M.D. numero 22, 15 giugno 2005

Focus on
Il Mmg, l'ospedale e gli specialisti

Mancanza di comunicazione e prescrizioni indotte sono solo due delle criticità presenti nel rapporto tra la medicina di primo e secondo livello che hanno dato linfa a una medicina difensiva da parte dei medici di famiglia. Il nuovo dettato convenzionale ha cercato di enfatizzare quanto già sancito nel precedente ACN per ottimizzare i canali di comunicazione diretta tra i vari livelli d’assistenza.

La dispersione di risorse pubbliche e private la cui causa spesso è addebitata a inappropriate prescrizioni diagnostico-terapeutiche non dipende da un problema di cattiva formazione, di “consumismo sanitario” oppure di mancanza di responsabilità di sistema da parte dei medici più vicini alle famiglie italiane.
Il corto circuito, si conviene sempre più diffusamente, osservando i dati di resa del sistema, si verifica nel rapporto tra paziente, medico di famiglia e ospedale, e tra paziente, Mmg e specialista. Quando il governo clinico passa di mano, e fa centro sull’ospedale a seguito di un ricovero del paziente, oppure di un consulto specialistico non governato dal Mmg, spesso è in quel momento che si verifica la maggiore dispersione di risorse. La mancanza di comunicazione tra medico di famiglia e struttura ospedaliera, ma anche la pressione verso la trascrizione di prescrizioni dello specialista, indotta dalla minaccia di revoca della scelta, sono le principali cause di inappropriatezza e di medicina difensiva da parte dei Mmg.
La nuova convenzione, sulla traccia di quanto dettato dal precedente ACN, ha cercato di intervenire su questi cortocircuiti e di creare da un lato canali di comunicazione immediati tra struttura ospedaliera e Mmg, dall’altro di attribuire una responsabilità diretta allo specialista sulla sua attività prescrittiva. Una strada che anche le Regioni stanno percorrendo con crescente convinzione.

Dati e criticità

L’assenza di una regolamentazione concordata dei rapporti tra medici di famiglia e medici specialisti comporta dei rischi per la qualità dell’assistenza sanitaria.
Secondo un’indagine del Centro Studi Investimenti Sociali (CENSIS) condotta su un campione di 600 Mmg, il 28.4% dei pazienti che presentano un disturbo che appare a loro serio si rivolgono direttamente ad uno specialista. Una realtà già ratificata da precedenti indagini che resta immutata.
Da un’indagine condotta dalla Società Italiana di Medicina Generale, per esempio risulta che le richieste di consulenza specialistica prescritte dal medico di medicina generale sono determinate per circa il 22% direttamente dai pazienti, per il 35% dagli stessi specialisti (di queste circa il 92% per visita di controllo e l’8% per visita di altro specialista) e per il 42% dai medici di famiglia.
Il 30% dei pazienti di ritorno da una visita specialistica a carico del Ssn non sa da chi è stato visitato, nel 40% dei casi neppure il Mmg è in grado di decifrare la firma dello specialista, nel 20% dei casi la risposta al consulto richiesto avviene attraverso la viva voce del paziente e più spesso il consulto dello specialista consiste essenzialmente nella sola prescrizione di esami o/e farmaci (Ricerca & Pratica 1995; 11: 39).
Non a caso, la frequenza di richiesta di esami laboratoristici in Italia è superiore a quella media rilevata negli altri Paesi europei (Br J Gen Pract 1995, 45: 21). Anche i ricoveri ospedalieri sono determinati per il 45% dallo specialista, per il 33% dal medico di medicina generale, per il 18% dai pazienti presentatisi spontaneamente in pronto soccorso e per il 3% dalla guardia medica (Occhio Clinico 1996, 4: 37).
Riguardo alla prescrizione di farmaci, va anche rilevato che uno su dodici anziani che afferiscono a un ambulatorio ospedaliero o al pronto soccorso rischiano la prescrizione di un farmaco inappropriato (Arch Intern Med 2004; 164: 305-12) oppure una ricettazione di farmaci in difformità con le note AIFA o le schede tecniche ministeriali. Quest’ultima prassi porterebbe a rilevare sperimentazioni di farmaci non autorizzate in violazione all’art. 3, comma 1, legge n. 94/1998.
Queste criticità e difficoltà di comunicazione tra medico curante e specialista non favoriscono quella coordinazione dei servizi che consente all’utente di percepire risposte univoche e integrate ai suoi bisogni di salute.
Inoltre tali dicotomie sono la causa di un mal utilizzo delle risorse sanitarie. Spetterà comunque alle Aziende sanitarie, insieme ai medici coinvolti, migliorare istituzionalmente la qualità della comunicazione tra sanitari ospedalieri e del territorio. Ma attualmente l’ottimizzazione della comunicazione e dell’interazione tra la medicina di primo livello e quella di secondo livello è in diverse realtà locali lasciata spesso alla sola sensibilità personale dei singoli amministratore e medici.

