M.D. numero 21, 8 giugno 2005

Editoriale
Novità che sanno di sfiducia verso i Mmg

Chi sceglie qual è il farmaco più adatto per i propri pazienti?
Il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà non ha dubbi:
per evitare i danni della piaga del comparaggio e della scorretta informazione sul farmaco bisogna obbligare i medici a indicare sulle ricette solo il principio attivo e non il nome commerciale del farmaco.
La decisione terapeutica, dunque, si sposterebbe sul farmacista che avrebbe la facoltà di sostituire le specialità senza alcun limite, magari con un generico, poi con un altro e poi con un altro ancora diverso
dal primo. Il segretario nazionale della Fimmg Mario Falconi non ci sta, sottolineando che i medici di famiglia non possono rinunciare a ciò
che ritengono sia l’opzione migliore per i loro pazienti. Anche se secondo Falconi risulterebbe quasi liberatorio per i Mmg essere affrancati da poter prescrivere solo il principio attivo perché così, forse, qualcuno potrebbe finalmente cominciare a giudicare i medici dalla qualità del loro lavoro
e dai risultati che ottengono, invece che dalla mera quantità dei farmaci che prescrivono.
Non si può certo dargli torto, visto che abbiamo alle spalle un anno
in cui la medicina generale è stata scossa, in alcune Regioni, dagli interventi della Guardia di Finanza e dai titoli clamorosi sui quotidiani.
Ma nel merito non possiamo esimerci dal chiederci: dove va a finire,
in questa rincorsa all’entità esterna perfetta che possa fare da arbitro nella relazione terapeutica, il rapporto fondamentale sulla quale essa si fonda, ossia il rapporto medico-paziente? Sicuramente rimane compresso, sovradeterminato dalle ristrettezze economiche dei bilanci regionali, ingabbiato da reti di governance troppo spesso non basate sulla medicina dell’evidenza, ma sulla legge finanziaria dell’anno in corso o, ancor peggio, sulla medicina difensiva. Se, infatti, il farmaco sostituito dal farmacista non dovesse portare all’effetto sperato, il risultato dirompente che potrebbe avere sui problemi medico-legali, anche per la diversa “qualità percepita” del farmaco da parte del malato, potrebbe deteriorare definitivamente un rapporto, quello con il proprio medico di famiglia,
che resiste, nonostante tutto come tra i più graditi dai pazienti.
Un vero passo indietro, nel momento in cui la nuova Convenzione prende la via delle Regioni, pur tra stop severi come quelli della Corte
dei Conti e difficoltà di comprensione tra la parte pubblica e i sindacati di categoria sul tema della rappresentatività. Se la Convenzione spinge l’acceleratore sul territorio, caricando il medico di medicina generale
di gran parte dell’onere della sfida di portare il sistema delle cure sempre più vicino al letto del paziente, un altro segmento istituzionale mostra tutta la propria sfiducia sulla categoria e si prodiga per architettare
una rete perfetta che, più che di clinical governance, sa di governo giudiziario del sistema..