M.D. numero 23, 22 giugno 2005

Focus on
Farmaci: la cura della concorrenza
di Monica Di Sisto

Il recente decreto del ministro della Salute su prezzi dei farmaci in fascia C e il documento in materia dell’Antistrust hanno generato un accesso dibattito in tutto il comparto sanitario.
In particolare tra i medici di famiglia fa discutere la proposta dell’Antistrust di obbligare a trascrivere sulla ricetta non il nome commerciale del farmaco, ma solo quello del principio attivo.

Due articoli colmi di novità: il ministro per la Salute Francesco Storace ha inaugurato il proprio mandato con una rivoluzione “farmaceutica”, almeno dal punto di vista simbolico, affidata al mini-decreto legge
n. 87 del 27 maggio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 maggio scorso.
Con l’art. 1 il ministero ha sancito che il farmacista al quale venga presentata una ricetta medica con la prescrizione di un farmaco di fascia C sia tenuto a informare il paziente dell’eventuale presenza di altri medicinali con stesso principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali.
Se sulla ricetta il medico non ne ha indicato la non-sostituibilità, il farmacista è tenuto a fornire, su richiesta del cliente, un farmaco con il prezzo più basso di quello prescritto. All’Aifa spetta invece il compito di compilare una lista dei farmaci rispetto ai quali è possibile operare la sostituzione. Il ministro ha anche provveduto a bloccare per due anni il prezzo massimo dei farmaci di classe C e C bis, che a differenza dei primi si possono acquistare senza ricetta, ha inoltre attribuito la facoltà ai farmacisti di operare uno sconto al consumo del 20% massimo sui prezzi di listino.
Tale provvedimento ha suscitato immediatamente un acceso dibattito tra le categorie maggiormente interessate ai tagli (farmacisti e industria). Ma anche gli economisti non hanno risparmiato le critiche sottolineando che, ancora una volta, per cercare di governare la spesa farmaceutica si ricorreva a misure tampone sui prezzi senza agire sui meccanismi fondamentali che li determinano. Comunque resta il fatto che i prezzi dei farmaci venduti in Italia risultano in media più alti del 40% di quelli venduti in Europa e negli ultimi tre anni i rincari sono stati del 150%. Detto questo però non va dimenticato che dal 2001 la spesa farmaceutica pubblica sulla spesa totale del Ssn è andata progressivamente diminuendo (dal 15.3% del 2001 al 13.5% del 2005).
Quando erano ancora decisamente accese le polemiche sul provvedimento del ministero, è arrivata stentorea la voce dell’Autorità Antitrust: “il decreto legge Storace sul contenimento della spesa farmaceutica ha delle giuste finalità, ma devono essere eliminati i vincoli ai prezzi e il tetto agli sconti”. Inoltre, sempre secondo l’Antitrust, occorre estendere la vendita dei medicinali anche alla grande distribuzione.

L’Antitrust rincara la dose

La posizione dell’Autorità, nei fatti, è molto più articolata e complessa di quanto le contese successive abbiano potuto far comprendere. Per quanto riguarda i vincoli al prezzo dei farmaci contenuti nel decreto legge del Governo, l’Autorità garante del mercato e della concorrenza in una segnalazione inviata al Parlamento e al Governo ha fatto notare come si fosse già espressa negativamente su tale aspetto, specificando che “con il prezzo massimo non si raggiunge l’obiettivo di contenere le dinamiche dei prezzi, ma al contrario esso può risultare un punto di riferimento utilizzato dalle imprese per attuare comportamenti collusivi. Nè il meccanismo biennale di modifica - aggiunge l’Antitrust - garantisce un calmieramento dei prezzi, dato che i produttori, al momento dell’adeguamento, possono vanificare gli effetti del tetto imposto nei due anni precedenti, aumentando il prezzo in misura elevata”. Sugli sconti, poi, l’Antitrust, apprezzandone il meccanismo, ha giudicato negativamente il tetto massimo del 20% sulla riduzione che i farmacisti possono applicare. “La norma degli sconti - ha affermato l’Antitrust - può avere un effetto positivo solo se viene inserita in una serie di provvedimenti che rendano maggiormente concorrenziale la distribuzione dei farmaci a prezzo libero”. In più, l’Authority ritiene auspicabile l’inserimento di una norma che preveda la predisposizione di confezioni per i farmaci di fascia C a dosaggio, allo scopo di consentire ai farmacisti di preparare e dispensare ai pazienti preparati che contengano la sola quantità esatta di medicinale richiesta dalla prescrizione del medico.

