M.D.
numero 22, 15 giugno 2005
Dialoghi
clinici
Inquadramento delle allergie e intolleranze
alimentari
Medicina Generale a cura di: Gian Paolo Andreoletti,
Medico di medicina generale Vertova (BG)
Specialistica a cura di: Gianenrico Senna, Unità Operativa di
Allergologia Ospedale Civile Maggiore Verona
Le intolleranze alimentari interessano circa il 5% della
popolazione generale, con incidenza prevalente nel sesso femminile
e un picco di frequenza in età pediatrica. Si dividono,
da un punto di vista eziopatogenetico, in allergie alimentari
(food allergy), determinate da reazioni immunologiche, più
spesso IgE mediate, e in intolleranze alimentari su base non
immunologica (food intolerance), causate per esempio da deficit
enzimatici (come la carenza di lattasi), da azione tossica alimentare
diretta o da fenomeni di degranulazione mastocitaria pseudoallergica.
Quali sono gli allergeni alimentari
più comuni?
Nonostante la sempre
maggiore varietà di alimenti presenti sulle nostre tavole,
oltre il 95% delle reazioni allergiche sono scatenate da relativamente
pochi cibi quali latte, frumento, uovo, arachidi e frutta secca,
pesce, crostacei e soia. Peraltro caratteristiche etniche e
culturali condizionano la frequenza di sensibilizzazione ai
cibi nei singoli Paesi. È curioso il fatto che a parità
di consumo le reazioni allergiche ad arachidi siano la causa
più frequente di anafilassi negli Stati Uniti, mentre
siano molto rare in Cina. La spiegazione risiede nel fatto che
negli Stati Uniti si mangiano arachidi tostate che hanno elevata
allergenicità, mentre in Cina si consumano prevalentemente
arachidi bollite che perdono con la cottura il potenziale allergenico.
In Medio Oriente invece il sesamo è lallergene
alimentare più comune, in Cina i nidi di rondine. Tuttavia
va segnalato che il restante 5% delle reazioni allergiche a
cibi può essere scatenato da qualsiasi alimento. Per
esempio del tutto recentemente abbiamo segnalato reazioni allergiche
al melograno, al pinolo, al seme di papavero, alla giuggiola.
Quali sono le principali manifestazioni
cliniche gastrointestinali e sistemiche delle allergie alimentari?
Lo shock anafilattico rappresenta lespressione più
grave e drammatica dellallergia alimentare. Il rilascio
di mediatori nel circolo sistemico, fra i quali il più
noto è listamina, in seguito alla reazione allergica,
determina un repentino e importante calo pressorio che si accompagna
frequentemente alla comparsa di orticaria generalizzata, coliche
addominali e interessamento respiratorio (asma, edema della
glottide). Sintomi premonitori che devono essere valorizzati
nella diagnosi precoce sono la comparsa di prurito intenso al
palmo delle mani e alla pianta dei piedi o di una tosse stizzosa.
Una forma molto particolare è lanafilassi da sforzo.
In questi casi, soggetti allergici a un alimento manifestano
anafilassi solo se lingestione dellalimento è
seguita da uno sforzo fisico entro 30-40 (anafilassi da
sforzo fisico alimento-specifico dipendente).
Si è recentemente dimostrato che lanafilassi da
sforzo in caso di allergia al frumento è legata a un
allergene rappresentato da aggregati di omega-5-gliadina, la
cui formazione si verifica quando viene svolta attività
fisica in corso di processi digestivi. In altri casi peraltro
la reazione anafilattica si verifica non in presenza di sensibilizzazione
a un singolo alimento, ma solo in caso di breve intervallo fra
il pasto e la successiva attività fisica (anafilassi
da sforzo non alimento-specifico dipendente).
Manifestazioni cutanee dellallergia alimentare sono rappresentate
dallorticaria acuta e dalleczema atopico in età
pediatrica. I vapori aerodispersi contenenti proteine allergeniche
alimentari sono talvolta responsabili di sintomi respiratori
come rinite, asma, e, pur eccezionalmente, anafilassi. In questo
caso le proteine allergeniche sono estremamente termostabili.
Segnalazioni sono state riportate per il latte, il pesce, i
crostacei, i legumi, la patata durante la cottura o la bollitura.
