M.D. numero 23, 22 giugno 2005

Tribuna
Una professione gravata da rischi e coercizioni
di Leonardo Trentadue Medico di medicina generale, Ferrandina (MT)

Ho partecipato a un corso Ecm sugli aspetti medico-legali nella pratica della medicina generale e ho constatato che a ogni incremento delle mie conoscenze in materia si è aggiunto un calo esponenziale del mio già precario tasso di tranquillità professionale. Come potrei mantenere intatto il mio equilibrio prendendo sempre più coscienza che nessun Mmg, nell’espletamento della propria attività, è scevro da rischi in qualsiasi situazione si trovi a operare? A molti colleghi ciò sembrerà scontato, però un conto è mantenere nei sottosuoli dell’inconscio certe indistinte percezioni e un altro è averne precisa contezza. La consapevolezza dovrebbe generare maggiore sicurezza, ma invece mi ritrovo a dover fare i conti con un’inquietudine crescente per il mio lavoro e non solo per i rischi professionali.

Qualunque movimento o azione della mia vita professionale mi espone a rischi di ordine legale, per esempio devo prestare molta più attenzione ad ogni consulto telefonico con i pazienti perché ciò mi mette di fronte a innumerevoli variabili potenzialmente foriere di contenziosi medico-legali. Inoltre è indispensabile che io abbia una sempre più accurata gestione della scheda sanitaria. In merito la Cassazione Civile sez. III, nella sentenza del 21 luglio 2003 così ha affermato: “In tema di responsabilità professionale del medico-chirurgo, la difettosa tenuta della cartella clinica naturalmente non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa dei medici in relazione alla patologia accertata e la morte (…)”. Ho imparato che esiste una gerarchia delle fonti a cui fare sempre riferimento e, tra esse, in primis la Costituzione, l’ACN e il Codice di deontologia medica.
Pensavo di essere, come Mmg nell’esercizio delle sue funzioni, un pubblico ufficiale e invece sono solo una persona incaricata di pubblico servizio ai sensi dell’articolo 358 del Codice Penale dove per pubblico servizio si intende “un’attività disciplinata nelle stesse forme della funzione pubblica, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.

L’ambulatorio minato


Ogni volta che metto piede nel mio studio mi accorgo di entrare in un luogo minato, dove si nascondono innumerevoli insidie, una specie di Baghdad in salsa italiota. È inevitabile che mi chieda come sia possibile che colleghi, con funzioni di delegati sindacali, abbiano lasciato passare nel nuovo ACN, anche solo sul piano concettuale, normative pericolose come la possibilità di vedersi revocare la convenzione in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi e l’immissione di un avvocato nel collegio arbitrale? Era proprio necessario aggiungere a tutti i fattori disturbanti della nostra pratica quello a più alto potenziale e cioè lo stress da incertezza lavorativa?
Fra poco ci sarà la pausa estiva (non certo per i Mmg ) e in autunno i nodi verranno al pettine. Non sappiamo come potrà evolvere la situazione. Il nuovo ACN è stato bloccato due volte dalla Corte dei Conti, c’è un ricorso al Tar e un referendum in atto. Sarebbe auspicabile che tutti i colleghi si esprimessero per approvare o dissentire. Una scarsa partecipazione non solo impedirebbe a tutti di cantare piena vittoria ma, quel che conta, è che la frattura all’interno della categoria resterebbe talmente profonda da dare adito alla proposta del leader della Fimmg Mario Falconi che ogni Mmg possa scegliere la nuova o la vecchia convenzione ad una sola condizione però, aggiungo: che siano assicurati, per quelli che opteranno per il vecchio accordo, gli adeguamenti dell’inflazione e gli arretrati.

Perché in gruppo è meglio?

Un’ultima riflessione sull’enfasi odierna che si dà ai medici che operano in associazione e in gruppo. A mio giudizio nessuno dovrebbe svilire il sacrosanto diritto di esercitare la medicina a livello individuale. Se un medico non vuole operare insieme ad altri colleghi, perché renderglielo quasi impossibile, presentando chi tale scelta fa come desueto e anacronistico, un medico d’altri tempi e quindi “da vetuste terapie”? Già la nostra autonomia è messa a dura prova dal capillare controllo al quale siamo sottoposti. Se da quando esiste, il Mmg da solo nel suo ambulatorio se l’è sempre cavata bene, perché istigarne la fine in una prospettiva che non appare per niente chiara e libera da confuse e torbide nebbie?