M.D.
numero 25, 14 settembre 2005
Clinica
Criteri per la diagnosi precoce di demenza
di Alfonsino Garrone e Giovanni Grassini - Medici
di medicina generale, Asti - Simg, Scuola Piemontese di Medicina
Generale
E' spesso difficile per il medico di famiglia riconoscere
un paziente con demenza quando il quadro sintomatologico è
sfumato e non sono ancora presenti tutti i classici criteri
diagnostici. Lapproccio clinico deve pertanto essere il
più attento e preciso possibile
Con
il progressivo invecchiamento della popolazione la demenza sta
diventando un problema pressante della società: è
una patologia a forte impatto sociale sia per il quadro clinico
in sé sia perché nel tempo è variato lambiente
in cui tale malattia viene gestita. In passato la maggior parte
del peso assistenziale era supportato dal nucleo familiare,
mentre oggi con il mutamento radicale del sistema famiglia
si è determinata la necessità di soluzioni assistenziali
diverse.
Le proiezioni mostrano che nei prossimi venti anni dovremo confrontarci
con una popolazione in cui un soggetto su cinque avrà
più di 65 anni. Proprio laumento delletà
è il principale fattore di rischio per la malattia di
Alzheimer, la cui prevalenza raddoppia a grandi linee ogni 5
anni (almeno tra i 65 e gli 85 anni), con un possibile rallentamento
della crescita solo dopo gli 85 anni. Anche lincidenza
aumenta con letà, con tassi che variano dallo 0.07%
nei soggetti di 65-69 anni al 3.3% di quelli tra 80 e 85 anni.
Che la demenza sia una malattia è unaffermazione
ovvia, che sia sempre considerata tale a livello organizzativo-sanitario
lo è meno: basti pensare che fino a poco tempo fa vi
era una media di 10 posti letto per 1000 abitanti per anziani
affetti da patologie croniche, mentre oggi il tetto è
di 4-5 per 1000 abitanti.
Questi sintetici dati, associati ai sempre più pressanti
tagli alla spesa sanitaria, possono essere sufficienti per comprendere
lenormità della problematica e quanto lo sarà
ancora di più negli anni a venire.
Inquadramento
nosografico
La demenza è un quadro clinico, istopatologico e istochimico
cerebrale caratterizzato da un progressivo deterioramento delle
funzioni cognitive. Questo non significa essenzialmente compromissione
dellintelligenza (astrazione, logica, ecc), ma perdita
di efficienza nella gestione della propria autonomia, della
vita di relazione, del ruolo lavorativo.
Ovviamente non esiste un solo tipo di demenza ma, fermo restando
la difficoltà di uniformare i dati della letteratura
per la variabilità delle classificazioni, in linea di
massima possiamo affermare che le varie forme possono essere
rappresentate percentualmente come nella tabella 1.
Diagnosi
Per
porre la diagnosi, la presenza di un quadro clinico definito
e preciso, con criteri riportati nel DSM-IV (tabella 2) - quindi
riconoscibile solo quando la gravità del quadro causa
al soggetto la compromissione di relazionare con lambiente
che lo circonda - è la condizione obbligata.
Ma è quindi possibile supporre lesistenza di un
quadro sfumato, precedente, in cui non siano presenti tutti
i criteri necessari.
Questa situazione di passaggio tra il normale declino intellettivo
e la demenza è stata, di volta in volta, definita come:
deterioramento cognitivo lieve (mild cognitive impairment),
demenza incipiente, deficit mnesico età correlato (age-associated
memory impairment), fino al termine age-related cognitive decline
(deterioramento cognitivo età correlato) incluso nel
DSM-IV.
Anche per questo, ma soprattutto per le implicazioni che il
porre la diagnosi di demenza comporta, lapproccio clinico
deve essere il più attento e preciso possibile.
Però non sembra sia una diagnosi così facile da
porre se si stima che il 75% dei pazienti con demenza lieve-moderata
non viene riconosciuto.
Proprio il medico di famiglia dovrebbe essere in grado di individuare
questi soggetti, essendo, come figura professionale, storicamente
vicino e fidato da poter raccogliere non solo i
segni diretti della malattia, ma anche quelli indiretti o riferiti
dai familiari.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento di questi pazienti è
estremamente importante - e ancor più nelle fasi precoci
- alla luce di successi della terapia farmacologica che, pur
non essendo curativa, sembra in grado di rallentare il decorso
clinico.
Così i primi segni e sintomi di demenza vanno riconosciuti
e valutati in modo corretto, ponendo anche estrema attenzione
per esempio alla difficoltà di questi soggetti ad apprendere
nuove nozioni e a richiamarle, ai loro disturbi video-spaziali,
a quelli del linguaggio e alle sue alterazioni.
Strumenti di valutazione: validità
e limiti
Il vecchio ma mai abbastanza sfruttato Mini Mental State Examination
è il più semplice, ma estremamente utile, strumento
di valutazione veloce (www.minimental.com) anche se aspecifico
e di non assoluta sensibilità. Accanto a questo, si possono
reperire molti altri strumenti come: Blassed Orientation Memory
Concentration, Short Test of Mental Status, Functional Activities
Questionnaire.
Da questo punto di vista possiamo affermare che gli strumenti
valutativi non mancano, ma per quello che concerne le altre
indagini clinico-laboratoristiche, va riconosciuto che le armi
a disposizione utili per porre una diagnosi precoce sono poche.
LAccademia Americana di Neurologia raccomanda infatti
per la valutazione iniziale delle demenze il solo dosaggio dellattività
tiroidea e della vitamina B12, mentre il Canadian Consensus
Conference on Dementia (CCCD) aggiunge lemocromo, il dosaggio
degli elettroliti e della glicemia, ma entrambe considerano
gli altri esami ematologici poco importanti in tale situazione.
Anche il neuroimaging, pur potendo individuare problematiche
encefaliche di tipo vascolare, lidrocefalo normoteso,
i tumori endocranici, gli ascessi e gli ematomi subdurali, possiede
una bassa valenza assoluta nella valutazione iniziale della
demenza, al punto che il CCCD lo raccomanda al primo step di
valutazione solo per soggetti >60 anni, per i declini cognitivi
atipici o estremamente veloci, in presenza di traumi al capo
recenti o segni o sintomi neurologici focali.
Infine, anche i test neuropsicologici possono essere considerati
come opzione secondaria e utili, soprattutto, per monitorare
nel tempo i cambiamenti di stato.
Considerazioni conclusive
In
sintesi, il medico deve obbligatoriamente basarsi, principalmente,
sui sintomi presenti:
disturbi mnesici
disorientamento
deterioramento delle funzioni intellettive
disturbi del carattere
alterazione dellaffettività
sintomi neurologici focali (per alcune forme)
e sui problemi che questi inducono nella attività quotidiana.
Questultimo aspetto può essere utile a suddividere
la demenza in una forma:
lieve: benché le attività lavorative o
sociali siano compromesse la capacità di vita autonoma
rimane, con adeguata igiene personale e capacità critica
relativamente conservata;
moderata: la vita indipendente diviene rischiosa, e un
certo grado di supervisione è necessario;
grave: le attività della vita quotidiana sono
così compromesse che si rende necessaria una continua
supervisione (per esempio incapacità di mantenere una
minima igiene personale).
Poiché è estremamente frequente il dubbio di classificazione,
riportiamo in tabella 3 alcuni sintomi che permettono di differenziare
un quadro demenziale da un quadro depressivo, cosa non sempre
agevole da farsi, soprattutto nelle forme iniziali di demenza.