M.D. numero 21, 8 giugno 2005

Focus on
Nuovo ACN tra polemiche e scadenze
di Monica Di Sisto

La nuova Convenzione per la medicina generale non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e non si placano le polemiche sulla sua effettiva agibilità istituzionale. La certificazione negativa reiterata per ben due volte dalla Corte dei Conti sulla sostenibilità economica dell’accordo, e il fuoco di sbarramento di ricorsi e contestazioni legali che Snami ha predisposto sul cammino della Convenzione, non impedisce l’avvio delle trattative a livello regionale, ma di certo avvelena il clima tra le parti proprio quando all’orizzonte si profila già il riavvio delle trattative per il suo ulteriore rinnovo, previsto a norma di legge per il 31 dicembre prossimo.

I presidenti delle Regioni hanno ricevuto nell’aprile scorso una comunicazione dalla Sisac che li informava che, a seguito dell’approvazione della Conferenza Stato Regioni dell’intesa sugli Accordi Collettivi Nazionali in oggetto ai sensi dell’art.2-nonies della legge 26 maggio 2004, n° 138, di conversione in legge del decreto legge 29 marzo 2004, n. 81, sulle proposte di ACN per la medicina generale e per la specialistica convenzionata (Atto di repertorio n. 2272) avvenuta lo scorso 23 marzo, la nuova convenzione della medicina generale era pienamente esecutiva. “La pubblicazione dei testi sulla Gazzetta Ufficiale - si leggeva infatti nella comunicazione - non costituisce più atto decisorio, ma soltanto un atto informativo (…)”.
La Corte dei Conti, tuttavia, è tornata per la seconda volta a esprimere certificazione negativa sulle previsioni economiche della Convenzione.

Cosa non va per la Corte dei Conti
1. Non sono stati riconosciuti i recuperi dell’inflazione reale per il biennio 2002-3 a differenza del personale contrattualizzato.
2. Non c’è la sostenibilità degli oneri contrattuali adottata
dalla Sisac.
3. Non v’è certezza della copertura finanziaria sotto il profilo
della compatibilità e sostenibilità con i vincoli di bilancio.
4. Il finanziamento della spesa sanitaria doveva essere di più
di 90 miliardi di euro non solo per il 2007, ma anche
per gli anni precedenti.
5. I dati di preventivo, relativi al quarto trimestre 2004, evidenziavano una spesa di 88.934 milioni di euro a fronte delle entrate delle Regioni pari a 85.484 milioni di euro,
con un disavanzo di 3.500 milioni.

Le rimostranze dello Snami

Lo Snami, che si sta opponendo con tutti i mezzi a questo nuovo ACN, è preoccupato in particolare per due aspetti.
“Il primo punto - ha spiegato il tesoriere Mauro Martini - riguarda la mancanza del recupero dell’inflazione nel nuovo contratto per i medici convenzionati. Il secondo è allarmante: come possono le Regioni sopperire al pagamento degli onorari dei medici, se già il disavanzo sanitario delle Regioni, è di oltre 11,1 miliardi di euro per gli anni 2001-2003?”.
Riaprire le trattative per la convenzione della medicina generale: è la richiesta dello Snami, che con questo obiettivo ha inviato formale diffida al coordinatore Sisac Luigi Covolo, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al presidente della Conferenza Stato-Regioni Enrico La Loggia, ai ministri della Salute Francesco Storace, dell’Economia Domenico Siniscalco, del Lavoro e delle politiche sociali Roberto Maroni e ai presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano. A tutti si chiede di “operare per la riapertura delle trattative per il contratto dei Mmg, continuità assistenziale, medicina dei servizi, emergenza sanitaria territoriale (118), secondo quanto prevede la legge in seguito alle inequivocabili certificazioni e prese di posizione della Corte dei Conti, che ha fornito per ben due volte il suo parere negativo alla nuova Convenzione”.
Anche il presidente della FNOMCeO, Giuseppe Del Barone, intervenendo al recente Congresso Nazionale Snami a Paestum ha puntato il dito contro l’ACN: “Che la riforma degli Ordini porti il nome di Vietti o di Nania il risultato non cambia: la sanità sembra debba dipendere per la sua parte ‘devoluta’ dalle Regioni e centralmente dal ministero di Grazia e Giustizia. Sono stato 8 volte assessore a Napoli e per molti anni presidente dell’Ordine di quella città, ma ero orgoglioso soprattutto del rapporto medico-paziente che ero riuscito ad instaurare. Quando questo si trasforma in un rapporto medico-équipe, che cosa diventerà? Non vedete che oggi si cerca di svuotare l’importanza del medico, di snaturare anche il suo valore e peso politico?”

