M.D. numero 23, 22 giugno 2005

Riflettori
Prepararsi a gestire il geriatric-boom

È quanto si augura la Fondazione SmithKline, presentando il volume “Rapporto Sanità 2005 - Invecchiamento della popolazione e servizi sanitari”

Entro 40 anni il numero degli ultrasessantenni in Italia sarà più della metà della popolazione con meno di 59 anni. Superata questa soglia si stima che circa i tre quarti della popolazione avrà una patologia cronica, una vera bomba demografica della quale neppure la ricerca farmaceutica sta tenendo conto in misura adeguata. L’allarme è stato lanciato dal “Rapporto Sanità 2005 - Invecchiamento della popolazione e servizi sanitari”, volume pubblicato dalla Fondazione SmithKline per disegnare una nuova Sanità a misura di anziano. Secondo Marco Trabucchi, direttore del gruppo di ricerca geriatria, l’età anziana viene considerata nei Paesi sviluppati il principale fattore di rischio per la maggior parte delle patologie. La presenza in questa fascia di popolazione di malattie croniche, spesso concomitanti, rende necessario un frequente uso di terapie combinate. A pagare il prezzo più alto di questo trend di crescita saranno i sistemi sanitari nazionali, in sicura crisi di governabilità.

Che fare?


Un fondo nazionale per la non autosufficienza finanziato dalla fiscalità generale, una ridefinizione organizzativa della rete assistenziale, un diverso ruolo dell’ospedale in un quadro di ridistribuzione di funzioni e competenze tra strutture ad alta e bassa intensità terapeutica e medicina territoriale, l’opportunità di costituire una rete geriatrica: sono queste solo alcune delle opzioni individuate per fronteggiare la situazione.
“In particolare - ha precisato il prof. Trabucchi - va compiuta una scelta tra una sanità 'medico-centrica' e una 'ospedale-centrica'. Nel primo caso, più vicino alla realtà italiana, il Mmg si conferma il naturale anello di congiunzione tra struttura sanitaria e assistiti alla ricerca dell’indispensabile continuità assistenziale. Il medico di famiglia fatica però a gestire adeguatamente il carico assistenziale richiesto da questa visione. Sarebbe quindi opportuno considerare la seconda opzione che prevede l’ospedale al centro della rete di sostegno del paziente. Solo così il sistema sanitario può garantire un approccio organico alla cura del malato che eviti sprechi di risorse dovuti a interventi inutili o controproducenti perché privi di una visione d'insieme. Gli Stati Uniti mostrano come questo modello garantisca migliori risultati in termini di qualità delle cure prestate e di continuità assistenziale”.

Farmaci su misura cercasi


Anche la messa a punto di nuovi farmaci deve tener conto del trend demografico. Da una parte le aziende stanno concentrando i propri sforzi su questo nuovo target terapeutico: nel 2000 circa 700 nuovi farmaci, che rientravano nel settore sviluppo dell’industria farmaceutica, erano destinati a malattie della terza età. Tuttavia pochi farmaci, tra quelli oggi di prevalente utilizzo geriatrico, hanno avuto uno sviluppo clinico che tenesse conto delle problematiche legate all'invecchiamento, e pochi sono in grado di soddisfare pertanto in modo specifico e completo i bisogni terapeutici dell’anziano.
Un’analisi descrittiva ha infatti evidenziato che circa un terzo degli studi pubblicati nelle principali riviste scientifiche escludevano senza un’adeguata giustificazione gli anziani dalla casistica trattata nelle sperimentazioni cliniche. Nel 2000 solo il 3.45% degli 8.945 studi clinici randomizzati e l’1.2% di 706 studi di metanalisi erano stati specificamente disegnati nella popolazione di età superiore ai 65 anni. Spesso anche grandi trial disegnati per lo studio di patologie specifiche della popolazione anziana reclutano casistiche selezionate che non rappresentano la reale popolazione trattata. Esistono motivazioni oggettive che spiegano questo stato di cose: le enormi differenze cliniche tra le diversi classi di età, la difficoltà a ottenere il consenso all’arruolamento nei trial, la presenza di patologie concomitanti che alterano i risultati dello studio.

Investire di più in ricerca


Nonostante le difficoltà di gestione di questo cambiamento epocale, paragonabile per impatto a quello della Rivoluzione Industriale, gli autori sottolineano come, d’altro canto, sia importante riconoscere la potenziale capacità di raggiungere un eccellente stato di salute nell’età avanzata. Investendo maggiormente nella ricerca clinica rivolta all’anziano, approfondendo cioè gli aspetti genetici dell’invecchiamento alla ricerca del 'segreto' della longevità, diventa infatti possibile prevedere un ulteriore aumento della sopravvivenza in buone condizioni di salute: “spostando l’aspettativa di vita media a 85 anni o oltre - ha sottolineato Gianfranco Genuini, presidente della Fondazione SmithKline - con una sostanziale compressione della morbilità geriatrica verso il periodo estremo della vita”. In questa prospettiva gli over60 potranno quindi essere considerati non un peso economico per il sistema sanitario, ma una risorsa per la società.