Quadri più tipicamente gastrointestinali sono invece
lesofagite eosinofila e la gastroenterite eosinofila,
caratterizzate da una infiltrazione eosinofila della mucosa,
dallassenza di vasculite e dalla contemporanea presenza
di eosinofilia nel 50% dei casi. Sembrano legate da meccanismi
sia IgE sia non IgE-mediati dal punto di vista patogenetico.
Si associano frequentemente a malattie atopiche e ad allergie
alimentari, ma anche in questi casi non sempre il meccanismo
è reaginico e lallergene non è evidenziabile
con i comuni test diagnostici. Va segnalato un incremento di
questa, patologia forse secondario allaumento della terapia
con inibitori della pompa protonica.
La prognosi dellesofagite eosinofila non è chiara
e non è attualmente possibile stabilire la sua potenziale
evolutività nellesofago di Barrett.
La gastrite eosinofila - pur comune a tutte le età -
è più frequente nei bambini e si manifesta con
sintomi digestivi (vomito esplosivo, epigastralgie, coliche),
ma anche con perdita di peso o ritardo di crescita.
La proctocolite indotta da proteine alimentari è un altro
quadro tipicamente pediatrico della patologia gastroenterica
eosinofila. Mediata da meccanismi cellulari, si caratterizza
per la presenza di sangue nelle feci, non complicata da ritardo
staturo-ponderale. Latte e soia sono gli alimenti più
frequentemente coinvolti.
Come si pone la diagnosi di allergia alimentare?
Lalgoritmo diagnostico dellallergia alimentare non
si discosta concettualmente da quello della diagnostica classica
delle allergie respiratorie. Un ruolo molto rilevante è
rappresentato dallanamnesi, che è decisiva soprattutto
quando sono responsabili della reazione allergica alimenti che
non fanno parte della dieta abituale. Peraltro la problematica
dei cibi cosiddetti nascosti rende talvolta difficile
lindividuazione dellalimento responsabile in sede
anamnestica. Un esempio nellallergia al latte è
la presenza dellallergene sotto forma di caseinato
in salumi o creme.
Dal punto di vista diagnostico il primo tipo di indagine è
il prick test, rapido, specifico e poco costoso. Questa metodica
va integrata con la tecnica del prick by prick se
si sospetta unallergia ai vegetali, utilizzando lalimento
fresco. Infatti nellestratto diagnostico commerciale laggiunta
di conservanti o antiossidanti può alterare strutturalmente
le proteine allergeniche riducendone o annullandone lantigenicità
e dando luogo a risultati falsamente negativi.
La tecnica del prick by prick prevede in sequenza
una puntura dellalimento fresco e successivamente della
cute del soggetto da testare. Peraltro questa tecnica, non essendo
standardizzata, non è scevra da rischi. Recentemente
abbiamo pubblicato una reazione orticarioide con iniziale edema
della glottide insorta in un soggetto allergico alla nocciola
e testato per la noce brasiliana. Questo test pertanto dovrebbe
sempre essere effettuato in ambiente ospedaliero.
Il dosaggio delle IgE specifiche è unindagine di
secondo livello che ha la sua indicazione in presenza di estese
dermopatie o di dermografismo, condizioni che rendono tecnicamente
impossibile il test cutaneo o in quei soggetti che non possono
sospendere una concomitante terapia antistaminica.
Va inoltre segnalato che la presenza di determinanti antigenici
di carboidrati negli antigeni della frutta può essere
responsabile di cross-reattività sierologiche di scarsa
importanza sul piano clinico. In questo caso una lettura acritica
del dosaggio delle IgE specifiche può comportare linutile
esclusione di numerosi cibi dalla dieta. Per superare questo
problema alcuni autori hanno cercato di stabilire un cut-off
di significatività clinica del dosaggio delle IgE specifiche,
ma - pur in assenza di accordo unanime - questo valore soglia
è stato individuato solo per pochi alimenti (latte, uova,
soia, arachide, frumento).
Di nessuna validità scientifica sono test molto in uso
come il Vega-test, il Dria-test, il test del capello e il test
leucocitotossico, come recentemente documentato da un Position
Paper dellAssociazione Italiana degli Allergologi Ospedalieri
e Territoriali (AAITO).
Anche il dosaggio delle IgG non è sufficientemente specifico,
dal momento che una positività si riscontra sia in soggetti
sani sia in patologie diverse dallallergia alimentare.
Nei casi dubbi il test diagnostico più affidabile è
rappresentato dal test di scatenamento in doppio cieco, che
peraltro comporta notevoli problemi dal punto di vista logistico
e che deve essere effettuato rigorosamente in ambiente ospedaliero
per i potenziali rischi che comporta.
