M.D. numero 21, 8 giugno 2005

Dibattito
E' ora per i medici di famigliadi recitare il mea culpa
di Claudio Appetito Medico chirurgo - Roma

Molto di quanto è accaduto nella trasformazione del profilo del Mmg è da addebitare ad alcune decisioni politiche. Ma cosa hanno fatto nel frattempo i colleghi che avevano le capacità per modificare qualcosa? Molti invece di dissentire e protestare, si sono ammansiti di fronte alle quote sempre maggiori di guadagni, di fronte agli extra crescenti, al potere contrattuale sempre maggiore del sindacato. Nessuno si è opposto al lento e progressivo sgretolamento della professionalità del medico, in parte compensata da aumenti economici, ma con sempre meno responsabilità professionali fino all’incapacità, da parte di alcuni, di formulare una semplice, corretta diagnosi.

P
rendendo spunto dall’articolo del collega Leonardo Trentadue dal titolo “Che soddisfazione essere medico di famiglia in Italia” (M.D. 2005; 17: 12-13), vorrei sottolineare che si tratta di una voce in un vasto coro di lamentele nel quale mi inserisco, considerando la mia breve esperienza di Mmg. Malgrado ciò non posso esimermi da farmi e fare a tutti i colleghi una domanda: di chi è la responsabilità dell’attuale situazione dei Mmg? Secondo me è nostra e tutto è iniziato molto prima, con la lenta trasformazione della figura del medico condotto in medico di base e da questo a burocrate, a timbra carte e smistatore per specialisti.
Molti colleghi hanno smesso di fare i medici per assomigliare sempre più a “impiegati del catasto”. Obbligati a farlo? Secondo me no, bastava solo essere uniti e decisi negli obiettivi. Ma evidentemente alla maggioranza ha fatto comodo così.
Se è vera l’affermazione che in medicina “si vede quel che si sa”, alcuni colleghi diagnosticano solo influenza o artrosi cercando negli esami di laboratorio, come nei fondi di caffé, risposte alle loro incapacità. Si infilano il camice solo per decoro professionale ormai senza stimoli all’aggiornamento professionale, quello vero, non più avvezzi ad aprire un libro per studiare. Non saranno la maggioranza, ma pur sempre una quota importante, con ripercussioni gravi nella valutazione generale. Trentadue si lamenta del tentativo “di ingabbiarci in casermoni a fare gli impiegati, i burocrati”. Forse non si è accorto che è ciò che si fa già da anni. Lo si fa nei rispettivi studi, non accorpati in caserme, ma il succo è lo stesso. La professione di medico è relegata a scampoli di tempo, quando qualcuno fortunato è in grado di svolgerla. In nome di benefit economici si è chiuso un occhio, forse due, sulla professionalità.
C’è da mandare il figlio in piscina, la figlia a danza o mantenere la casa al mare. Fa comodo a molti questa situazione. Ma c’è ancora qualcuno che si definisce un professionista facendosi l’esame di coscienza? È vero che in qualche Regione si tenta di coinvolgere il Mmg nell’attività clinica ospedaliera in caso di ricovero di un suo assistito, discutendo del trattamento e coordinandosi con il collega ospedaliero, con risparmio economico per la comunità, pare. Ma “l’impiegato del catasto” sarà poi in grado di tornare a fare il medico? O lo farà solo perché costretto da questo o quel ministro a raggiungere i punti ECM o per lo spauracchio di ripetere l’esame di Stato? In altri Paesi ogni medico a cadenze regolari deve superare un esame di aggiornamento e nessuno ci vede niente di scandaloso.

