M.D.
numero 24, 29 giugno 2005
Focus
on
La Convenzione vista dalle donne
di Monica Di Sisto
Cresce il numero delle donne medico, ma a tale aumento non
corrisponde un rafforzamento della tutela delle esigenze di
genere in campo professionale. Anche il nuovo ACN per la medicina
generale in tal senso mostra alcune criticità.
Secondo
unindagine del Censis, nel 2003 la maggior parte dei laureati
in medicina e chirurgia e in farmacia era donna, rispettivamente
il 70.1% e 67.8%. Il totale delle donne medico, secondo le rilevazioni
sulle iscrizioni condotte dalla FNOMCeO, è cresciuto
di 1.600 unità dal 2002 al 2003. Una forza giovane, la
più afflitta dal precariato: le donne sono il 57.2% tra
i professionisti nella fascia detà tra i 30 e i
35 anni e il 62.3% dei più giovani medici di età
compresa tra i 25 e 30 anni. Le rilevazioni non sono così
raffinate da riuscire a cogliere quante delle donne medico nelle
differenti fasce detà svolga lattività
di medico di famiglia, ma stando ad alcune misurazioni a campione
sulle scuole di formazione specifica, per esempio in Piemonte
(tabella 1), tra i Mmg la tendenza generale alla trasformazione
in rosa della professione sembra confermata, addirittura con
una prospettiva di maggiore crescita. Nasce oggi la necessità
di verificare se lorganizzazione e i tempi di lavoro del
medico di famiglia tengano in adeguata considerazione la specificità
femminile che include quasi sempre il lavoro di cura familiare
e la maternità.
I contratti di lavoro nazionale delle altre professioni da molti
anni si misurano con i problemi di genere, trovando diverse
soluzioni negoziali che contemperano e contemplano alcune delle
necessità di tutela, soprattutto per quelle fasce e tipologie
dove più alto è il tasso di precariato. Vengono
considerati particolarmente il congedo di maternità retribuito
per le collaboratrici e le contrattiste a progetto e la legge
sui congedi parentali. Questultima ha consentito anche
agli uomini di godere di periodi di permesso retribuito per
le necessità dei figli. Questa la realtà che porta
a porre alcune domande, in primis se la Convenzione per la medicina
generale rispecchia questo processo devoluzione. Ma anche
se la carriera del medico di famiglia sia "amica"
delle donne, oppure la crescita delle donne Mmg sia spiegabile
con la sola tendenza generale a una maggiore presenza femminile
nei percorsi formativi universitari. Cè inoltre
da interrogarsi sul come intervenire a livello sindacale per
innescare un processo positivo di verifica e implementazione
della Convenzione anche nella contrattazione regionale.
Accesso e organizzazione
Dopo la formazione specialistica o percorsi equivalenti, la
Convenzione prevede che la via principale per accedere alla
professione siano le graduatorie per titoli, predisposte ogni
anno a livello regionale, a cura del competente Assessorato
alla Sanità, per le quali, sempre annualmente, i medici
presentano lintegrazione dei nuovi titoli. Ma se per ciascun
mese di servizio di leva o di servizio civile (art. 15) si prevede
laccumulo di 0.10 punti, che diventano 0.20 in concomitanza
di incarico conferito dallazienda, le donne in congedo
di maternità o in puerperio nei fatti interrompono la
progressione di carriera, come se a queste funzioni non venisse
riconosciuto un ruolo sociale dinteresse generale. Allart.
18 comma 3 infatti la Convenzione stabilisce che il Mmg
ha diritto ad usufruire di sospensione parziale dellattività
convenzionale, con sua sostituzione part-time e per periodi
anche superiori a sei mesi, comunque non superiori a 18 mesi
nellarco di cinque anni, per: allattamento o assistenza
a neonati entro i primi 12 mesi di vita; adozione di minore
nei primi 12 mesi dalladozione; assistenza a minori conviventi
non autosufficienti; assistenza a familiari conviventi, anche
temporaneamente, con inabilità pari al 100% e titolari
di indennità di accompagnamento.
Secondo quanto specificato poi al comma 4 dello stesso articolo:
In stato di gravidanza il medico donna convenzionato può
(non ha quindi obbligo) richiedere la sospensione dellattività
convenzionale per tutto o per parte del periodo previsto come
obbligatorio per i lavoratori dipendenti e con sostituzione
totale o parziale della propria attività lavorativa.
Mentre la maternità per i lavoratori dipendenti è
a carico del datore di lavoro, lACN (art. 18 comma 7)
prevede che i periodi di sospensione del rapporto convenzionale
non possono essere considerati, a nessun titolo, come attività
di servizio e non possono comportare alcun onere, anche previdenziale,
a carico del Ssn.
La situazione si complica negli incarichi di continuità
assistenziale che, ricordiamo, comportano una mobilità
fisica molto elevata per la copertura eventuale dei turni di
reperibilità domiciliare, e dunque non sono del tutto
sicuri nei casi di gravidanza avanzata. Laccordo nazionale
infatti non prevede alcun tipo di tutela specifica della maternità
per questa categoria di lavoratrici.
