M.D. numero 24, 29 giugno 2005

Trial
Scompenso cardiaco nell’anziano: prime evidenze dalla letteratura internazionale
di Andrea Colella - Dipartimento del Cuoreno e dei Vasi, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

Lo studio SENIORS ha valutato l’impiego di nebivololo in una popolazione di pazienti anziani scompensati simile a quella che si riscontra nel mondo reale. I benefici del trattamento nel ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni si sono associati ad un elevato profilo di tollerabilità.

Invecchiare è un privilegio ed una meta della società, ma anche una sfida che ha un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI secolo. È questo uno dei messaggi proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema salute e anziani, un argomento “scottante”, soprattutto per la nostra società che sta vivendo una vera e propria rivoluzione demografica. Nel 2000, gli ultrasessantenni erano circa 600 milioni di persone in tutto il mondo, nel 2025 saranno 1.2 miliardi e 2 miliardi nel 2050, con un rapporto donne-uomini di 2 a 1. L’aumento dell’età media, soprattutto nei paesi sviluppati porta con sé l’aumento della frequenza di patologie croniche tipicamente legate all’invecchiamento, ma legate anche al miglioramento della sopravvivenza alle malattie acute quali per esempio l’infarto miocardico.
Le malattie croniche impongono un peso alla popolazione anziana in termini di riduzione della qualità della vita, aumento delle ospedalizzazioni e dei costi per le cure, con marcate ripercussioni a livello socio-economico-sanitario. Se rivolgiamo lo sguardo all’Italia, che peraltro è attualmente il Paese più longevo del mondo, il 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari e il 49% delle giornate di degenza e dei relativi costi stimati riguarda pazienti anziani.
Sebbene il rischio di malattia aumenti con l’età, i problemi di salute non sono una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento. Infatti, se per molte patologie non si conoscono misure preventive efficaci, per altre invece già sono note e se la prevenzione primaria non bastasse, oggi abbiamo a disposizioni strumenti efficaci anche di prevenzione secondaria. L’allungamento della vita non deve prescindere dalla qualità della vita stessa. In un contesto così fatto non stupisce che sia sentita forte la necessità di studi diretti alla popolazione più anziana, finora non adeguatamente studiata. In relazione al fatto che dai trial non emergono informazioni sulla reale situazione della popolazione generale, può divenire improprio trasferire l’evidenza emersa dal “tipico” paziente dei trial (sesso maschile, età <65 anni, frazione d’eiezione ventricolare sinistra significativamente ridotta, bassa comorbilità) a un sottogruppo che appare differente per caratteristiche demografiche e cliniche (sesso femminile, età >65 anni, ipertrofia ventricolare sinistra, frazione d’eiezione ventricolare sinistra normale o solo lievemente ridotta, frequente coesistenza di obesità, ipertensione e diabete).
Sul piano terapeutico, quindi, per gli anziani si riscontra un evidente gap tra conoscenze disponibili e implementazione delle stesse nella pratica clinica, con sottoutilizzo di farmaci potenzialmente efficaci per frequente esclusione dei ‘vecchi’ dai trial clinici.
La recente pubblicazione dello studio SENIORS (The Study of Effects of Nebivolol Intervention on Outcome and Rehospitalisation in Seniors) (Eur Heart J 2005; 26: 215-25), ci ha aiutato a far luce su alcune ombre e in particolare su problematiche proprie del paziente anziano scompensato, quali la sicurezza e la tollerabilità della terapia betabloccante, nel caso particolare del nebivololo.
Il nebivololo è un farmaco betabloccante vasodilatatore, che si distingue dagli altri betabloccanti per il profilo emodinamico. Combina infatti l’azione antagonista beta-adrenergica altamente selettiva, con un effetto vasodilatatore mediato dall’ossido nitrico, in assenza di attività alfa-litica. Il suo effetto antipertensivo si associa alla riduzione delle resistenze periferiche e all’aumento della gittata sistolica, con conservazione della gittata cardiaca. Il suo utilizzo per il trattamento dell’ipertensione essenziale è ormai consolidato. Oltre ai suoi effetti antipertensivi, nebivololo è in grado di migliorare la compliance arteriosa e la funzione del ventricolo sinistro nei pazienti ipertesi con disfunzione diastolica. Queste proprietà hanno potenzialità terapeutiche considerevoli, specialmente nei pazienti ipertesi nei quali coesiste un’arteriopatia coronarica, causa frequente di deterioramento della funzione cardiaca. Tali caratteristiche hanno stimolato gli autori dello studio SENIORS a testare questa promettente molecola anche in una popolazione di pazienti sicuramente più impegnativa, quale la popolazione anziana, che associa all’invecchiamento fisiologico dell’apparato cardiovascolare anche gli effetti delle comorbilità, delle politerapie e della presenza di molteplici fattori di rischio, talora sottovalutati. Lo studio SENIORS è uno studio multicentrico (200 centri in 11 Paesi europei), di fase III, randomizzato in doppio cieco e controllato verso placebo. Sono stati valutati 2.128 pazienti di età „70 anni (età media 76.1), con storia clinica di scompenso cardiaco cronico. Dopo l’arruolamento i pazienti sono stati randomizzati a nebivololo o placebo in aggiunta alla terapia standard, che non differiva tra i due gruppi di trattamento. La titolazione del nebivololo ha seguito le classiche indicazioni della terapia betabloccante nello scompenso, con iniziale basso dosaggio (1.25 mg/die), raddoppiato, se ben tollerato, ogni 2 settimane, fino al dosaggio target di 10 mg/die in monosomministrazione.
