M.D.
numero 25, 14 settembre 2005
Contrappunto
Il malato, il sano e i servizi sanitari di
domani
di Giuseppe Mittiga - Corso di Formazione specifica in Medicina
Generale, ASL RM B
Per organizzare la macchina sanitaria del futuro è
necessaria una valutazione seria della prevenzione primaria,
una sorta di progetto di medicina del sano
La
letteratura scientifica nellambito della medicina generale
ha già speso più di qualche parola sui frequent
attenders, descrivendone le caratteristiche e ipotizzando in
questi soggetti, talora affetti anche da patologie croniche
e gravi, ma ancora autosufficienti, disordini più o meno
gravi della sfera psicologica, disturbi di adattamento, distorta
relazione medico-paziente, disagio sociale in particolare nelle
grandi città o basso grado culturale; i cosiddetti frequentatori
abituali sembrerebbero avere una bassissima soglia del disagio-dolore
psicofisico o una difficoltà a verbalizzare o razionalizzare
e dare un nome al loro malessere; sono i primi ad arrivare in
studio, ma sanno aspettare il loro turno, hanno spesso un buon
rapporto con il loro medico e lo rispettano; il medico, se non
ancora colto dal burn out, e conscio del fatto che la malattia
è unalterazione del benessere psicofisico sociale
(definizione di salute dellOMS), può persino prendere
in simpatia questo tipo di pazienti, frequentemente anziani
(ma non sempre) che in fondo possono raccontare qualcosa di
sé, dare o chiedere un sorriso e distogliere il medico
dalla trappola della fretta. Cercano ascolto. La maggior parte
dei medici non sono formati e ben addestrati allascolto
o, se non lo hanno appreso e autogestito con lesperienza,
lo hanno rifiutato; e lanalisi di una sorta controtransfert
potrebbe giovare alla relazione, perché di relazione
si tratta, anche se non di tipo strettamente psicoterapeutico.
Non di rado i frequent attenders sono vissuti come semplici
scocciatori; molto spesso in questo caso lerrore
è nato dal tipo di relazione che il medico ha impostato,
magari un medico che offre molta disponibilità ad inizio
carriera e che poi anziano si ritrova strangolato da telefoni,
cellulari e segreterie telefoniche, con una vita privata ridotta
a zero.
La cronicità
Altro è il malato sano, una sottile linea
lo differenzia dal paziente tratteggiato sopra.
È in genere iperteso o diabetico, ha diritto allesenzione
dalla partecipazione al costo di prestazioni o farmaci con diversificazioni
da Regione e Regione ovviamente, rinnova le esenzioni per reddito
puntualmente. È compensato, o per dirlo con un linguaggio
più semplice sta bene. Spesso ha superato i 60 anni,
ma è ancora in forze, non è ricco, ma la pensione
non gli fa mancare nulla, frequenta il centro anziani o gioca
a carte con gli amici; ha dei nipoti che lo tengono attivo e
sa regalarsi una vacanza al momento giusto, vive bene e non
ha sintomi invalidanti, ma è malato.
Vedovo o meno, convive abbastanza bene con la sua malattia;
una malattia e una salute da coltivare, da controllare. Questi
pazienti sono generalmente meno ansiosi dei frequent attenders,
o sanno meglio gestire le loro paure. Non chiedono ascolto.
Vogliono. Buona parte del loro tempo è impiegato nel
difendere la salute-malattia, ma senza scoramento, paura o disagio;
quasi come un lavoro. Ripetono continuamente analisi su sangue
e urine, imparano a conoscere gli esami strumentali, storpiandone
simpaticamente i nomi, seguono il passaparola dei loro amici
malati chiedendo poi al medico se sia il caso di fare la MOC
o il doppler. Sanno associare la tecnica al tipo di patologia
che si può prevenire o scoprire o evitare; e tutto ciò
con serenità e metodo, senza lansia o lincapacità
dautogestione dei frequent attenders. Anzi, una lieve
osteoporosi o un nodulo tiroideo da tener sotto controllo, possono
aumentare il corredo di patologie che portano con sé,
una sorta di giusto curriculum, un diritto e un motivo in più
per curarsi della propria persona.