La negatività del test cutaneo
e del RAST esclude la presenza di unallergia alimentare?
Nelle forme di allergia alimentare sostenute da un meccanismo
immunologico non di tipo reaginico è possibile che sia
i test cutanei sia il dosaggio delle IgE specifiche siano negativi.
Esempi clinici sono, come precedentemente esposto, le gastriti
e le esofagiti eosinofile, le coliti e proctocoliti eosinofile,
alcune forme di eczema atopico del bambino e rare forme di anafilassi
intestinale caratterizzate da una violenta sintomatologia addominale
con coliche, vomito e diarrea in assenza di sintomi sistemici.
Sono stati descritti per esempio alcuni casi con unanamnesi
assolutamente significativa scatenati da ingestione di crostacei
nei quali la diagnosi eziologica non è stata confermata
né dal prick test né dal dosaggio in vitro delle
IgE specifiche.
Esiste clinicamente una relazione tra pollinosi, malattie atopiche
e allergia alimentare?
La pollen fruit sindrome o sindrome
allergica orale, presente nel 25-30% dei soggetti affetti
da pollinosi, è lespressione clinica di questa
relazione. È caratterizzata dalla comparsa di prurito
al cavo orale, talora edema delle labbra e della lingua, con
coinvolgimento nei casi più gravi della glottide, in
seguito allingestione di alcuni tipi di frutta o verdura.
Raramente questa sindrome si complica con sintomi intestinali
(epigastralgie, coliche addominali) o sistemici (rinite, asma,
anafilassi).
La patogenesi è legata alla presenza di proteine comuni
nei pollini e in alcuni tipi di vegetali. Lindividuazione
e la precisa definizione di queste proteine rappresenta la chiave
di lettura non solo della cross-reattività tra alimenti
e allergeni respiratori, ma anche della potenziale gravità
dal punto di vista clinico.
Infatti quando la sensibilizzazione è legata a proteine
termolabili o pepsino-sensibili come le profiline (Bet v2) il
quadro clinico si limita a livello del cavo orale, dal momento
che la molecola perde la sua allergenicità nella sua
progressione nel tratto gastrointestinale.
Espressione di questa cross-reattività è la sindrome
orale allergica scatenata dalla mela, dalla pera, dalla ciliegia,
dalla carota e dal finocchio nei soggetti sensibilizzati alla
betulla.
Potenzialmente più grave è la sensibilizzazione
alla chitinasi di classe I (Hev b 6.02), proteina gastroresistente
responsabile anche di quadri di anafilassi in soggetti allergici
al lattice in seguito allingestione di frutta tropicale,
banana o castagne.
Le gravi reazioni anafilattiche in seguito allingestione
di frutta secca (noci, noci brasiliane, mandorla, pistacchio,
cocco, anacardio, nocciola) sono legate invece a una sensibilizzazione
alle legumine/viciline, proteine termostabili e pepsino-resistenti.
In realtà, una visione più attuale dellallergia
alimentare deve focalizzare lattenzione clinico-diagnostica
non tanto sul singolo alimento quanto piuttosto sulle proteine
responsabili della reazione allergica. Questo spiega la presenza
di cross-reazioni fra alimenti tra loro distanti da un punto
di vista tassonomico, ma caratterizzati dalla comune presenza
delle Thaumatin-like proteins (PR-5), responsabili di sindrome
orale allergica allingestione di mela, peperone, ciliegia,
kiwi e uva. Paradossalmente la frutta della famiglia delle rosacee
(pesca, prugna, albicocca) può essere responsabile di
una modesta sindrome orale allergica se la sensibilizzazione
è nei confronti delle profiline o di quadri gravi di
anafilassi nei soggetti che si sensibilizzano ad altre proteine
(Lipid Transfer Protein).
Lintroduzione a breve di allergeni ricombinanti nella
diagnostica in vivo e in vitro potrà pertanto cambiare
radicalmente lapproccio diagnostico alle allergie alimentari.
Peraltro attualmente una minuziosa raccolta anamnestica e lo
studio con i test cutanei e sierologici delle cross-reattività
consente di orientarsi con discreta precisione nellindividuazione
delle proteine allergeniche con importanti implicazioni prognostiche.
