M.D. numero 20, 1 giugno 2005

Focus on
Meno ospedale, più territorio
di Monica Di Sisto

La "cura" del Federalismo sembra aver fatto bene al Ssn che comincia a razionalizzare le strutture di ricovero e i posti letto ospedalieri: nove ospedali in meno nel 2003 rispetto al 2002 e un totale, a livello nazionale, di 7mila posti per degenza in meno tra tutte le strutture.
Lo rivela l’Annuario sulle Attività delle aziende sanitarie, che dà un’altra buona notizia a cittadini e operatori annunciando l’effettiva entrata in servizio dei distretti sanitari di base e l’aumento dei servizi di assistenza domiciliare integrata.La "cura" del Federalismo sembra aver fatto bene al Ssn che comincia a razionalizzare le strutture di ricovero e i posti letto ospedalieri: nove ospedali in meno nel 2003 rispetto al 2002 e un totale, a livello nazionale, di 7mila posti per degenza in meno tra tutte le strutture. Lo rivela lčAnnuario sulle Attività delle aziende sanitarie, che dà unčaltra buona notizia a cittadini e operatori annunciando lčeffettiva entrata in servizio dei distretti sanitari di base e lčaumento dei servizi di assistenza domiciliare integrata.


La riforma del Servizio sanitario nazionale 229/99, al fine di portare il sistema delle cure sempre più vicino al cittadino, ha stabilito che l’azienda USL si articoli dal punto di vista organizzativo-funzionale in distretti sanitari di base che gestiscono i servizi di assistenza primaria, ambulatoriale e domiciliare. L’assistenza distrettuale è nata quindi per coordinare e integrare tutti i percorsi di accesso ai servizi sanitari da parte del cittadino e punta innanzitutto sui medici di famiglia e i pediatri di libera scelta che, valutando il reale bisogno sanitario dell’utenza, hanno il compito di regolare l’accesso ai servizi offerti dal Ssn.

Il carico assistenziale dei Mmg

A darci un quadro dell’evoluzione avvenuta nel campo dell’assistenza sul territorio ci ha pensato l’Annuario sulle Attività delle aziende sanitarie 2003, appena pubblicato dal Ministero della Salute, che disegna in primo luogo l’identikit aggiornato dei professionisti delle cure primarie: ogni medico di famiglia risulta avere un carico potenziale di 1.056 adulti residenti, anche se a livello regionale esistono notevoli differenziazioni. Caso d’eccezione è Bolzano che, avendo fissato negli accordi decentrati un massimale locale di 2mila scelte, presenta una media di 1.708 assistiti per ciascun Mmg. Nel Lazio, invece, si ritrova il livello minimo di "carico": 924 residenti adulti per ogni Mmg. Per le Regioni del Nord, fatte salve alcune eccezioni, gli scostamenti dal valore medio nazionale indicano "carichi" superiori alla media, mentre al Sud i dati rimangono molto vicini alla media (figura 1). A fronte del carico potenziale dei Mmg e pediatri, l’Annuario arriva anche a valutare il carico assistenziale effettivo, dato dal numero degli iscritti al Ssn (coloro che hanno scelto presso la ASL di competenza il proprio Mmg) per ciascun medico. In tutte le Regioni tale indicatore evidenzia che il numero di scelte per medico di famiglia risulta essere, a sorpresa, maggiore della popolazione adulta residente, mentre il numero di scelte per pediatra è sempre inferiore al numero dei bambini residenti (tabella 1).



Complessivamente il numero totale delle scelte è molto vicino al numero complessivo dei residenti.
Grazie al nuovo Annuario, si delinea anche meglio l’importante ruolo svolto dalla guardia medica. Nel 2003 sono stati rilevati in Italia 3.050 punti di guardia medica; con 14.383 medici titolari ovvero 25 medici ogni 100.000 abitanti, anche se, a livello territoriale, l’Annuario evidenzia che si registra una realtà notevolmente diversificata sia per quanto riguarda la densità dei punti di guardia medica sia per quanto concerne il numero dei medici titolari ogni 100.000 abitanti.

In crescita l’Assistenza Domiciliare Integrata

L’Adi è l’alternativa concreta al ricovero che, stando alle rilevazioni del nuovo Annuario della Sanità, cresce con più velocità. Nel corso del 2003 sono stati assistiti al proprio domicilio 315.842 pazienti, di questi quasi l’83% sono persone di età maggiore o uguale a 65 anni. Sono state assicurate prestazioni di medicina generale, specialistica, infermieristiche domiciliari e di riabilitazione, di aiuto domestico, di assistenza sociale. Mediamente a ciascun paziente sono state dedicate circa 25 ore di assistenza, erogata in gran parte da personale infermieristico. Cresce anche tutta l’assistenza sanitaria di tipo non ospedaliero garantita dalle strutture sanitarie territoriali: attività clinica, di laboratorio e di diagnostica strumentale; strutture territoriali quali centri di dialisi, stabilimenti idrotermali, centri di salute mentale, consultori materno-infantili e centri distrettuali; strutture semiresidenziali come ad esempio i centri diurni psichiatrici; strutture residenziali quali residenze sanitarie assistenziali e case protette.
Nel 2003 in totale sono stati censiti 14.448 ambulatori e laboratori; 4.437 strutture residenziali, 2.249 semiresidenziali e 4.979 di altro tipo (come centri di salute mentale, consultori, stabilimenti idrotermali). Con riferimento alle strutture residenziali e semiresidenziali, a livello nazionale sono disponibili 185.652 posti, pari a 324 per 100.000 abitanti. Di questi il 71.7% sono stati dedicati all’assistenza agli anziani, il 12.2% all’assistenza psichiatrica, il 16.1% all’assistenza ai disabili psichici e fisici.

