M.D. numero 24, 29 giugno 2005

Terapia
L’impiego delle statine tra benefici e cautele
di Sirio Spadano

La più recente statina introdotta sul mercato, rosuvastatina, è da qualche tempo “sotto osservazione”, ma la FDA americana tranquillizza medici e pazienti ribadendo che il profilo di sicurezza del farmaco è da considerarsi sovrapponibile a quello delle altre molecole della classe e che il beneficio del trattamento supera i potenziali rischi.

L'efficacia delle statine nel ridurre l’incidenza di eventi coronarici in pazienti ipercolesterolemici ad elevato rischio cardiovascolare è ampiamente confermata dai risultati di grandi trial di prevenzione primaria e secondaria. L’impiego di questi farmaci è andato aumentando in tutto il mondo e si prevede che nei prossimi anni crescerà ancora il numero di pazienti posti in trattamento.
Gli studi controllati e la pratica clinica hanno dimostrato che le statine sono generalmente ben tollerate, ma il ritiro dal mercato della cerivastatina nel 2001 ha posto il problema della sicurezza in primo piano. Eventi avversi importanti si registrano piuttosto raramente: per esempio, l’incidenza di miopatia severa osservata con la statina più efficace in termini di riduzione delle LDL (rosuvastatina) è intorno a 0.43 per 100.000 prescrizioni, un po’ più alto rispetto a quello riportato con le altre statine attualmente in commercio ma ben 35 volte più basso rispetto al tasso di 15.2/100.000 riportato con cerivastatina. Lo scorso 11 marzo la Food and Drug Administration ha diffuso un comunicato ufficiale fornendo informazioni dettagliate sulla sicurezza di rosuvastatina, ribadendo che il beneficio del trattamento con il farmaco supera i potenziali rischi. L’ente americano, dopo avere analizzato la grande mole di dati provenienti dagli studi clinici e dalla fase di post-marketing, ha affermato che il profilo di tollerabilità muscolare di rosuvastatina è da considerarsi sovrapponibile a quello delle altre statine in commercio e che non vi è alcuna evidenza convincente che questa molecola comporti un rischio di gravi danni renali.
Il 23 maggio è stata pubblicata su Circulation una nuova analisi che ha rivisto gli eventi avversi collegati a rosuvastatina segnalati alla FDA durante il primo anno di introduzione sul mercato, rapportandoli a quelli riportati con le altre statine durante i loro rispettivi primi anni di commercializzazione. Tale lavoro ha sollevato non poche perplessità sia sul versante metodologico che sul versante dei risultati. In un editoriale di commento il Prof. Scott Grundy dell’Università del Texas, una autorità riconosciuta nel campo della lipidologia, partendo da una critica metodologica serrata con cui è stata condotta l’analisi di tipo descrittivo, suggerisce una attenta lettura del già menzionato documento dell’FDA per effettuare una valutazione globale della molecola. Grundy evidenzia che la miopatia severa si sviluppa spesso in pazienti che presentano caratteristiche di elevato rischio per tossicità muscolare e ricorda che la gran parte degli eventi avversi può essere evitata seguendo le avvertenze riportate nelle linee guida AHA/ACC/NHLBI sull’impiego delle statine (tabella 1).

Precauzioni per l’uso sicuro


Quando un medico prescrive una terapia con statine deve quindi prendere alcune precauzioni. Le dosi prescritte non dovrebbero superare quelle necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati dalle linee guida. Di regola, la terapia con statine dovrebbe essere usata con maggior cautela nelle persone più anziane, in particolare nelle donne magre o fragili. Tra le persone anziane sono a più alto rischio quelle con malattie multisistemiche. Anche i pazienti con diabete associato a insufficienza renale cronica mostrano di essere ad alto rischio di miopatia e dovrebbero essere attentamente monitorati. In numerosi casi, l’insorgenza della miopatia è stata osservata in pazienti ospedalizzati per interventi di chirurgia maggiore: di conseguenza appare prudente evitare le statine in tali periodi. Particolare attenzione dovrebbe poi essere riservata alle interazioni con altri farmaci ed è importante per i medici curanti essere sicuri che i propri pazienti siano al corrente di queste potenziali interazioni farmacologiche in quanto, nella pratica corrente, la prescrizione può originare da più fonti.