Infine è di attualità il riscontro che alcune
di queste molecole allergeniche (profiline) rappresentano delle
proteine di difesa delle piante e la loro concentrazione aumenta
nel polline quando la pianta cresce in condizioni di stress
(inquinamento, infezioni, anticrittogamici), forse favorendone
la sensibilizzazione.
Può essere utile una terapia iposensibilizzante in soggetti
con allergia alimentare?
Lallergia alimentare non rappresenta unindicazione
allimmunoterapia specifica. Sul piano sperimentale è
stata tentata unimmunoterapia nellallergia alle
arachidi, che tuttavia ha provocato gravi reazioni sistemiche.
Peraltro sono segnalati in letteratura positivi tentativi aneddotici
di desensibilizzazione al latte e al pesce, ma necessitano ovviamente
conferme su casistiche ampie sia per quanto riguarda la conferma
del risultato clinico sia, soprattutto, la sicurezza.
Un riscontro interessante è invece il miglioramento della
sindrome orale allergica in soggetti allergici alla betulla
sottoposti a immunoterapia specifica per il polline per via
sottocutanea, con persistenza del miglioramento anche dopo sospensione
della terapia.
Quali sono i presidi terapeutici dietetici e farmacologici in
presenza di allergie alimentari?
Alla base della terapia dellallergia alimentare sta leliminazione
dellalimento cui loggetto è sensibilizzato
e degli alimenti cross-reagenti. Ovviamente in caso di insuccesso
(ingestione accidentale dellalimento) il trattamento va
mirato in rapporto alla gravità della reazione.
Nelle forme più modeste di orticaria è sufficiente
luso degli antistaminici, mentre lassociazione di
steroidi va riservata ai casi più impegnativi o in presenza
di angioedema.
Limpiego di adrenalina va riservato ai casi in cui è
presente un potenziale rischio di vita per anafilassi o edema
della glottide.
In un futuro non troppo lontano gli anticorpi anti-IgE potrebbero
garantire una protezione dei soggetti con pregressi gravi episodi
di allergia alimentare soprattutto in situazioni a rischio (soggiorni
allestero), mentre nuove potenziali soluzioni potrebbero
venire dalla disponibilità di cibi transgenici.
Cosa occorre consigliare, in termini preventivi e terapeutici,
a un soggetto con anamnesi di reazione anafilattica da alimenti?
Sul piano preventivo va sottolineato come debba essere prestata
la massima attenzione agli ingredienti dei cibi, soprattutto
quando questi sono confezionati. Questo è particolarmente
rilevante in considerazione della problematica già accennata
dei cibi nascosti. A questo proposito un progresso in termini
legislativi è lobbligo recente di indicare tutti
gli alimenti contenuti in un cibo confezionato, anche se presenti
in tracce. Infatti reazioni allergiche anche gravi possono essere
scatenate da piccolissime quantità di allergene. Accanto
quindi a una scrupolosa attenzione nella lettura delle etichette,
nella scelta dei piatti al ristorante, nellevitare di
cucinare i cibi con posate o utensili già utilizzati
per altri cibi, è necessario dotare chi ha allergie alimentari
di farmaci di pronto uso.
In presenza di una storia clinica di precedenti reazioni anafilattiche
ad alimenti comuni (latte, frutta secca, arachidi, ecc) oltre
allantistaminico e al cortisonico è necessaria
la prescrizione delladrenalina auto-iniettabile. Questo
è infatti un presidio salva vita in caso di anafilassi,
che il paziente deve somministrarsi alla comparsa dei primi
sintomi. È necessaria pertanto una scrupolosa istruzione
del paziente sulle modalità dellauto-iniezione
e sullosservanza della data di scadenza. Va ricordato
che liniezione deve avvenire a livello intramuscolare
nel vasto laterale.
Nel caso in cui il paziente si accorga di disporre solo di unadrenalina
autoiniettabile scaduta è opportuno che comunque la inietti,
dal momento che mantiene una certa attività, che cala
proporzionalmente nel tempo con la data di scadenza. Infine
è opportuno verificare nei successivi controlli che il
paziente mantenga nel tempo labilità di gestire
questo farmaco.
Come si differenziano lallergia al latte vaccino e lintolleranza
al latte da deficit di lattasi?
Lallergia al latte vaccino si manifesta clinicamente con
quadri di tipo reaginico (orticaria, anafilassi) o può
essere responsabile di eczema atopico nel bambino. È
interessante notare come la sensibilizzazione prevalente in
età pediatrica sia nei confronti della lattoalbumina,
mentre nelladulto la caseina è la proteina allergenica.
