M.D. numero 24, 29 giugno 2005

Farmaci
Indicazioni per un utilizzo razionale dei coxib nelle patologie reumatiche

Le indicazioni fornite dalle autorità regolatorie EMEA e AIFA in merito agli inibitori selettivi della ciclossigenasi 2 contribuiscono concretamente a ottimizzare l’approccio terapeutico alle forme algo-flogistiche osteoarticolari, suggerendo trattamenti di breve durata e al dosaggio più basso possibile, nonché particolare cautela nella somministrazione ai pazienti con elevato rischio cardiovascolare.

Nel rispetto di quanto raccomandato dalle autorità regolatorie europea e italiana (EMEA e AIFA), gli inibitori selettivi delle ciclossigenasi 2 possono mantenere il loro ruolo di valida opzione terapeutica per il trattamento del dolore reumatico. Servono infatti cautele nella prescrizione di questa classe di molecole ai pazienti che presentano fattori di rischio cardiovascolare o nei quali sia stata accertata la presenza di una vasculopatia periferica, mentre in caso di pazienti con malattia cardiaca o ictus vige la controindicazione assoluta al loro uso. Oltre che un impiego sotto stretto controllo medico è comunque buona norma attenersi a trattamenti al dosaggio più basso possibile e con tempi di cura brevi, atteggiamento peraltro già fatto proprio da tanta parte della classe medica non solo per queste ma per molte altre molecole antinfiammatorie.

Trattamento del dolore reumatico


I Fans sono da sempre indicati nel trattamento delle sindromi dolorose delle strutture muscoloscheletriche quando queste siano sede di flogosi, in quanto riducono la sintesi delle prostaglandine infiammatorie.
Nella pratica clinica del trattamento del dolore reumatico i Fans rappresentano di fatto la scelta terapeutica più utilizzata. La classe può contare su numerosi esponenti, ognuno dei quali caratterizzato dal suo peculiare profilo terapeutico-analgesico, permettendo così di personalizzare di volta in volta il trattamento e di modularlo in base alle necessità di ogni paziente. Ai principi attivi tradizionali si affianca la presenza di un numero crescente di molecole appartenenti alla classe dei coxib che aumentano le opportunità per i pazienti grazie alle differenze del profilo farmacologico e clinico di ciascuna di queste molecole. Etoricoxib, ultimo arrivato sullo scenario della terapia antinfiammatoria e analgesica delle malattie reumatiche, è caratterizzato da un’azione rapida e prolungata e, rispetto ai coxib già disponibili, dimostra un’inibizione preferenziale per Cox-2 superiore a quella manifestata per esempio da celecoxib e da rofecoxib.

Efficacia nell’artrite reumatoide e nelle forme di osteoartrite


La letteratura internazionale mette a disposizione due studi clinici controllati che hanno utilizzato etoricoxib nel trattamento dell’artrite reumatoide. Il primo studio, inizialmente finalizzato alla definizione della dose ottimale, è stato in seguito proseguito per un anno. Un secondo studio, più ampio, di confronto con un altro Fans di impiego “storico”, naprossene, ha coinvolto centri a livello internazionale e anch’esso è stato proseguito per un anno.
Il primo studio, ha dimostrato che etoricoxib è in grado di controllare la recrudescenza della sintomatologia in pazienti affetti da artrite reumatoide che hanno sospeso un precedente trattamento con Fans: in particolare le posologie di 90 e 120 mg/die si sono dimostrate capaci di modificare lo stato di attività globale della malattia reumatoide entro le otto settimane di trattamento. Poiché entrambi i dosaggi hanno dimostrato effetti terapeutici similari, la dose ottimale di etoricoxib per il trattamento dell’artrite reumatoide è stata identificata in
90 mg/die (Curtis SP et al, Eular 2001, Praga 13-16 giugno). Individuata la dose ottimale, etoricoxib (90 mg/die) è stato confrontato con placebo e con naprossene (1000 mg/die) per 12 settimane in una casistica di oltre 800 pazienti con AR che assumevano farmaci di fondo DMARDs (Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs, 47.8%) e steroidi (31%) a dosi stabilizzate. Le entità delle risposte ai trattamenti sono state sovrapponibili o leggermente superiori per etoricoxib (J Rheumatol 2002; 29: 1623).
Nelle forme di osteoartrite, etoricoxib ha dimostrato di essere in grado di esprimere la massima efficacia clinica alla posologia di 60 mg/die (un ulteriore incremento posologico non ha dimostrato di garantire benefici terapeutici aggiuntivi) (Rheumatology 2002; 41: 1052) e, quando confrontato con diclofenac, ha manifestato efficacia di pari ampiezza ma anche una più rapida comparsa degli effetti terapeutici (Curr Med Res Opin 2003; 19: 725).

