M.D.
numero 20, 1 giugno 2005
Prospettive
Medicina di famiglia regionale, nazionale
o europea?
di Filippo Mele - Medico di medicina generale, Policoro (MT)
Non è incauto chiedersi quale sarà il destino
della medicina di famiglia in Europa e quale il futuro dei Sistemi
sanitari nazionali del Vecchio Continente. Uneventuale
risposta però risulta difficile. Il momento storico è
contraddittorio per supporre un Sistema sanitario europeo di
riferimento per i cittadini dellUE.
Da un lato si assiste allassetto di una grande federazione
dei Paesi dellEuropa, in cui si cerca di armonizzare unidentità
europea parallela
a quella dellappartenenza nazionale, e dallaltro
si chiede un decentramento politico e legislativo spinto. Nel
nostro Paese, per esempio, la polemica tra chi vuole un Sistema
sanitario nazionale e chi in stile devolution sembra posizionare
proprio fuori luogo un simile interrogativo. Ma non tutto è
come appare.
Pur considerando la definizione europea
della medicina generale, nata in casa Euract Council dalla comparazione
delle visioni in merito a ben 30 nazioni europee, nel nostro
Paese e non solo ci sono "fervori" e situazioni che
esprimono in fieri la costruzione di una medicina di famiglia
di respiro europeo con medici dedicati a fare avanzare tale
progetto. Una testimonianza in tal senso è data da Vincenzo
Costigliola, un medico italiano da considerare ben integrato
in Europa. Non solo è il presidente dellEma (Associazione
Medica Europea, nata nel 1990 a Bruxelles per iniziativa dei
rappresentati di 12 Nazioni), ma è anche iscritto a due
Ordini dei Medici, quello di Livorno e quello della capitale
belga, dove vive e lavora. Quando nel 1990 Costigliola si è
trasferito ha dovuto affrontare un problema che si è
riproposto ai medici di famiglia italiani che desideravano emigrare
allestero, ma anche a colleghi stranieri che volevano
trasferirsi in Italia.
Nel 1990 infatti la possibilità della libera circolazione
dei medici non cera. Da qui nasce lidea che ha fatto
scoccare la scintilla per la fondazione dellEma, che è
cresciuta negli anni e sta cercando di ampliare la sua sfera
di intervento. Nel frattempo anche lUnione Europea si
è allargata. Oggi sono 25 i Paesi che la compongono (con
altri in attesa di farvi parte). Nellottica di una sanità
europea, come sarà possibile amalgamare 25 sistemi sanitari
differenti? Si pensi solo alle disparità economiche.
"In alcuni paesi dellEst, per esempio la Romania
- spiega Costigliola - un Mmg guadagna 200 dollari al mese.
Non cè assolutamente paragone con quello che guadagna
un medico nei Paesi europei occidentali". Facile prevedere
una voglia e un desiderio di emigrazione negli altri Stati economicamente
più avanzati. Dopo linvasione delle badanti, cioè,
avremo nel nostro Paese anche unincursione da parte di
sanitari? Per molti di loro ciò non è ancora possibile,
ma lo sarà dal 2006 per quelli dei Paesi che hanno aderito
allUE. Oggi potrebbero farlo, ma soltanto sotto la responsabilità
di un medico locale. Senza contare gli italiani che potrebbero
trasferirsi in Gran Bretagna.
"Non accadrà mai", affermano, sicuri, in tanti,
dimenticando che si diceva così anche per i calciatori.
"Trovo levenienza ad ogni modo assurda - dichiara
Costigliola, chiarendo il suo pensiero a proposito di emigrazione-immigrazione
di professionisti del settore della sanità -. Ogni Paese
spende risorse e ne crea per laureare e formare medici. Ogni
medico che emigra, ed in genere lo fanno i più preparati,
è una risorsa in meno per quel Paese. Ciò vale
per lItalia, ma anche per lUngheria, la Polonia
ed altri Paesi".
z La difficile armonizzazione
Come poter arginare, allora, la prevedibile fuga dallEst
di tanti sanitari attirati dalleuro? La risposta, come
negli altri settori delleconomia e dei servizi, è
"armonizzazione".
Armonizzare i diversi sistemi sanitari è però
un compito che non spetta alle società scientifiche e
ai sindacati della medicina generale europea, ma alla Commissione
di Bruxelles e ai diversi Governi nazionali. Anche qui, però,
qualcuno dovrà piantare i primi semi aprendo una discussione
in merito. I politici, come al solito, seguiranno. E ciò
non per un malcelato spirito di esterofilia, ma per una effettiva
necessità. La libera circolazione dei medici allinterno
della Comunità allargata, infatti, richiama giocoforza
"quasi" identici percorsi di studi e di formazione
continua. Proprio i campi in cui il "ricco" Occidente
potrebbe impegnarsi, con ricadute positive in termini economici
e di rapporti, nei confronti del "povero" Oriente.
LEuropa, infatti, inutile negarlo, è già
qui.