Obiettivo: ridurre le LDL


Nel suo editoriale su Circulation, il Prof. Grundy ricorda anche che la scelta di una statina deve dipendere da vari fattori, e tra questi ha certamente importanza il grado di riduzione delle LDL che si desidera raggiungere. La riduzione dei livelli di colesterolo LDL rappresenta infatti l’obiettivo primario della terapia ipolipemizzante, essendo ampiamente documentata l’esistenza di una correlazione diretta tra riduzione della colesterolemia LDL e riduzione degli eventi cardiovascolari (tale correlazione appare ancor più evidente nei pazienti a rischio elevato). Alcuni studi hanno evidenziato che è possibile ottenere benefici aggiuntivi nella riduzione del rischio cardiovascolare con un approccio ipolipemizzante più aggressivo rispetto a quello in grado di raggiungere gli obiettivi terapeutici riportati nelle linee guida NCEP-ATP III. In una recente metanalisi, per esempio, O’Keefe et al giungono alla conclusione che, in prevenzione primaria, sia addirittura possibile azzerare gli eventi se la colesterolemia LDL scende al di sotto di 55 mg/dL; anche in prevenzione secondaria si osserva lo stesso fenomeno, ma in questo caso gli eventi sembrerebbero azzerarsi per valori di LDL dell’ordine di 30 mg/dL.

Dimostrazioni di efficacia


E' noto come nella pratica clinica molti pazienti non riescano a raggiungere il traguardo di LDL prefissato in funzione del loro profilo di rischio cardiovascolare e questo per vari motivi legati sia al medico che al paziente stesso (scarsa consapevolezza dei benefici di una terapia ben condotta, impiego di dosi troppo basse di farmaco, inadeguata compliance, ecc.). Ovviamente riveste importanza anche il tipo di farmaco usato e, in quest’ottica, rosuvastatina determina riduzioni della colesterolemia LDL più marcate rispetto alle altre statine, come dimostrato dallo studio STELLAR (Statin Therapies for Elevated Lipid Levels compared Across dose to Rosuvastatin), il più ampio studio di confronto dell’efficacia delle statine nel modificare il profilo lipidico. Nello studio STELLAR, condotto su 2268 pazienti ipercolesterolemici randomizzati a rosuvastatina (10, 20, 40, 80 mg), atorvastatina (10, 20, 40, 80 mg), simvastatina (10, 20, 40, 80 mg) o pravastatina (10, 20, 40 mg), i livelli target di colesterolo LDL sono stati raggiunti da un numero significativamente maggiore di soggetti trattati con rosuvastatina rispetto a quelli trattati con le altre statine di confronto alle dosi utilizzate nella pratica clinica. In particolare, la somministrazione di soli 10 mg/die di rosuvastatina, dose di ingresso terapia, si è associata a un decremento del 45.8% dei valori di LDL (p<0.001 vs atorvastatina 10 mg; vs simvastatina 10, 20, 40 mg; vs pravastatina 20, 40 mg). È inoltre da rimarcare come rosuvastatina agisca positivamente anche sul colesterolo HDL, un altro importante parametro dell’assetto lipidico: quest’ultimo risulta incrementato in modo proporzionale in tutto il range di dosaggio terapeutico di rosuvastatina.

Una galassia di studi clinici


STELLAR è uno dei numerosi trial inclusi nel programma GALAXY, iniziativa globale a lungo termine composta da 18 studi, aventi l’obiettivo di valutare nel complesso l’efficacia e la sicurezza di rosuvastatina in una panoramica a largo spettro della prevenzione cardiovascolare, primaria e secondaria, con l’inclusione di pazienti che soddisfano innumerevoli e più disparati requisiti di eleggibilità.
Dodici studi sono stati progettati per esaminare gli effetti di rosuvastatina sul profilo dei lipidi aterogeni (due di questi studi valutano il farmaco anche in relazione all’attività sui marker infiammatori), tre studi ne indagano gli effetti relativamente alla riduzione della progressione o alla regressione delle placche aterosclerotiche e altri tre trial ne valutano l’efficacia in termini di riduzione della morbilità e della mortalità cardiovascolare.
Poiché il programma è in costante evoluzione è facile prevedere che saranno inclusi nuovi studi in funzione dei cambiamenti nelle condizioni di impiego delle statine, delle nuove esigenze della ricerca e dello sviluppo clinico del farmaco.


Bibliografia

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