Valutazione della tollerabilità: risultati dello studio EDGE


Accanto alle diverse evidenze cliniche che hanno dimostrato l’efficacia di etoricoxib nel trattamento dei segni e dei sintomi dell’artrosi, dell’artrite reumatoide e dell’artrite gottosa acuta, uno studio recente presentato in occasione dell’ultima edizione del congresso annuale dell’American College of Rheumatology (San Diego, Texas, 16-21 ottobre 2004) ha dimostrato che etoricoxib possiede una migliore tollerabilità gastrointestinale, rispetto a diclofenac sodico, con un’incidenza simile di eventi cardiovascolari trombotici.
Si tratta dello studio EDGE (Etoricoxib Diclofenac Gastrointestinal Evaluation), un trial clinico multicentrico, randomizzato in doppio cieco, che ha incluso pazienti con osteoartrosi e li ha randomizzati a un trattamento con etoricoxib 90 mg/die (pari a 1.5 volte il dosaggio massimo raccomandato per l’osteoartrosi) o a diclofenac 50 mg/tid. I pazienti sono stati sottoposti a un lungo periodo di trattamento (fino a 16.5 mesi, in media 9 mesi) e sottoposti a ripetuti controlli (allo screening, al basale, a 1, 4, 8 e 12 mesi). Lo studio ha incluso pazienti di 50 anni e oltre (età media 64 anni) con una diagnosi clinica di osteoartrosi (ginocchio, anca, mano o colonna vertebrale) per la quale era necessario il trattamento cronico. All’inizio dello studio circa il 4% dei pazienti (in entrambi i gruppi) presentava una storia clinica di un evento al tratto gastrointestinale superiore, il 37% era considerato ad alto rischio di malattia cardiovascolare, il 45% era iperteso e il 28% era in terapia con acido acetilsalicilico a basso dosaggio.
L’endpoint primario dello studio è stato la tollerabilità gastrointestinale (incidenza cumulativa di pazienti che interrompevano lo studio a causa di eventi avversi clinici o di laboratorio a livello gastrointestinale); sono stati inoltre considerati la sicurezza e la tollerabilità globale, le interruzioni correlate a edemi, ipertensione, eventi avversi epatici associati a segni di disfunzione renale oppure di insufficienza cardiaca congestizia. Infine lo studio ha preso in considerazione anche la sicurezza cardiovascolare trombotica (valutata mediante il confronto degli eventi cardiovascolari trombotici) ed eventi gastrointestinali quali sanguinamento, ulcera, perforazione (sebbene si prevedesse una attendibilità relativa per via della concessione al concomitante impiego di acido acetilsalicilico e gastroprotettori).
I risultati di questo studio indicano che etoricoxib dimezza il rischio di interruzione della terapia per effetti collaterali gastrointestinali (clinici e di laboratorio) rispetto a diclofenac. Si sono verificati 9.4 eventi su 100 pazienti-anni nei soggetti in trattamento con etoricoxib versus 19.2 eventi nei pazienti trattati con diclofenac, con una riduzione del rischio del 50% (p<0.001). Sul fronte cardiovascolare il rischio relativo di etoricoxib rispetto a diclofenac è stato 1.07 per gli eventi che si sono verificati entro 14 giorni dall’interruzione del trattamento e 1.02 per gli eventi occorsi entro 28 giorni dall’interruzione del trattamento (un rischio relativo pari a 1.00 indica che l’incidenza di eventi nei pazienti di un gruppo di trattamento è uguale all’incidenza osservata nel gruppo di confronto).
Per gli effetti collaterali in generale, dallo studio EDGE è emerso che un minor numero di pazienti ha interrotto lo studio per qualunque evento avverso con etoricoxib rispetto a diclofenac.
I numerosi elementi disponibili confermano dunque che la selezione dei pazienti, la scelta del dosaggio, la durata del trattamento e il suo monitoraggio rappresentano altrettanti elementi chiave per una corretta prescrizione dei coxib e per il raggiungimento dell’obiettivo di un favorevole rapporto rischio-beneficio nella pratica clinica quotidiana.