Fimmg: l’altro punto di vista

Commentando le obiezioni e le iniziative dello Snami, Mario Falconi, segretario nazionale della Fimmg, ha ammesso: “Mi fanno ridere - riferendosi in particolare all’iniziativa del referendum presso i medici - perché io ho girato almeno venti capoluoghi per spiegare il dettato del nuovo ACN, facendo assemblee, e i medici non hanno contestato i risultati che abbiamo ottenuto, anzi. Questa è una grande Convenzione, anche dal punto di vista economico. Direi persino migliore di quella passata”.
“Rafforzare ancora il territorio - ha dichiarato Falconi a M.D. - è inoltre un passaggio obbligato, non è una scelta virtuosa per la parte pubblica, considerato l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche. O si fa così o non ci sarà più una medicina per il cittadino. Segnalo che c’è un ritardo cronico della politica su tutto quello che c’è tra il domicilio e il ricovero: l’assistenza domiciliare, le RSA, ma anche gli ospedali di comunità sono assolutamente insufficienti. Bisogna, dunque, avere in futuro l’attenzione di investire culturalmente, senza ripensamenti, sul territorio, ma anche di riorganizzare gli ospedali a domanda mutata. In Italia in questo momento non servono tanti reparti di pediatria o tante chirurgie; piuttosto, pensando a una popolazione anziana, la riabilitazione, la fisioterapia e il potenziamento di day hospital e day surgery. Questo consentirà anche al Mmg di lavorare meglio avendo un quadro chiaro e completo di ciò che potrà offrire ai propri pazienti per la tutela della loro salute”.
Lo stesso Mario Falconi, per assopire la contrapposizione sindacale, si è chiesto di recente se gli avversari del nuovo accordo non potessero “scegliere di restarsene con la vecchia convenzione. La formula è già applicata da decenni in Canada e prende il nome da un insigne giudice della Corte suprema canadese mortono nel 1969, Ivan Rand”. Un’ipotesi che ha trovato convergenza nello Snami che, per bocca del suo segretario, Roberto Carlo Rossi, ha auspicato l’applicabilità della formula “Rand”:
“Il medico di famiglia - ha augurato - dovrebbe avere l’opportunità di poter scegliere di mantenere il vecchio ACN con i compensi adeguati agli aumenti per il recupero dell’inflazione”.

Una scadenza troppo vicina

Qualunque sia il destino delle iniziative di blocco della nuova Convenzione, i mesi passano e bisogna riflettere sul fatto che al 31 dicembre 2005 sarà già scaduta.
Lo Snami utilizza questi mesi per mettere a punto l’ipotesi di un nuovo articolato documento convenzionale. Al primo posto pone la libertà del medico, che si traduce nella “possibilità di aderire o meno alle forme più esasperate di organizzazione del suo lavoro. Le realtà in cui ciascuno di noi opera - ha spiegato il presidente onorario Roberto Anzalone al Congresso di Paestum - sono enormemente diversificate e necessariamente diverso dovrà essere possibile il modo di organizzarle. Tutte le forme nuove di proposta organizzativa, in prima istanza le UTAP, dovranno essere realizzate solo dove realmente necessarie e comunque in modo da non pregiudicare la libertà del cittadino di mantenere il suo rapporto paziente-medico e a quest’ultimo la libertà di poter consigliare sempre al suo paziente quanto ritiene di meglio utile per lui. L’adesione all’iniziativa deve essere libera. Non deve essere in nessun caso penalizzante non aderire a progetti non condivisi”. La richiesta s’accompagna alla necessità di incentivare le forme più semplici di cooperazione tra i medici per poter arrivare alla diffusione sempre maggiore delle possibilità di lavoro in gruppo o in rete, ma soprattutto di salvaguardare e non penalizzare la possibilità di quel medico che vorrà o dovrà necessariamente lavorare da solo.

Requisiti, presupposti e proposta

La pre-condizione, tuttavia, è quella di impedire “che non vengano chieste ulteriori prestazioni e impegni gravosi e rilevanti - ha chiarito Anzalone - senza che preventivamente la parte pubblica sia in grado di garantire il pagamento di quanto dovuto, soprattutto quando sarà demandata alla contrattazione periferica a livello regionale e aziendale una larga fetta dell’accordo. È evidente che ciascuno di noi ha ben presente l’importanza della sostenibilità economica dell’operato dei medici da parte del Servizio sanitario nazionale, ma è nostro convincimento che questo lo si ottiene molto di più con la professionalità del medico e non obbligandolo all’interno di norme difficilmente rispettabili. Eviteremo così che il cittadino che vede il suo medico sfiduciato dall’Asl ricorra a iniziative di tipo spontaneo e privatistico, qualche volta addirittura al di fuori della correttezza scientifica. Se noi riusciremo, con norme condivise, a far sì che il medico si senta davvero al centro di quel governo clinico di cui è sempre stato depositario e che si vuole contrabbandare come governo economico dei costi, riusciremo a risparmiare sull’inutile e a mettere a disposizione del necessario tutte le risorse che occorrono.”.
La proposta pratica più originale è quella di prevedere in Convenzione un referendum tra i medici per l’approvazione del prossimo testo: “In un paese dall’antica democrazia come il Regno Unito - ha spiegato Roberto Carlo Rossi - la British Medical Association (BMA) sottopone la bozza ai medici, che lo votano o meno”. Una pratica che si spera sbarchi presto al di qua della Manica.