La Convenzione, secondo lart. 5, affida al livello di
negoziazione regionale, lorganizzazione della presa
in carico degli utenti da parte dei medici con il supporto delle
professionalità sanitarie e la realizzazione della continuità
dellassistenza 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ma
anche lorganizzazione dellemergenza territoriale
e della medicina dei servizi. Potrebbe essere questo,
dunque, uno spazio negoziale aperto per garantire una nuova
organizzazione del lavoro sul territorio più rispettosa
dei tempi di vita e di lavoro di cura delle donne medico. Anche
le strutture operative complesse e le diverse possibilità
di lavoro di gruppo e le forme associative potrebbero rappresentare
un interessante terreno di sperimentazione, ma al momento ciò
non è in essere. Le donne medico hanno cominciato per
questo a mettere in atto, a livello sindacale, forme di autorganizzazione,
di confronto e di coordinamento di genere sui possibili percorsi
di maggiore tutela delle proprie esigenze.
Una presenza più incisiva
Senza dubbio diversi punti deboli del nuovo ACN riguardano
la continuità assistenziale - afferma Maria Cristina
Campanini, dello Snami - . Lo Snami aveva presentato alcune
proposte di tutela della maternità e dellallattamento
per periodi fino a sei mesi, nei quali si prevedeva lo spostamento
delle colleghe in strutture alternative dellAzienda, per
limitare le condizioni di pericolo e i rischi per la madre e
il nascituro. Ove questo non fosse stato possibile avevamo previsto
la collocazione delle colleghe in congedo retribuito, con la
maturazione dello stesso punteggio per il servizio attivo, fino
al periodo del puerperio. Purtroppo questa proposta si è
persa nel naufragio del tavolo delle trattative.
Maria Cristina Campanini è promotrice della nuova iniziativa
Snami Rosa che nasce come osservatorio della professione
da un punto di vista di genere - specifica la collega - ma anche
come iniziativa che vuole promuovere, allinterno della
piattaforma più generale di un sindacato in cui la rappresentatività
femminile è al 40%, una crescita di iscrizioni, di protagonismo
e attività delle donne sui temi che riguardano il nostro
lavoro quotidiano.
I risultati di molte ricerche dimostrano che le donne
medico sono più affidabili e formate, ma nella realtà
lorganizzazione concreta della medicina di famiglia non
è cambiata. Malgrado queste nuove evidenze - obietta
Campanini - le carenze di risposta ai bisogni femminili delle
professione restano.
La Convenzione, per esempio, si disinteressa degli impegni familiari
e di cura che caratterizzano la vita delle donne. Anche
quando la legislazione viene in loro aiuto, non sempre lopportunità
data è messa in atto. Stando ai dati - aggiunge
Campanini - lItalia è il Paese dove è più
basso lutilizzo dei congedi di paternità da parte
degli uomini, tanto che sono utilizzati solo dall1% dei
lavoratori dipendenti italiani contro l11% della media
europea. È evidente che noi donne dobbiamo arrangiarci,
con un livello di tutela che si attesta ai minimi consentiti
e senza alcun riconoscimento del nostro doppio ruolo, in casa
e in studio. Anche dal punto di vista assicurativo esiste una
franchigia, che di solito va dai 3 ai 7 giorni, che basta solo
a risolvere i problemi più semplici. Per le situazioni
più gravi puoi contare, come Mmg, su una sostituzione
part-time in casi molto particolari, ma non hai alcun paracadute
per le emergenze quotidiane.
Il colmo si raggiunge quando, per esempio, la Convenzione prevede
che le Mmg in allattamento possano godere di una parziale sospensione
dell'attività. Non si capisce - spiega Campanini
- se ci si riferisca a un part-time, nellambito del quale
si possano affidare le visite domiciliari a un altro Mmg di
nostra scelta, o a una presenza, in studio e fuori, parziale
rispetto al tempo previsto.
Le forme organizzative della medicina generale non sembrano
influire molto nella risoluzione del problema innanzitutto
- aggiunge - perché le donne si coinvolgono meno in queste
sperimentazioni, anche per la difficoltà oggettiva di
conciliare i tempi di gruppi ampi con i propri spazi personali.
In secondo luogo, le strutture organizzative complesse spersonalizzano
il rapporto con i pazienti, ma anche tra gli stessi medici.
Se esistessero strutture, magari appoggiate alle aziende ospedaliere
o alle strutture Asl, con servizi di sostegno, penso per esempio
banalmente agli asili nido, le cose andrebbero molto meglio.
A Monza è in corso la costituzione di un asilo che copre
le esigenze scolastiche invernali delle lavoratrici ospedaliere
madri e quelle estive nei centri ricreativi, ma è un
caso molto raro che non coinvolge le donne Mmg.
La contrattazione regionale
È a livello della trattativa regionale e aziendale che
si gioca molta della qualità della vita dei professionisti
grazie a una possibile nuova architettura dei servizi. A
mia conoscenza - sottolinea Campanini - niente di ciò
che si sta muovendo concretamente va in una direzione utile
alle donne. Le proposte che Snami aveva già presentato
al tavolo nazionale, sembrano rimaste lettera morta a livello
locale, e la possibile nostra esclusione da queste nuove fasi
della trattativa non faciliterà questa evoluzione. Come
Snami Rosa siamo in contatto con lAssociazione Donne Medico
e ci proponiamo di lavorare insieme con tutte quelle associazioni
e gruppi di medici che possano operare per un cambiamento concreto.
È evidente che la partecipazione di sempre più
donne al lavoro sindacale è un passaggio obbligato.