L’obiettivo primario dello studio è stato l’endpoint combinato mortalità da tutte le cause e ospedalizzazioni per cause cardiovascolari. Dopo un follow-up medio di 21 mesi è stata osservata una riduzione statisticamente significativa (p<0.05) del rischio relativo di morte da ogni causa e ospedalizzazioni per cause cardiovascolari, con benefici già evidenti al 6° mese di trattamento e che si sono mantenuti per tutta la durata dello studio (figura 1). Tali benefici sono stati confermati indipendenti dall’età, dalla frazione d’eiezione, dal sesso o pregresso infarto miocardico.
Tra gli endpoint secondari è risultata statisticamente significativa la riduzione dell’endpoint combinato morteno per cause cardiovascolari o ospedalizzazione per cause cardiovascolari. Uno degli aspetti che hanno maggiormente interessato la comunità scientifica è stato quello dell’alta tollerabilità del nebivololo: l’incidenza di eventi avversi infatti, fatta eccezione per un atteso eccesso di bradicardia nel braccio nebivololo (11% vs 2.6% nel gruppo placebo) - riferito prevalentemente dai pazienti che assumevano la dose maggiore di 10 mg - sono state simili al placebo (tabella 1); tale tollerabilità potrebbe essere attribuita in parte agli effetti dell’ossido nitrico e quindi non estensibile alle altre molecole della classe.
Il confronto fra l’entità del beneficio di nebivololo evidenziato nello studio SENIORS e quello delle altre molecole della classe non è attuabile in quanto le popolazioni studiate dal SENIORS e dai trial precedentemente condotti con betabloccanti vs placebo in pazienti scompensati non sono omogenee.
Esiste infatti un’evidente, sostanziale differenza sia dal punto di vista della popolazione studiata (età media >75 anni per il
SENIORS, età media di 61 anni per US Carvedilol, MERIT-HF, CIBIS II, BEST, COPERNICUS; maggior rappresentanza del sesso femminile nello studio SENIORS rispetto agli altri studi; presenza nello studio SENIORS di pazienti con funzione sistolica conservata o lievemente ridotta, esclusi dagli altri trial), sia dal punto di vista dell’endpoint primario (mortalità totale da una parte e morte da tutte le cause o ospedalizzazioni per cause cardiovascolari dall’altra).
La scelta degli endpoint dipende dalle caratteristiche della popolazione studiata. Per una popolazione anziana come quella dello studio SENIORS l’endpoint “duro” non può essere la mortalità totale, in quanto con l’avanzare dell’età è possibile modificare l’evoluzione della malattia e il numero dei ricoveri, ma non è possibile ritardare la morte in modo significativo in quanto la mortalità per cause naturali diviene progressivamente più alta ed in parte non modificabile. Inoltre, l’endpoint “ospedalizzazione” nel paziente anziano rappresenta un parametro rilevante, in quanto espressione di costi diretti, appunto quelli legati ai ricoveri e cure.
Tali disomogeneità non consentono un confronto diretto, tuttavia i benefici di nebivololo dimostrati dallo studio SENIORS nel sottogruppo di pazienti con caratteristiche clinico epidemiologiche più simili a quelli della popolazione arruolata negli altri studi clinici, quindi i pazienti SENIORS più giovani e con frazione di eiezione ridotta (70-75 anni e FEľ35%), l’efficacia di nebivololo appare paragonabile a quella evidenziata dagli altri trial per le altre molecole della classe (tabella 2).
Lo studio SENIORS ci ha quindi insegnato che anche nei pazienti scompensati anziani gli effetti benefici del beta-blocco, in particolare di nebivololo, hanno un peso maggiore dei possibili rischi; ovviamente non si può prescindere da un’attenta selezione caso per caso, da un cauto inizio terapia, da una titolazione fatta nei tempi canonici, da uno stretto follow-up e dalla gestione di tali pazienti da parte di personale medico e paramedico esperto di scompenso cardiaco.
Il sottoutilizzo dei betabloccanti solo in relazione all’età del paziente appare quindi essere infondata.
Facendo un passo indietro non bisogna dimenticare che i maggiori fattori di rischio per scompenso cardiaco sono la malattia aterosclerotica delle coronarie e l’ipertensione arteriosa che peraltro coesistono nel 40% dei pazienti con scompenso, e che il ruolo dell’ipertensione come fattore di rischio è abbondantemente sottostimato.
L’elevato profilo di tollerabilità di nebivololo confermato dallo studio SENIORS nel paziente scompensato anziano rafforza i dati di sicurezza di impiego e buona compliance nel trattamento dell’ipertensione arteriosa che è attualmente l’unica indicazione terapeutica del nebivololo, anche se si sta affacciando con evidenze importanti il suo possibile uso terapeutico anche nello scompenso cardiaco.