M.D. numero 21, 8 giugno 2005

Focus on
Importanza del target nella gestione del paziente a rischio cardiovascolare
di Claudio Cimminiello – Dipartimento di Medicina, Azienda Ospedaliera “Ospedale Civile”, Vimercate (Milano)

Multifattorialità ed effetto sinergico dei fattori di rischio sottolineano l’importanza di una valutazione delle condizioni globali del paziente e del numero di fattori presenti

M
entre una volta si concentrava l’attenzione su singoli fattori di rischio cardiovascolare, l’atteggiamento oggi prevalente è quello della valutazione del rischio globale. è un passaggio naturale, favorito dalle numerose osservazioni cliniche ed epidemiologiche di questi ultimi anni. Le malattie vascolari hanno infatti una genesi multifattoriale e i fattori di rischio tendono a presentarsi in maniera associata.
Inoltre, la presenza di più fattori non ha semplicemente un effetto additivo ma piuttosto un effetto sinergico e, in termini di efficacia preventiva, la valutazione del rischio globale risulta essere molto più incisiva della valutazione dei singoli elementi (figura 1).
La multifattorialità della malattia cardiovascolare e l’effetto sinergico contribuiscono a sottolineare anche un altro aspetto, e cioè che ai fini della prevenzione è fondamentale che sia effettuata un’accurata valutazione delle condizioni globali del paziente e del numero di fattori di rischio presenti.
Una risposta a questa importante necessità è rappresentata da quegli strumenti che, come le carte e gli algoritmi per il calcolo del rischio vascolare, sono dotati di un elevato livello di efficacia e sono sempre più “misurate” sulla popolazione che si intende trattare.
Dai tempi in cui l’unico paradigma era la popolazione di Framingham, oggi sono disponibili le carte europee “SCORE” e una versione italiana “Cuore ISS” desunte e costruite sui dati di popolazioni corrispondenti ai pazienti che ogni giorno si incontrano nella pratica clinica.
I possibili limiti delle carte “Cuore ISS” sono la breve durata del follow-up per i soggetti di sesso femminile, il numero non elevato di primi eventi cardiovascolari, l’esclusione di fasce di età (oltre i 70 anni) con aspettativa di vita decennale, la mancata considerazione di ulteriori fattori di rischio individuali (per esempio la familiarità, la vita sedentaria, l’indice di massa corporea) che il singolo medico è in grado di apprezzare nei suoi pazienti.
Nella gestione del paziente a rischio, rappresentano un ulteriore progresso i target terapeutici che le linee guida definiscono sempre meglio, arrivando a fissare obiettivi fino a pochi anni fa impensabili: è il caso dei valori di pressione arteriosa che si devono perseguire nel diabetico (130/80 mmHg) o dei livelli di colesterolo LDL (70 mg/dl) da raggiungere per il paziente a rischio particolarmente elevato, come i soggetti con sindrome coronarica acuta.

Come raggiungere gli obiettivi

La progressiva riduzione dei target considerati desiderabili, pur accompagnata dall’ampia disponibilità di farmaci, non ha mancato di mettere in evidenza alcuni aspetti problematici della gestione delle dislipidemie e del rischio cardiovascolare globale. Di fatto il raggiungimento dei target terapeutici è in una buona percentuale di pazienti un obiettivo mancato: è stato infatti dimostrato (e non sembrerebbe trattarsi di un dato isolato) che riceve una terapia ipocolesterolemizzante solo l’85% dei pazienti e di questi raggiunge gli obiettivi di colesterolo LDL solo il 38% dei pazienti in terapia. Se però si restringono le considerazioni ai pazienti con un profilo di rischio elevato (pazienti con coronaropatia) il dato scende al 18% (figura 2). Le responsabilità di questa scarsa attenzione al target possono essere ripartite e assegnate al paziente (che per la scarsa consapevolezza di quanto sia importante una prevenzione ben condotta non raggiunge i livelli di compliance desiderabili), al medico (che potrebbe contribuire in maniera più efficace all’educazione dei suoi pazienti) e, infine, anche al tipo di arma terapeutica disponibile.
In quest’ottica acquista un’importanza decisiva la possibilità di disporre di una classe di farmaci - le statine - in grado di ridurre i livelli di colesterolo totale e LDL in misura assai più marcata di quanto permettessero gli agenti di cui si disponeva in passato. La drastica riduzione dei livelli di colesterolo ha permesso i risultati dei trial “storici” come 4S, CURE, LIPID e WOSCOPS.
I risultati dello studio HPS hanno consentito di estendere l’indicazione per il trattamento con statine a tutti i pazienti a elevato rischio vascolare, per cui oggi a fianco dei pazienti coronaropatici, si trovano anche coloro che hanno problemi cerebrovascolari, di arteriopatia periferica e i diabetici.
La disponibilità di statine di recente generazione come atorvastatina e ancor di più rosuvastatina consente una riduzione della colesterolemia totale e LDL ancora più marcata rispetto alle prime statine (tabella 1). Oggi sappiamo, dalle metanalisi dei molti studi clinici effettuati, che la riduzione dei livelli di colesterolo LDL è il vero “hard endpoint” da perseguire con la terapia ipocolesterolemizzante, cui fanno seguito invariabilmente riduzioni della mortalità e della morbilità ormai ben prevedibili.
La sicurezza a lungo termine e l’efficacia delle nuove statine come rosuvastatina devono essere testate in modelli clinici inediti quali sono lo scompenso cardiaco o la presenza di elevati livelli di PCR, e tali studi sono in corso.
In epoca in cui si dispone di armi farmacologiche così efficaci, deve crescere la consapevolezza che una percentuale ancora molto elevata di pazienti in terapia con statine non raggiunge il target di colesterolo LDL e deve essere compiuto ogni sforzo per ottenere il massimo beneficio che può derivare dal trattamento, conducendo al target fissato per quanti più pazienti possibile.


Tabella 1
Riduzione percentuale dei livelli di colesterolo LDL ottenibili con differenti statine a vari dosaggi
Statina 10 mg 20 mg 40 mg 80 mg
Fluvastatina 15% 21% 27% 33%
Pravastatina 20% 24% 29% 33%
Simvastatina 27% 32% 37% 42%
Atorvastatina 37% 43% 49% 55%
Rosuvastatina 43% 48% 53% 58%