Sul piano prognostico, mentre lallergia alla lattoalbumina
può scomparire nel tempo, lallergia alla lattocaseina
tende a persistere. Lintolleranza al lattosio (presente
nel 25% della popolazione generale) è legata ad un deficit
digestivo di lattasi generalmente acquisito. Si manifesta in
seguito allingestione di latte con un quadro tipicamente
intestinale caratterizzato da meteorismo, coliche e diarrea
nei casi più gravi.
Il test diagnostico (breath test) consiste nella somministrazione
di un carico di lattosio (5 g) con la successiva analisi gascromatografica
della produzione di idrogeno nellesalato.
Cosa sono le reazioni pseudoallergiche
da amine vasoattive?
Le reazioni pseudo-allergiche (o anafilattoidi nella nomenclatura
anglosassone) sono caratterizzate da una sintomatologia clinica
(orticaria, angio-edema, anafilassi) del tutto sovrapponibile
alle reazioni allergiche sostenute da IgE specifiche, ma non
sono mediate da un meccanismo immunologico.
Esempi paradigmatici sono presenti nella farmacoallergia, come
le reazioni ad antinfiammatori non steroidei o da mezzi di contrasto
iodati. Lesistenza di analoghe reazioni pseudoallergiche
in campo alimentare è tuttora oggetto di discussione.
È documentata lesistenza di una sindrome sgombroide,
legata alla neoformazione di putrescine ad azione istamino-liberatrice
nel pesce (sgombro, tonno, merluzzo) fresco o inscatolato (non
in quello congelato), caratterizzata da orticaria, cefalea e
sintomatologia intestinale.
Sono descritte riacutizzazioni di emicrania scatenate da cibi
che contengono tiramina (formaggi stagionati) o di orticaria
(da amine aromatiche presenti in pomodori o nel vino). Secondo
la letteratura tedesca gli additivi e i conservanti alimentari
sembrerebbero avere un ruolo rilevante nellorticaria cronica,
ma in questo senso non sono concordi gli Autori anglosassoni.
Recentemente è stato invece segnalato un ruolo dei conservanti
alimentari nella rinite vasomotoria non allergica.
Quando si deve sospettare unintolleranza
al glutine e come si diagnostica?
Lattuale disponibilità di una più facile
diagnostica ha identificato una prevalenza di questa patologia
molto maggiore rispetto al passato, fino a raggiungere lo 0.5-1%
nella popolazione generale di razza caucasica. Oltre alla prevalenza
si è molto modificato il quadro clinico di una patologia
che in passato era tipica delletà pediatrica e
oggi deve invece essere attentamente considerata nelladulto.
La celiachia è unenteropatia cronica legata a unintolleranza
al glutine. Sul piano istopatologico si caratterizza per un
appiattimento della mucosa dellintestino tenue, atrofia
dei villi, iperplasia delle cripte e infiltrazione infiammatoria
linfocitaria. Questultimo reperto orienta verso una patogenesi
immunitaria mediata da linfociti T CD4+, anche se recentemente
è stato individuato un ruolo degli enterociti e dei monociti,
mediato da una iperproduzione di IL 15.
Sul piano clinico la classica forma intestinale (diarrea e malassorbimento)
è ancora diagnosticata in età pediatrica, ma soprattutto
nelladulto la celiachia può essere a buon diritto
etichettata come il camaleonte della medicina. Infatti,
accanto a forme intestinali il morbo celiaco deve essere sospettato
in presenza di patologia molto varia quali lanemia sideropenica,
losteoporosi, il ritardo di crescita, la dermatite erpetiforme,
ma anche la sindrome di Guillain-Barré, laftosi
buccale recidivante, linfertilità, gli aborti ricorrenti.
Limportanza di una diagnosi precoce di celiachia risiede
anche nella potenziale evolutività neoplastica della
patologia, che si è dimostrata significativamente associata
a linfomi intestinali e ad altre forme neoplastiche.
La diagnostica sierologica si basa sullottima specificità
e sensibilità dellidentificazione degli anticorpi
anti-transglutamminasi e in misura minore anti-endomisio. Minore
specificità garantiscono gli anticorpi anti-glidina.
Peraltro i test sierologici sono meno sensibili in presenza
di quadri clinicamente più sfumati e in popolazioni a
bassa prevalenza della patologia. In questi casi è necessario
lausilio diagnostico della biopsia nella ricerca della
conferma istologica.