Monica Di Sisto


Ottimizzare la comunicazione: cosa dice il dettato convenzionale

di Mauro Marin Medico di medicina generale, Pordenone

L’ACN 2005 all’art. 49, comma 2, afferma che i Direttori Generali devono stabilire regolamenti per coordinare i rapporti tra medici ospedalieri e medici del territorio, sentito il Comitato Aziendale e i Direttori Sanitari, nelle seguenti materie:
a) dovuto accesso del medico di famiglia ai presidi ospedalieri della stessa azienda in fase di accettazione, degenza e dimissione del proprio paziente;
b) modalità di comunicazione tra ospedale e medico di famiglia in relazione ai ricoveri dei propri assistiti, anche mediante strumenti telematici;
c) rispetto da parte dei medici ospedalieri nelle prescrizioni delle note AIFA, delle esenzioni previste dal D.M. 329/1999 e delle modalità di prescrizione sul nuovo ricettario regionale previste dall’art. 50 della legge 326/2003;
d) rispetto delle norme di prescrizione diretta dei controlli programmati entro 30 giorni dalla dimissione e della esenzione per gli esami da eseguirsi in funzione del ricovero programmato.

Dimissioni protette

L’art. 49 afferma che il Direttore Generale deve garantire che il medico di famiglia riceva la lettera di dimissione contenente la sintesi dell’iter diagnostico-terapeutico ospedaliero e i suggerimenti terapeutici per l’assistenza domiciliare (comma 3), oltre ai farmaci in dimissione per evitare discontinuità terapeutica fino alla nuova presa in carico da parte del medico curante se le disposizioni regionali e aziendali lo prevedono (comma 4). In caso di dimissioni protette, il medico ospedaliero concorda col medico di famiglia gli eventuali interventi necessari di supporto all’assistenza domiciliare (comma 5).
In ogni caso, se lo ritiene opportuno, il medico di famiglia può accedere in tutti gli ospedali pubblici e le case di cura convenzionate o accreditate anche ai fini di evitare dimissioni improprie con il conseguente eccesso di carico assistenziale a livello domiciliare, secondo l’art. 49, comma 6.
L’art 49 al comma 7 prevede la possibilità dei Direttori Generali di costituire una commissione interaziendale tra medici ospedalieri e medici di famiglia con il compito di esaminare e proporre soluzioni su eventuali cause di disservizio e di conflitto nei rapporti tra ospedale e territorio.

Questioni di responsabilità

Quando il paziente ricoverato è ancora a rischio, la dimissione precoce comporta una responsabilità del medico ospedaliero in caso di danno, secondo la sentenza n. 514/2004 della Cassazione Penale sezione IV, depositata il 7 giugno 2004.
Al fine di garantire una effettiva continuità assistenziale tra ospedale e territorio come ora prevista dagli artt 49 e 51 dell’ACN 2005, va ricordato che la lettera di dimissione deve essere messa a disposizione del paziente e costituisce un preciso dovere d’ufficio del medico ospedaliero, ai sensi del D.M. 28.9.1991 pubblicato in GU n. 13 del 17.1.1992.
Il Garante per la Privacy con la Circolare datata 12 giugno 2000 ha stabilito che referti e diagnosi illeggibili ostacolano il diritto del paziente di conoscere i propri dati sanitari, per cui è dovere degli specialisti e delle Direzioni Sanitarie Ospedaliere assicurare risposte di consulenze e lettere di dimissioni leggibili ed esaurienti.

Il consulto specialistico

Secondo l’art. 51 dell’ACN il medico di famiglia fa richiesta di indagine, prestazione o visita specialistica corredata dalla diagnosi o dal sospetto diagnostico (comma 2) e di seguito il medico specialista formula esauriente risposta al quesito diagnostico con l’indicazione “al medico curante” (comma 4).
Secondo il comma 5 dell’art. 51, qualora il medico specialista ritenga opportuno richiedere ulteriori consulenze specialistiche o ulteriori indagini per la risposta al medico curante, formula direttamente le relative richieste sul modulario previsto dalla legge 326/2003.
Secondo il comma 7 dell’art. 51, le Aziende devono emanare disposizioni per la prescrizione diretta sul ricettario regionale da parte dello specialista di eventuali indagini preliminari agli esami strumentali, di tutti gli approfondimenti necessari alla risposta al quesito diagnostico posto, degli accertamenti preliminari a ricoveri o a interventi chirurgici (DM 30.6.1997 in G.U. n. 209 del 8.9.1997), nonché della richiesta delle prestazioni da eseguire entro 30 giorni dalla dimissione o dalla consulenza specialistica.
Gli assistiti possono inoltre accedere alle strutture pubbliche senza la richiesta del medico curante per le seguenti specialità: odontoiatria, ostetricia e ginecologia, pediatria, psichiatria, oculistica, limitatamente alle prestazioni optometriche, attività dei servizi di prevenzione e consultoriali, secono l’art. 51 comma 6.

