M.D.
numero 20, 1 giugno 2005
Terapia
Epatite C cronica: quale schema antivirale?
Lattuale standard di trattamento è rappresentato
dalla combinazione di peginterferone e ribavirina: uno studio
in corso indicherà il regime più efficace. Come
affrontare il problema dei pazienti non responsivi alla terapia
antivirale
L'infezione
da virus C dellepatite (HCV) è attualmente la principale
causa di malattia epatica cronica e di trapianto di fegato:
è responsabile di circa il 70% delle epatiti croniche,
del 20% dei casi di epatite acuta, del 20% delle cirrosi allo
stadio terminale e del 60% dei casi di carcinoma epatocellulare.
Attualmente non esiste un vaccino per lepatite C e il
modo migliore di prevenire la patologia consiste nellevitare
i comportamenti e le attività a rischio.
Per quanto riguarda la terapia, le recenti linee guida dei National
Institutes of Health statunitensi sottolineano che tutti i pazienti
affetti da epatite C cronica sono da considerare potenziali
candidati alla terapia antivirale e, in tale ottica, lo standard
di trattamento è oggi rappresentato dallassociazione
tra peginterferone e ribavirina fino a 48 settimane.
Gli interferoni pegilati a disposizione nella pratica clinica
sono due: il peginterferone alfa-2a e il peginterferone alfa-2b,
i quali presentano caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche
diverse, che potrebbero influire sui tassi di risposta allinfezione
virale e potrebbero di conseguenza presentare una differente
efficacia antivirale. I risultati dei più importanti
studi clinici finora condotti indicano percentuali di risposta
virologica sostenuta sostanzialmente simili, tuttavia è
necessario un attento esame dei dati ottenuti e dei pazienti
arruolati nei vari trial per realizzare un serio confronto dei
risultati. è stato recentemente avviato negli USA, con
la sponsorship di Schering Plough, uno studio di confronto tra
i due peginterferoni nel trattamento di pazienti con epatite
cronica C di genotipo 1: si tratta dello studio IDEAL (Individualized
Dosing Efficacy vs. flat dosing to Asses optimaL pegylated interferon
therapy), che si propone di valutare lefficacia e la sicurezza
di 3 differenti regimi terapeutici: peginterferone alfa-2b a
due dosaggi diversi + ribavirina e peginterferone alfa-2a +
ribavirina.
Ritrattamento dei non responders
Un discreto numero di pazienti risulta non responsivo alla terapia
antivirale e per essi leradicazione dellHCV risulta
un obiettivo difficile da raggiungere. Attualmente il ritrattamento
di pazienti non-responders al trattamento con interferone in
monoterapia ha prodotto percentuali di risposta virologica sostenuta
(indicata dalla stabile eliminazione di HCV-RNA dopo sei mesi
dalla sospensione della terapia) pari al 13-15% se i pazienti
sono ritrattati con terapia di combinazione interferone più
ribavirina, e pari al 25%-40% se il ritrattamento avviene con
la combinazione peginterferone più ribavirina.
Il problema appare di più difficile soluzione se i pazienti
non hanno risposto ad una precedente terapia di combinazione.
Dati preliminari indicano che in questi pazienti la somministrazione
di peginterferone in associazione alla ribavirina è in
grado di indurre una risposta virologica sostenuta pari a circa
il 10-18%.
Nel corso dellultimo meeting annuale della European Association
for the Study of the Liver (EASL, Parigi 2005) sono stati presentati
i dati di uno studio multicentrico italiano, coordinato dalla
Prof.ssa Gloria Taliani dellUniversità di Roma,
che ha valutato lefficacia e la tollerabilità del
ritrattamento con peginterferone alfa-2b e ribavirina di pazienti
non responsivi ad una precedente terapia con interferone standard
e ribavirina.
Nel corso dello studio 141 pazienti, arruolati in 14 centri
di epatologia distribuiti su tutto il territorio italiano, sono
stati trattati per 48 settimane con la combinazione di peginterferone
alfa-2b alla dose di 1.5 mcg/kg/settimana e ribavirina alla
dose di 1000-1200 mg/die.
Risposte virologiche del 23%, del 30% e del 20% sono state conseguite
rispettivamente alla settimana 24, 48 (fine terapia) e 72 (fine
follow-up). è stato inoltre dimostrato che nel 20% circa
dei pazienti non responsivi è possibile conseguire una
risposta virologica tardiva, che si realizza dopo la 24ª settimana
di terapia. Tuttavia la ricomparsa del virus dopo interruzione
della terapia (recidiva) è stata nettamente superiore
in questi pazienti (58%) rispetto a quelli che hanno conseguito
una risposta virologica precoce (19%).
Gli Autori concludono che il ritrattamento con una terapia di
combinazione con peginterferone alfa-2b personalizzato in base
al peso e ribavirina ad alto dosaggio permette di conseguire
una risposta virologica sostenuta nel 20% dei pazienti che non
avevano risposto ad uno o più trattamenti precedenti,
lultimo dei quali con interferone standard e ribavirina.
La selezione accurata dei pazienti basata su fattori predittivi
di risposta pre-trattamento e la prosecuzione del trattamento
per 48 settimane potrebbero incrementare significativamente
i tassi di guarigione.
Ulteriori studi potranno chiarire se il prolungamento della
terapia oltre le 48 settimane nei pazienti che hanno conseguito
tardivamente la risposta virologica possa portare ad una riduzione
della percentuale di recidive.