Hanno i loro specialisti ambulatoriali preferiti che vanno a
trovare regolarmente, ma si ritrovano però spesso vittime
di circoli viziosi e possono perdere di vista la regia del loro
medico curante; qualcuno di questi malati-sani è arrogante
moderatamente arrogante, e si fa strada tra gli altri pazienti
mostrando la sua patente, la sua malattia, la sua
età o invalidità.
I medici, anche i più bravi, hanno fiducia delle loro
segretarie e tra un controllo e laltro, tra un dubbio
e una richiesta, i malati-sani bypassano il controllo del medico
che non avrebbe tempo, modo o forse neanche il diritto di negare
una cura o unindagine al malato. E così tra mode
e malesseri viene usato il denaro pubblico e non solo; un turbine
di esami e visite evitabili, uno shopping gratificante tra specialisti
e laboratori, una conquista del dopoguerra, unabbuffata
di salute che prima non cera.
Un cambiamento di rotta
Non so se linformatica e le tessere sanitarie personali
potranno risolvere il problema; non si chieda ai medici di frenare
a valle un fenomeno che nasce comunque dagli stessi
progressi della scienza, dalla pubblicità sanitaria,
dallaumento della vita media ecc..
E non stiamo qui a far la morale sul vuoto della società
e la solitudine dellanziano; non saranno poi i medici,
anche al culmine del loro senso di onnipotenza, a risolvere
tutti i problemi del mondo, né si chiede ad amministratori
e manager sanitari di porre in cima alla loro agenda questo
o quellimpegno.
Una riflessione però potremmo farla: sulla condizione
del sano. È auspicabile che i futuri mezzi
informatici, le banche dati e cervelloni antispreco non siano
solo impiegati a frenare la spesa, a controllare se si ripete
troppo spesso un esame.
È da sperare che questi maxi programmi di gestione sanitaria
regionale sappiano scovare e portare ai Mmg il sano, la persona
che teme il medico e non ha tempo o voglia per recarvisi, quel
paziente che non si vede mai in studio, cui dovremmo e vorremmo
dedicare più energie e attenzioni; è il paziente
che poi in fondo più ci stimola e gratifica come medici,
che ci risveglia dalla solita routine, che dobbiamo ascoltare
con più attenzione e che purtroppo a volte giunge tardi
alla nostra osservazione. La medicina cosiddetta di iniziativa
appare ancora lontana e, diciamolo pure, suona un po invadente
andare a cercare a casa il sano scovato dal nostro computer
per ricordargli che è passato un anno o più dallultimo
controllo. Dobbiamo confidare negli amministratori e collaborare
con loro: stanare gli sprechi va bene, ma prevenire patologie
dal costo biologico ed economico immane è un dovere che
forse viene anche prima. Si pensi alla non obbligatorietà
alla leva che ha tolto di fatto unoccasione di incontro
tra sano e medico. Si intravedono da un lato una sanità
(quasi sempre pubblica o convenzionata) assorbita dalle istanze
di malati compensati o malati acuti comunque ben curati e ai
quali sono garantiti nella maggior parte dei casi più
diritti di quanto avvenga in altri Paesi, dallaltro una
sanità di tipo imprenditoriale volta al benessere inteso
come efficienza e prestanza psicofisica.
Leducazione sanitaria
Fino alletà dellobbligo vaccinale, e forse
anche dopo, le premure dei genitori e le visite dei pediatri
prevengono o dovrebbero prevenire stili
di vita sbagliati e consentono di fare diagnosi precoce. I Ministri
della Pubblica Istruzioni susseguitisi finora non hanno
ancora investito adeguatamente sulleducazione sanitaria,
non ritenendo ciò loro compito o forse intravedendo risultati
a lungo termine e troppo costosi.