Normative disattese


Tutte queste norme erano già contenute nel DPR n. 270/2000 all’art. 37, commi 5 e 7, al fine di individuare le spese ordinate dai medici convenzionati e quelle indotte dai medici ospedalieri e responsabilizzare i veri prescrittori al rispetto dei tetti di spesa programmati come affermava già l’art 72, comma 6, del predetto decreto. Tuttavia esse sono spesso ancora disattese per l’assenza di un programma di vigilanza e monitoraggio degli accordi interaziendali da parte delle Direzioni Sanitarie, l’assenza di sanzioni agli inadempienti e l’inerzia delle commissioni interaziendali.
Appare chiaro, quindi, che non è compito del medico curante trascrivere esami richiesti dallo specialista. Pertanto lo specialista abilitato all’uso del ricettario regionale ha il dovere d’ufficio di prescrivere direttamente gli accertamenti che ritiene necessari come parte integrante della sua prestazione, non essendoci altro sanitario tenuto per contratto a questo compito e abilitato all’uso del ricettario regionale e inoltre essendo deontologicamente scorretto delegare al Mmg improprie funzioni che esulano dai suoi compiti dovuti.
Lo specialista dipendente che intenzionalmente disattende questo compito commette dunque una violazione disciplinare contrattuale e ordinistica e può incorrere nel reato di omissione d’atti d’ufficio (art. 328 CP), ipotesi che in caso di condotta recidivante non può essere ignorata dalle Direzioni Sanitarie come ben spiega l’art. 40 CP affermando: non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Prescrizioni indotte


Il fenomeno diffuso delle prestazioni indotte diagnostiche solleva le questioni della verifica indipendente della loro effettiva utilità, del conseguente allungamento delle liste di attesa per i primi accertamenti e le prime visite specialistiche realmente necessarie, della priorità degli interventi da finanziare, disponendo di risorse limitate e di rilevazioni su carichi di lavoro specialistici che non sono più solo espressione dei bisogni reali degli utenti. Emblematica in tal senso è la consuetudine in molti ambulatori specialistici di rilasciare acriticamente ai pazienti un lungo elenco prestampato di accertamenti diagnostici da eseguire prima di ogni successiva visita di controllo.
Il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n. 24/1997 ha stabilito che il medico specialista convenzionato, a differenza dello specialista dipendente pubblico, non ha titolo all’uso del ricettario regionale, ma deve limitarsi a visitare il paziente e fornire in busta chiusa la consulenza al medico curante a cui spetta l’ulteriore gestione diagnostico-terapeutica del paziente in regime di assistenza convenzionata col Ssn.
Il TAR Puglia con sentenza n. 6905/2004 ha invece affermato la legittimità dell’uso diretto del ricettario regionale da parte del medico ospedaliero dipendente per la prescrizione.
La circolare del Ministero della Sanità del 23.10.96 (in G.U. n .254 del 29.10.96) afferma che il medico ospedaliero deve informare il paziente circa il regime di concedibilità sul territorio da parte del Ssn dei farmaci prescritti, sia in casi di consulenza e sia all’atto della dimissione ospedaliera.
La terapia prescritta dallo specialista nella risposta al consulto è da intendersi solo come un suggerimento, cioè come un consiglio non vincolante da sottoporre alla valutazione del medico curante, in quanto unico responsabile sia della continuità assistenziale globale del paziente e sia della trascrizione del farmaco su ricettario regionale.
Infatti, l’art. 1, comma 4, del D.L. n. 322/96 sancisce la responsabilità contabile personale, con il conseguente onere di risarcimento, per il medico di famiglia che effettua prescrizioni inappropriate a carico del Ssn anche se indotte dallo specialista, mentre l’art. 1, comma 16, della legge n. 724/1994 afferma l’obbligo delle Aziende Sanitarie di denunciare all’autorità giudiziaria gli autori di prescrizioni indebite.

