M.D. numero 25, 14 settembre 2005

Dibattito
Nuova convenzione: non chiamateli miglioramenti...
di Maurizio Bruni, Medico di famiglia, Milano

La lettura dell’analisi che il collega Torregiani (M.D. 2005; 24: 8) ha fatto sul nuovo accordo collettivo nazionale per la medicina di famiglia mi ha non solo interessato, ma è stata foriera di alcune osservazioni critiche sui punti elencati dal collega come salienti.
Mi è sembrato opportuno dare voce a tali osservazioni sperando in un proficuo dibattito tra i medici di famiglia.
Il collega, dopo un preambolo in cui invita ad abbandonare le polemiche che hanno caratterizzato il dibattito sulla recente firma della convenzione, individua infatti in 14 punti per i medici di famiglia le occasioni date dal nuovo accordo nazionale che migliorano lo status professionale dei medici di famiglia.

Alcuni punti del nuovo Acn elencati come miglioramenti, per esempio cambio del medico all’interno della medesima Asl, erano già conquiste ai tempi della vituperata INAM. Forse non ci si era accorti che già da 30 anni la normativa era in vigore!
Il ristoro psico fisico viene istituzionalizzato, mi chiedo a quale scopo. Deve essere motivato: ma perché visto che ci sono altre 19 settimane di assenza da non motivare? Nasce il dilemma: se vado in vacanza, devo motivare o non motivare?
La commissione di giudizio del medico è definita “paritetica” e “gratuita”: peccato che il potere decisionale spetti in ultima analisi ad un avvocato la cui nomina dipende dall’Asl.
Elementi marginali o locali (gli extra-comunitari, i bimbi, le problematiche delle località turistiche) sono normati.
Il collega Torregiani scrive che gli incrementi economici andranno da “un minimo del 9% a un massimo del 14%”: peccato che l’ACN sia già in scadenza e che l’incremento del costo della vita sia superiore. Ho effettuato un rapido raffronto “grezzo” dei primi emolumenti complessivi erogati a sensi dell’ACN, confrontandoli col medesimo mese (giugno) del 2001, e rapportato per paziente: nel 2001 l’incasso lordo mensile pro capite era ?4,05, mentre nel 2005 passava a ?4,50.

Un rapido calcolo


Tale dato potrebbe apparire interessante (l’aumento appare del 11%), ma se si toglie il dovuto per l’associazionismo, l’indennità informatica e gli altri annessi, appare un incremento (grezzo, ripeto) che non raggiunge il 9%. Chiedo anzi ad altri colleghi in tutta Italia di provare a fare analoghi calcoli, possibilmente su dati “puri”: appare comunque che l’incremento del costo della vita (in cinque anni valutabile al 16%) non è stato neppure sfiorato da un contratto siglato “a posteriori”.
Resta comunque lo sconcerto: l’assistenza ad un paziente “vale” ?4 al mese! Per l’esattezza, il contratto prevede che essa sia valutata a ?38,62 all’anno, e quindi a ?3,22 al mese. È semplicemente una miseria, insultante la professionalità.
Altro discorso concerne l’incremento per anzianità trasformato in assegno ad personam: viene da chiedersi: “Perché questo cambiamento? Perché non lasciare tutto com’erà? Forse perché i giovani medici non avrebbero potuto mai usufruirne?”.
Compito di una delegazione sindacale non è certo quello di accodarsi ai diktat della controparte, giustificarli e dichiarare che “poverini, non potevano darci proprio di più”, quanto di chiedere il giusto incremento, proporzionale alla delicatezza e responsabilità del lavoro, remunerativo per la professionalità e per i costi che la libera professione impone.
Spiace vedere che non sia stato così e che i sindacati presenti alla trattativa non si siano accorti per tempo della conclusione cui la Parte Pubblica tendeva. Per me restano comunque intatte tutte le riserve e le critiche già mosse all’ACN: la pensione imposta a 65 anni, in barba a quanto era già un diritto acquisito, le gravi problematiche indotte dalle (misteriose, ma non troppo) équipes, l’obbligo di svolgere “sperimentazioni” la cui validità scientifica è quanto meno modesta, le UTAP, l’ambiguità sull’associazionismo, la formazione obbligatoria nelle giornate di sabato, la possibilità di “revoca del rapporto di convenzione” nel caso di mancata adesione a qualche astrusa sperimentazione: forse sarebbe più logico pensare a tale atto estremo (arma che potrebbe divenire ricattatoria in mano a qualche vertice Asl) solo in caso di gravi e ripetuti errori professionali.
Non ci resta che rimetterci al lavoro, per ridare ai medici di famiglia la dignità che meritano già nel prossimo accordo.