M.D. numero 24, 29 giugno 2005

Riflettori
Come “misurare” la qualità del Ssn?

Una risposta dovrebbe arrivare da una ricerca avviata nel 2002 dall’Agenzia dei Servizi Sanitari Regionali per identificare, sperimentare e validare un nuovo sistema di indicatori di qualità. Unico neo del progetto l’aver concentrato la quasi totale attenzione sui Drg ospedalieri, tralasciando il territorio.

Una sovrapposizione delle normative nazionali e regionali ha causato, negli ultimi tempi, l’accavallamento di diversi sistemi di rilevazione e di indicatori per la qualità sanitaria. Le informazioni delle quali disponiamo si concentrano, tuttavia, su alcuni aspetti del sistema come costi, dimensioni e caratteristiche dell’offerta, accessibilità e organizzazione dei servizi, utilizzo delle risorse. Risultano, invece, come “non misurabili” gli indicatori che dovrebbero servire per valutare i risultati di salute, ma, in misura ancora maggiore, i percorsi assistenziali. È per questo che nel 2002 l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali ha avviato, insieme a Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto e Trentino, con il coordinamento scientifico dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, una ricerca per identificare, sperimentare e validare un nuovo sistema di indicatori tale da consentire la comparazione dei risultati di salute prodotti da diversi processi assistenziali o strutture sanitarie, al fine da identificare le migliori performance e i fattori che consentono di raggiungere i migliori risultati.
Il progetto, denominato “Identificazione, sperimentazione e validazione di alcuni indicatori di processo e di esito della qualità delle attività sanitarie”, è stato sviluppato con i fondi previsti dall’ art. 12 della legge 502/92 che prevedeva proprio la messa a punto di indicatori certi per il Ssn che andava a istituire. Nelle scorse settimane, in un convegno internazionale celebratosi proprio nell’Università romana, l’Assr ha presentato i primi risultati del percorso, che porterà all’elaborazione di un pacchetto di strumenti operativi sviluppati in modo da poter essere utilizzati da parte di Regioni, Agenzie sanitarie regionali, aziende ospedaliere, facendo riferimento ai sistemi informatici esistenti. Ma il punto di crisi che si intravede nel progetto sta proprio nel metodo: aver concentrato sui Drg ospedalieri tutta la base quantitativa per la validazione della ricerca, restituendo una performance “ospedalocentrica” dell’intero sistema, che ridà poco o niente della qualità totale del sistema.
z Una fotografia certa ma parziale
La ricerca dell’Assr è partita scegliendo gli indicatori dopo una vasta selezione bibliografica, una rassegna empirica delle maggiori esperienze internazionali e una raccolta di esperienze di implementazione nelle Regioni coinvolte nel progetto.
Gli indicatori sono stati selezionati in base a criteri:
• di evidence based medicine
• a una chiara definizione del razionale, dei criteri di estrazione dei dati e delle modalità di calcolo degli indicatori
• di disponibilità dei programmi di calcolo
• di possibilità di aggiornamento continuo.
In base a questi criteri è stato scelto il sistema di indicatori proposto dalla Agency for Healthcare Research and Quality, che è costruito, però, su database amministrativi riconducibili alla nostra scheda di dimissione ospedaliera (Sdo).
Il secondo livello di ricerca si è basato sugli indicatori proposti dalla Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations, che si rivolgono alla cartella clinica e a informazioni più approfondite. Dopo essere stati adattati alla Sdo italiana, tali indicatori sono stati, organizzati in tre tipologie.
• Inpatient quality indicators (primo livello): che sono la mortalità per condizioni cliniche, la mortalità post-operatoria, i volumi di attività e indicatori di appropriatezza.
• Patient safety indicators (primo livello): orientati alla rilevazione degli eventi avversi.
• Preventive quality indicators (secondo livello): gli unici utili per la valutazione dell’attività territoriale, in quanto descrivono l’ospedalizzazione evitabile, fornendo però una fotografia esclusivamente indiretta dei servizi sul territorio.
La base di riferimento della ricerca è costituita da 6.682.181 ricoveri nel 2002, e da un numero simile di ricoveri nel 2003, sui quali vengono applicati gli indicatori di I livello.
La distribuzione dei casi per età, sesso, classe di rischio di morte e classe di severità, anche se non sono ancora disponibili dettagli sui dati, indicano che la maggior parte dei casi di ricoveri si concentra nelle classi a basso rischio di morte e a bassa severità. La mortalità per procedure in tutta Italia è altissima in queste stesse classi: oltre l’85% dei casi si concentra su pazienti con patologie a basso rischio di morte e a bassa severità. Dal 20 al 25% dei pazienti, infine, è trattato in ospedali a basso volume di attività: dati che fanno riflettere sul ruolo fondamentale che, per i pazienti e per la performance dell’intero Servizio sanitario nazionale, avrebbero servizi territoriali più efficienti, e indicatori che li studiassero più specificamente.