Esperienze regionali

La Regione Emilia Romagna con la delibera n. 2142/2000 “Semplificazione dell’accesso alle prestazioni specialistiche ambulatoriali” e prima ancora la Regione Lombardia con la delibera n. 12317/1991 hanno disposto la prescrizione diretta di esami da parte dello specialista.
La delibera lombarda aveva lo scopo di identificare e responsabilizzare i veri ordinatori di spesa e di evitare ai pazienti il disagio dovuto a inutili andirivieni tra ospedale e studio del medico curante. L’applicazione di questa delibera ha fatto rilevare tre tipi principali di condotte negli specialisti (Rivista SIMG 1996; 1: 22-23):
n adeguamento alla regolamentazione, mediante prescrizione diretta degli esami rispettando il ruolo del medico curante (adottata dalla maggioranza degli specialisti);
n rifiuto della regolamentazione ignorando intenzionalmente la delibera e continuando a richiedere ai pazienti la trascrizione di esami da parte del medico curante confinato di fatto in un ruolo segretariale improprio;
n strumentalizzazione della regolamentazione con un’indebita presa in carico dei pazienti anche oltre i limiti della consulenza, prescrivendo accertamenti e altre visite specialistiche estranee all’oggetto del consulto richiesto dal medico curante, fissando successive visite di controllo non richieste e ripetute ad oltranza senza che la loro utilità sia concordata col medico curante, modificando terapie croniche concomitanti estranee all’oggetto del consulto richiesto, autopromuovendo un ruolo diretto dello specialista nell’ambito delle cure primarie.


Se ospedale e Mmg si mettono in rete


È stato denominato progetto SOLE (Sanità OnLinE www.progetto-sole.it) ed è arrivato terzo classificato nella categoria “governo clinico” del premio per le Eccellenze nei Servizi sanitari attribuito dal Forum Pubblica Amministrazione per questo 2005. Il progetto SOLE vuole illuminare i rapporti tra ospedale e territorio nelle aziende sanitarie dell’Emilia Romagna, capofila l’Ausl di Imola, costruendo una rete integrata con i medici di famiglia e specialisti online. Obiettivo finale: migliorare i processi di comunicazione e facilitare la gestione dei percorsi diagnostici. A beneficiarne saranno innanzitutto i pazienti, per i quali diventerà più semplice la prenotazione delle prestazioni diagnostiche, specialistiche e dell’accettazione ospedaliera grazie all’acquisizione automatica della ricetta elettronica inviata dal medico.
Il “Progetto Sole”, finanziato tutto con fondi interni, costa 22 milioni di euro e rientra nell’ambito del Piano telematico regionale. È stato lanciato con una verifica della dotazione informatica e funzionale delle aziende coinvolte. Successivamente sono stati creati dei gruppi di lavoro interdisciplinari per individuare le soluzioni migliori per le esigenze delle singole aziende. Solo al termine di questa prima fase di analisi è stato preparato il piano di fattibilità esecutivo che è stato approvato a giugno 2003, data effettiva di inizio del progetto che è stato suddiviso in quattro fasi per poter consentire ai medici e alle strutture sanitarie in rete di gestire telematicamente una serie di attività:
n prescrizione e refertazione;
n notifica di ricovero e dimissione;
n notifiche di scelta e di revoca;
n il fascicolo sanitario del paziente e molte altre ancora.
Il tutto in assoluta sicurezza visto che il sistema è conforme al trattamento criptato dei dati sensibili secondo i principali organismi di controllo italiano (UNI/U72), europeo (CEN/TC251) e internazionale (ISO/TC215, HL7) per lo scambio delle informazioni sanitarie.
“Si è proceduto - ha spiegato Anna Darchini dell’Asl di Imola - a integrare le anagrafiche online dei pazienti, mettere in rete i registri dei pazienti, rendere possibile la trasmissione elettronica di documenti clinici come ricette, referti, lettere di dimissioni e perfino la cartella clinica”. Nel caso in cui si abbiano più ospedali in rete e centri distrettuali per il coordinamento dell’assistenza domiciliare integrata, è stato scelto di avere un’unica porta applicativa cui i medici si connettono tutti insieme.

La sperimentazione

Dopo aver raggiunto una buona omogeneità informatica tra i diversi soggetti coinvolti, si è passati alla sperimentazione preliminare del progetto. È stato selezionato un campione rappresentativo di medici di famiglia sperimentatori del servizio, ed è stata effettuata l’installazione dei software, l’avvio e la formazione degli utenti aziendali. Grazie a questa prima fase si è potuto collaudare il modello ed è stata rilevata la qualità dell’utilizzazione del sistema, in modo da verificare la necessità di eventuali modifiche. Tra tre mesi avverrà il collaudo generale, ma in sei aziende sanitarie è già stata attivata la fase di verifica e il rilascio dei servizi applicativi. Su queste aziende sono stati già completati i cicli di formazione necessari mentre nelle restanti aziende sanitarie del territorio sono in corso di attivazione. Lo slogan con il quale i suoi ideatori lo hanno presentato è: “Più servizi, meno costi, meno tempo”, ma soprattutto più appropriatezza, nel momento in cui il medico di medicina generale può contare su un dialogo costante (e non arbitrario, grazie all’imparzialità del mezzo telematico) con le strutture sanitarie del territorio.

Monica Di Sisto