico ecc.
A luglio ha aperto le danze anche la Regione Toscana e il Piemonte quest’ultimo con l’individuazione degli obiettivi da raggiungere con l’accordo decentrato. Qualche iniziativa in merito si registra anche nella Regione Marche con la riunione di tavoli tecnici. In Puglia, Regione e sindacati hanno raggiunto un intesa ad inizio agosto sulle modalità di applicazione della parte economica del nuovo Acn per tutte le categorie interessate.
Le indicazione sulle nuove competenze economiche, redatte dalla Regione Veneto assieme alle convocazioni per mettere a punto l’accordo regionale, hanno preso il via subito dopo la firma del nuovo Acn e con esse anche il ricorso dello Snami per non essere stato convocato. Ricorso respinto dal giudice del lavoro di Venezia.
Secondo i dispositivi convenzionali, i servizi e i relativi aumenti dovranno comunque essere assicurati - al livello stabilito dalla Sisac in caso di regime sostitutivo - dopo 6 mesi dall’entrata in vigore dell’Acn, decorsi lo scorso luglio, e altri 6 mesi e mezzo previsti per le procedure di garanzia. I soldi, quindi, saranno trovati: tanto varrebbe impiegarli al meglio. Ma proprio su questo punto, come abbiamo visto, proposte e visioni divergono.