Le proposte della discordia

Il ministro Storace ribatte a Federfarma
“L’Antitrust propone di abolire il prezzo unico su tutto il territorio, una posizione che risponde esattamente alla prima stesura del decreto - chiosa Storace dopo il documento dell’Antitrust - mentre il tetto è stato voluto da Federfarma.
In più l’Antitrust chiede di attuare prezzi senza vincoli, altra battaglia sostenuta invece da Federfarma”.
“Penso - ha proseguito Storace - sia nell’interesse dei farmacisti applicare il provvedimento al massimo, perché, dopo le ansie dei primi giorni, ora risulta più chiaro che abbiamo intenzione di tutelare sia i farmacisti che i cittadini”.

Dulcis in fundo, ha fatto notare l’Antitrust, le norme contenute nel decreto dovrebbero essere accompagnate da altre disposizioni che favoriscano sia la concorrenza fra farmaci (interbrand), incentivando l’utilizzo dei farmaci generici, sia la concorrenza fra le farmacie (intrabrand). Per la concorrenza interbrand dovrebbe essere previsto l’obbligo per il medico di prescrivere solo il principio attivo, in tal modo, fa notare l’Antitrust, la scelta del farmaco sarebbe trasferita al farmacista e al consumatore finale.
Per quanto riguarda invece la concorrenza intrabrand, per l’Antitrust occorrerebbe adottare tre misure:
1) Abolizione del prezzo unico su tutto il territorio nazionale.
2) Abolizione dell’obbligo, per i grossisti, di detenere almeno il 90% delle specialità medicinali di fascia C in commercio, permettendo ai distributori di determinare autonomamente la propria politica di approvvigionamento.
3) Liberalizzazione della vendita dei farmaci di automedicazione consentendo il commercio anche presso punti vendita della distribuzione organizzata, così come avviene in molti Paesi europei.
Il ministro della Salute, dopo l’autorevole richiamo, ha avuto buon gioco nel ribaltare contro Federfarma tutte le accuse a lui rivolte di danneggiamento della filiera del farmaco.

Il decreto taglia prezzi
Decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, recante «Disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2005

Articolo 1

1. Il farmacista, al quale venga presentata una ricetta medica che contenga la prescrizione di un farmaco appartenente alla classe di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, è tenuto a informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in princìpi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, il farmacista, su richiesta del cliente, è tenuto a fornire un medicinale avente prezzo più basso di quello del medicinale prescritto. Ai fini del confronto il prezzo calcolato è unità posologica o quantità unitaria di principio attivo.
2. Ai sensi dell’articolo 1, comma 168, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, l’Agenzia Italiana del Farmaco, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, compila e diffonde l’elenco dei farmaci nei confronti dei quali trova applicazione il comma 1. Una o più copie dell’elenco sono poste a disposizione del pubblico, in ciascuna farmacia.
3. Il prezzo dei medicinali appartenenti alle classi di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, è stabilito dai titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Tale prezzo può essere modificato, in aumento, soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari e, per i farmaci senza obbligo di prescrizione medica (Sop) e per i farmaci di automedicazione, costituisce il prezzo massimo di vendita al pubblico.
4. Le farmacie pubbliche e private possono vendere i farmaci senza obbligo di prescrizione medica (Sop) e i farmaci di automedicazione, operando uno sconto fino al 20 per cento sul prezzo massimo stabilito dall’azienda titolare. Lo sconto può variare da medicinale a medicinale e deve essere applicato, senza discriminazioni, a tutti i clienti della farmacia.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulle confezioni dei medicinali di cui al comma 4
deve essere riportata, anche con apposizione di etichetta adesiva sulle confezioni già in commercio, la dicitura: «Prezzo massimo di vendita euro . . . ».
6. Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1995, n. 490, si applica ai farmaci di cui alla classe c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 557, come modificato dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione di quelli richiamati al comma 4.