Questioni di ordinaria follia

Anch’io ero indignato da questa situazione, mi prendo la mia dose di responsabilità e ripeto che se siamo a questo punto per buona parte è colpa nostra. Ho avuto un’esperienza negli anni 80-90 come Mmg a Roma, anzi come mi definivo “amanuense della mutua”, con circa 800 assistiti, sentendomi mio malgrado più vicino al salumiere che al medico. Era ed è un lavoro deprimente che non ha più una veste di professionalità. Gli assistiti venivano, e purtroppo ancora oggi vanno nello studio medico, come mi confermano amici colleghi, per fare la spesa come si fa al negozio a comprare medicine invece di altri generi di consumo. Chiedono due scatole di questo, una di quella, altri fanno ordinazioni telefoniche, chiedono il certificato di comodo. È raro che vengano per farsi risolvere “il problema”, chiedono subito di farsi mandare dallo specialista. Molti vedono la ricetta come l’assegno da esibire indispensabile per non pagare le medicine o per accedere ad altre prestazioni.
Il cavallo viene da te perché gli dai lo zuccherino, non perché sei bello o bravo. Siamo sicuri che sia solo per il “ rapporto dualistico e fiduciario tra medico e paziente”? Contro prova: si consideri quanti pazienti si perdono solo perché si trasferisce lo studio magari a poche centinaia di metri.
E non serve fare la voce grossa. Io ne persi circa 200 e con i pochi rimasti si viveva male. L’ho potuto fare perché ancora ero single. Il medico rimane in braghe di tela e se il suo guadagno è direttamente proporzionale al numero di assistiti, deve scendere a compromessi. Quindi, obtorto collo, firma il certificato di comodo, risponde alle ordinazioni per telefono, lascia le ricette firmate ecc. È il meccanismo perverso dell’orticello (il paragone ortofrutticolo mi pare che regga) che ognuno si deve coltivare. Obiettivamente parlando, il guadagno rapportato alla qualità della prestazione professionale chiamati a svolgere è fin troppo buono, ma non ti puoi permettere di perdere assistiti. Se il medico ospedaliero parla di pazienti, il Mmg parla di “clienti” da “coltivare”, assomigliando più al gestore di un’attività commerciale che ad uno studio medico.
Se poi si cerca di visitare il malato, ti senti dire: “Ma che fa, mi visita?” Chiedendo direttamente il lasciapassare per lo specialista, salvo poi congratularsi solo perché “abbiamo azzeccato la diagnosi” dimenticandosi che anche noi Mmg siamo specialisti in materia. L’abito fa ancora il monaco. Allora alcuni colleghi per riappropriarsi della perduta professionalità si dedicano in parallelo all’attività privata per gestire il malato perché stufi di essere gestiti. Ma questo non risolve il problema, semmai lo rinvia.

Buone idee mai applicate

Molti anni fa a qualcuno balenò l’idea di dare la convenzione ai medici senza avere un proprio numero fisso di assistiti, ma dovevano essere i cittadini a scegliere di volta in volta il medico di cui avevano fiducia per essere curati; il medico poi si faceva rimborsare dal Ssn. In quel modo saremmo stati tutti sulla stessa linea di partenza senza handicap e la differenza l’avrebbe fatta la professionalità, quella vera e saremmo stati tutti spronati a mantenerci aggiornati, professionalmente validi, per essere competitivi. Tutto sembrava logico, ma non se ne fece niente. Il motivo è ovvio. I non più giovani dottori, quelli abituati per capirci a fare gli “impiegati del catasto”, che per anni hanno delegato ad altri il compito di fare diagnosi e terapia, avrebbero perso buona parte degli assistiti. A mia memoria è stato l’unico tentativo di anteporre la professionalità al resto. Ovviamente fallito.
E adesso ci lamentiamo? Teniamoci la situazione attuale, tappiamoci il naso e continuiamo a lavorare così, ma per favore senza ipocrisia e con la consapevolezza della nostra complicità. Sarebbe sufficiente il coraggio di dire basta, così non va; uscire dai ranghi con la coscienza che senza il consenso globale della categoria nessuno può far niente, governo compreso. Ma quanti sono disposti a rimettersi in gioco e a rischiare di rinunciare a quanto acquisito fino ad oggi?
Sullo stesso numero di M.D. dove compare l’articolo del collega Trentadue, due pagine dopo nella rubrica”dibattito” compare un altro articolo a firma del dottor Paolo Personeni e ho il piacere di constatare che almeno sono due le voci fuori dal coro. Concordo a pieno con quanto espresso in quell’articolo e ricordo a tal proposito che perfino in Africa, dove a mala pena sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, tutti pagano almeno un ticket per prestazioni e medicine e lo trovano normale. Si può discutere se è bene o male, ma questa è la realtà da anni.
Come vivo adesso? Deluso dal sistema sanitario italico, lavoro in Africa in posti spesso disagiati, con moglie e figli e faccio il chirurgo e il medico a 360 gradi e mi rammarico di non averlo fatto prima.