Il giovane adulto sano si reca dal medico solo per certificazioni
di malattia se lavora o per lidoneità alla pratica
sportiva non agonistica, qualche influenza o banale infezione,
niente più. La correzione di stili di vita non adeguati
sta allamor proprio del singolo, che spesso ingaggia battaglie
ipersalutiste fuorvianti e del tutto malsane: dicerie, errate
convinzioni, diete fai-da-te.
Ladulto sano fino ai 60 anni è impegnato nel lavoro;
i più diligenti effettuano strattonati dalle mogli le
analisi del sangue una tantum.
La medicina pratica storicamente è incentrata quasi solo
sul malato. In medicina generale in particolar modo ci troviamo
sempre di fronte al dover escludere o diagnosticare patologie
gravi (da affidare a strutture ospedaliere o da co-gestire con
gli specialisti) e a curarne di meno gravi dal punto di vista
tecnico-assistenziale.
Gli Stati in cui esiste un Ssn quasi sempre si occupano di contenimento
della spesa, senza aver ancora pensato ad investire in sanità.
Forse solo la convenienza economica, intesa come investimento
cui segue un guadagno (o un risparmio in questo caso) vero e
proprio, potrebbe indurre gli stati a invertire la tendenza.
Bisognerebbe dimostrare che la prevenzione conviene.
Sarà questa la medicina del futuro?
Una medicina di Stato che obbliga a sottoporre gli individui
ad esami di laboratorio o strumentali sembra fuori luogo. Un
riordino delle priorità è però possibile.
Un interrogativo
Ai medici di oggi non mancano tecniche o strumenti.
Nel mondo occidentale possiamo dire che la scommessa del futuro
è di fatto la gestione della sanità e non tanto
o non solo sconfiggere il male, scoprire nuovi farmaci od altro,
istanze invero molto più vive mezzo secolo fa. Questo
non significa uno svuotamento della ricerca, bensì porsi
la giusta domanda, ironica forse, se insegnare economia ai medici
o medicina ai manager.
È orribile e deprimente laziendalizzazione di tutto
il comparto sanità, forse impossibile fino in fondo oltre
che negativo. Lazienda produce utili, la sanità
rende un servizio alla collettività.
Quello che ci verrà chiesto comunque di sicuro è
saper organizzare la macchina sanitaria e questo non sembra
realizzabile senza una valutazione seria della prevenzione,
una sorta di progetto di medicina del sano; e che non sia tutto
affidato a campagne-spot o giornate mondiali dedicate a singole
patologie, neppure alle leggi o ai divieti, bensì alla
una cultura nuova cui sia data la possibilità di dare
risposte concrete.
Un esempio pratico: malattie cardiovascolari, neoplastiche e
diabete. Tra le abitudini quelle alimentari sembrano aver un
ruolo importantissimo in tali patologie. Chiedersi come mangiano
a scuola i nostri figli e dopo a casa è una domanda più
che legittima. Oggi i bimbi appaiono iperstimolati, praticano
almeno due sport con regolarità, si sforzano di imparare
due lingue a dieci anni prima dellitaliano, sanno usare
il computer prima di scrivere. È fuori luogo offrire
loro unora trascorsa in cucina a capire in quali cibi
è contenuto più grasso o più zucchero?
È vero che in tal senso sono state prese iniziative in
alcune scuole e a discrezione dei dirigenti scolastici. Occorrono
però interventi strutturali.
Bisogna rifuggire dalla medicalizzazione della vita certo, così
come non credere che sia uno solo il mezzo per migliorare la
vita, sia esso ideologico, religioso o professionale; ma appare
ragionevole pensare che la salute e la sanità del futuro
in buona parte stia nella tutela dei piccoli e del soggetto
sano. Si spera che a qualcuno venga in mente di spendere qualche
euro in educazione alimentare o sanitaria. È solo uno
dei tanti progetti che forse domani i conti dello Stato ci verranno
a chiedere.