Le incognite dell’unità e della rappresentatività

Intersindacale della dipendenza e del convenzionamento addio: dalle vertenze regionali in corso fino alla prossima trattativa convenzionale, l’ambizione della categoria medica di presentarsi compatta al tavolo negoziale va in cantina. Prevedibilmente Snami ha annunciato nel suo ultimo Congresso nazionale di Paestum che per il prossimo futuro correrà da solo: “Essendo troppo lontane le condizioni programmatiche sindacali - ha spiegato il presidente Piergiuseppe Conti - sarebbe stato difficile poter continuare percorrendo la stessa strada. Non siamo contrari all’idea che solo l’unità sindacale dei medici potrebbe ottenere risultati molto soddisfacenti, ci dobbiamo però arrendere davanti all’evidenza delle difficoltà di una unione di interessi che ora non c’è”.
Le porte per un’alleanza strategica con la Fimmg non sono però del tutto chiuse: “Con i sindacati della medicina generale - ha spiegato Conti - sarà necessario, se possibile, pur prendendo tutti i contatti utili, non ritrovarci come è successo a metà dicembre scorso, in condizioni di dovere dissentire e vedere gli altri fare fughe in avanti. Con la Fimmg ritengo siano possibili solo accordi su qualche punto, ma ci rendiamo conto che non è possibile un accordo su tutto: le diversità sono ancora molte e sostanziali”.

L’attenzione ai numeri

Come impedire una scontata fragilizzazione della propria posizione negoziale? Snami pensa a una “strategia lillipuziana”. “Le posizioni concettuali e di programmazione di alcuni dei sindacati medici minoritari - ha chiarito Conti - non sono in molti casi diverse dalle nostre. A mio avviso potrebbe essere molto utile cominciare a parlarne. Per alcuni settori, per esempio la dipendenza, ritengo sia possibile arrivare a una convergenza tale da permetterci di avere anche una maggiore rappresentatività. Per tutti gli altri settori si potrebbe tentare un accordo di tipo federativo su alcuni temi di carattere generale.
Perché una tale attenzione ai numeri e perché cresce il timore di isolamento da parte di quei sindacati che hanno espresso la linea uscita sconfitta nelle recenti trattative per il rinnovo della Convenzione? Perché presso la Sisac, dove si è ricominciato a chiarire le condizioni essenziali per riaprire il confronto istituzionale dopo l’approvazione della nuova Convenzione, quando già all’orizzonte si profila la sua scadenza al 31 dicembre prossimo e la ripresa della trattativa, si è acceso un forte conflitto tra i due maggiori sindacati della medicina generale sulla “consistenza associativa” delle formazioni sindacali.
Il conflitto nasce dall’articolo 22 della nuova Convenzione, e in particolare sulla data in base alla quale i sindacati debbono “contarsi” perché si stabilisca la rappresentatività. E tutto si gioca su un solo giorno di differenza. Secondo l’articolo 22 la “consistenza associativa è rilevata in base alle deleghe conferite alle singole aziende da singoli medici convenzionati per la ritenuta del contributo sindacale. La decorrenza della delega coincide con le ritenute effettive accertate alla data del primo gennaio di ogni anno” e “per le trattative disciplinate dall’art. 8 Dlgs 502/92 e successive modificazioni, la consistenza associativa è determinata sulla base dei dati riferiti all’anno precedente a quello in cui si procede all’avvio delle trattative per il rinnovo dell’ACN”.
Ma secondo il presidente Sisac, Luigi Covolo, la rappresentatività - continua lo Snami - avrebbe dovuto valere al 31 dicembre dell’anno precedente l’inizio delle trattative, mentre per altri la tesi era che la rappresentatività doveva essere intesa al primo gennaio dell’anno precedente. “La differenza d’interpretazione di un solo giorno ovvero 31 dicembre o primo gennaio può essere così sostanziale - ha denunciato Snami - c’è chi infatti ha paura del giudizio dei medici che non danno più fiducia ad una compagine sindacale e quindi vuole fotografare la rappresentatività più lontano nel tempo. C’è invece chi non ha paura del giudizio dei colleghi e desidera che la rilevazione sia quanto più vicina nel tempo ovvero al 31 dicembre”. Sisac, in realtà, motiva la propria scelta con il volere contare su un quadro più consolidato possibile della consistenza associativa di ciascun sindacato.

Le scelte delle Regioni

In attesa di una definizione condivisa di rappresentatività, lo scontro diventa più acceso perché ci sono Regioni che, a prescindere dalla consistenza di ciascuno, escludono dall’articolazione locale della trattativa chi ha deciso di non sottoscrivere la Convenzione nazionale. È successo per la prima volta in Veneto, dove la Regione non ha invitato Snami alla discussione del preliminare per il livello regionale della nuova Convenzione. Snami ha presentato a riguardo una diffida e un ricorso appellandosi all’art. 39 della Costituzione italiana, che tutela l’attività sindacale, e alla Convenzione stessa, che in nessun comma sancisce che le organizzazioni sindacali non firmatarie dell’Accordo siano escluse dalla trattativa e stipula degli Accordi Regionali e aziendali.