Articolo 2


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


Medici contro


“Se i medici prescrivessero soltanto il principio attivo, verrebbero consegnati mani e piedi al farmacista o al suo garzone”: la colorita espressione, molto criticata, del presidente dell’Ordine dei Medici Giuseppe Del Barone riassume però abbastanza precisamente la posizione dei Mmg rispetto ai recenti interventi istituzionali nei confronti del pianeta farmaco.
Anche il segretario nazionale della Fimmg Mario Falconi ha dato un altolà all’Autorità Antitrust, dichiarando inattuabile la richiesta che i medici di famiglia “rinuncino a scegliere ciò che essi ritengono essere il meglio per i loro pazienti”. Falconi inoltre sottolinea l’impossibilità che un Mmg accetti che il farmacista possa sostituire il farmaco prescritto con un generico e poi, se lo stesso paziente ritorna, sostituirlo con un altro diverso dal primo per marca, a seconda della disponibilità delle sue scorte.
In merito, il vice presidente della Simg, Ovidio Brignoli, ha evidenziato che non avrebbe senso costringere il Mmg a trascrivere il principio attivo dei farmaci etici rimborsati dal Ssn, in quanto le specialità omogenee, con brevetto non scaduto, hanno tutte lo stesso prezzo in base alla dose media/die.
Inoltre, nell’ipotesi di una diversificazione estrema dei canali di vendita, resta aperto il problema di un’informazione adeguata sui farmaci, che rimangono tali nonostante la proposta di essere venduti negli stessi scaffali di alimentari e affini.
“La proposta di vendere i farmaci da banco al di fuori del circuito delle farmacie presenta grossi rischi legati alla non conoscenza degli effetti del farmaco stesso, pur se di automedicazione, da parte di personale non qualificato, al di fuori dei classici canali di distribuzione - ha affermato in una nota il presidente nazionale Snami PierGiuseppe Conti -. L’adeguato ragguaglio su effetti, controindicazioni e modalità d’impiego le può fornire per competenza il farmacista e non un semplice addetto alla vendita di un supermercato ”.
Senza la guida attenta del proprio Mmg, stando ai risultati di alcune ricerche, i pazienti italiani potrebbero trovarsi affidati alla unica professionalità del farmacista o, nel futuro prefigurato dall’Antitrust, dalla visibilità delle specialità medicinali negli scaffali dei supermercati, dalla promozione pubblicitaria, quando ammessa, e dal passaparola. È davvero questa la qualità e l’appropriatezza delle cure che pure da più parti si invoca per qualificare il Servizio sanitario nazionale?


I fattori che influenzano i pazienti e i medici nella scelta dei farmaci
In una recente ricerca realizzata dal Forum per la Ricerca Biomedica atta ad indagare quale sia il rapporto dei medici con l’innovazione tecnologica e relativa ai farmaci, al campione dei mille medici interpellato è stato chiesto quali, secondo loro, siano gli elementi che influenzano maggiormente i pazienti nella “scelta di un farmaco”.
Una domanda che, secondo i ricercatori, trova il suo razionale nel fatto che il riconoscimento del carattere essenziale del farmaco nel processo di cura e di mantenimento della salute induce a ritenere strategico anche il punto di vista dell’altro componente della relazione terapeutica, cioè del paziente, dal momento che il rapporto con il farmaco ha da sempre rappresentato un elemento fondamentale dell’approccio del cittadino alla salute.
Le indicazioni dei medici sono risultate sostanzialmente uniformi e, tra gli elementi che influenzano maggiormente i pazienti nella “scelta di un farmaco”, è emerso, secondo il 38.4% dei medici, la conoscenza diretta del farmaco, mentre il 24.8% cita la notorietà di un medicinale e il 18.8% fa riferimento all’inclusione del farmaco nella fascia gratuita.
Il rapporto dei cittadini/pazienti con i medicinali appare dunque, stando alle opinioni espresse dai medici, caratterizzato da una molteplicità di aspetti e di implicazioni culturali che trascendono la dimensione esclusivamente economica e in cui il fattore più importante è rappresentato dall’esperienza diretta.
Per quanto invece concerne il rapporto diretto dei medici con i farmaci, secondo i dati della ricerca è risultato che una volta acquisite le conoscenze sulle caratteristiche e il funzionamento di un farmaco, in particolare se di ultima generazione, i medici preferiscono farsene un’idea personale, libera da qualsiasi possibilità di condizionamento.
Sono prevalentemente gli articoli pubblicati sulle riviste scientifiche che il 41.9% dei mille medici intervistati ha detto di prendere come principale riferimento.
Sono molti meno i medici che si fidano solo di quanto è divulgato in materia mediante i programmi di aggiornamento (il 18.9% degli intervistati) e dagli informatori scientifici (il 18.6%). Ancor meno (8.2%) sono quelli che si fidano delle informazioni fornite direttamente dalle case farmaceutiche o da altri colleghi
in base alla loro esperienza in ambito ospedaliero (7.7%) ed extraospedaliero (2.1%). Praticamente nessuno
degli intervistati, poi, ha detto di considerare determinante per la scelta di un farmaco innovativo la richiesta specifica di un loro paziente.