Come cresce il territorio?

La risposta ai sindacati dei Mmg

"La mia analisi diretta, se rapportata a tutto il territorio nazionale, è un po’ più negativa. Il territorio cresce in termini relativi perché si riduce la parte ospedaliera dell’assistenza, una crescita più di facciata in buona parte delle Regioni italiane, in particolare al Sud dove l’assistenza domiciliare, integrata e programmata, restano carenti rispetto al bisogno e di fatto sono a carico unico del Mmg". Ernesto Mola, che ha condotto per la Cumi-Aiss le trattative per la nuova convenzione, come i colleghi Roberto Carlo Rossi, segretario Snami, e Mario Falconi, segretario Fimmg, commentano i dati dell’Annuario della Sanità, manifestando un certo pragmatismo rispetto all’ottimismo manifestato dagli analisti del ministero. "La crescita del territorio è inevitabile e sta sotto ai nostri occhi - constata dal canto suo Rossi -. Se la società invecchia le cure si spostano fisiologicamente sul territorio, anche perché sono molto economiche. L’ospedale è una "medicina della malattia", mentre il territorio è una "medicina del malato" perché se riesco a tenere il paziente il più possibile a casa sua, faccio bene ai conti dello Stato e allo stesso tempo lo assisto meglio, con una maggiore empatia medico-paziente". Concorda Mario Falconi, che definisce il territorio, ormai, "una scelta obbligata: visto come sta cambiando la società o ci si sposta sul territorio, oppure non esisterà più una salute a misura di cittadino".
Ma quali sono le aree dell’assistenza territoriale che rimangono decisamente indietro rispetto alle necessità? "Se l’assistenza sul territorio è un Lea, a dispetto dell’ottimismo dei dati, in molte Regioni del Sud Italia è molto più garantita l’assistenza ospedaliera - lamenta Ernesto Mola - e questo comporta la difficoltà da parte dei Comuni a minore densità di popolazione, che attraverso il piccolo ospedale effettivamente svolgono un servizio assistenziale per gli anziani e i cronici, di accettare riordini della rete assistenziale a causa della debolezza dell’alternativa che gli è presentata sul territorio. Per l’Adi, in alcune zone, abbiamo le liste d’attesa: è ridicolo".
La sensazione che ha invece Rossi è che si stia operando uno spostamento delle cure al territorio "senza avere le basi per farlo: l’Adi potrebbe funzionare molto bene, ma ci sono discrepanze notevoli perché, magari, in una zona c’è un centro specialistico o di fisioterapia eccellente che in un’altra zona della stessa ASL manca, oppure c’è un fortissimo turnover del personale infermieristico a domicilio, che non riesce ad essere né un punto di riferimento per il malato né per il Mmg che dovrebbe coordinarlo". Altro tasto dolente secondo Rossi è una mancanza di possibilità di cura per le patologie di stretta pertinenza della medicina generale. "Penso al diabete, all’artrosi, all’osteoporosi, ecc., che oggi sono spesso appannaggio di centri specialistici. Bisogna restituire al singolo medico, e non al gruppo, la possibilità della gestione totale del proprio paziente, adeguatamente incentivata, senza far fiorire iperspecializzazioni non utili se non nel caso di cronicità gravi".
"C’è un ritardo - segnala Mario Falconi - della politica nel riprogettare il territorio a misura del cittadino, e per questo in alcune aree geografiche manca completamente tutta quell’area delle cure che va dal domicilio all’ospedale, come RSA, hospice, semiresidenzialità e residenzialità".

Consigli per il nuovo ministro

Ma se il neoministro della Salute Storace volesse rafforzare davvero il territorio, chiediamo ai rappresentanti dei Mmg, a quali scelte dovrebbe dare priorità? Nel nuovo ACN, secondo Mola, "ci sono tantissime nuove opportunità per sviluppare una medicina del territorio diversa, più forte e articolata. Spetta agli accordi regionali l’implementazione di questi margini. "Confido molto nella capacità delle Regioni appena rinnovate di dargli forza - sottolinea Mola - e in quella del nuovo ministro di scommettere davvero su una nuova rete di medicina territoriale".
Il consiglio che arriva da Rossi è di "abbandonare progetti di cui nessuno ha verificato l’efficacia come le Utap, e di investire di più sul rapporto medico-paziente che solo il Mmg singolo può garantire. Molti studi fatti sul gradimento delle forme complesse dimostrano che il paziente apprezza la comodità di una struttura ‘multipla’, non la sua maggiore efficacia, e continuano a preferire il rapporto con il proprio medico a un gruppo impersonale".
Riorganizzare anche gli ospedali in base alla domanda mutata, è la richiesta che Mario Falconi rivolge al neoministro: "Se come Mmg non sappiamo dove inviare i pazienti per le unità coronariche, oppure per la fisioterapia, il day hospital, il day surgery, allora anche il nostro lavoro diventa insufficiente a prescindere da noi. Il territorio non potrà mai dispiegare completamente le proprie possibilità se accanto ai tagli non si delinea sempre più chiaro un governo razionale dell’offerta ospedaliera e specialistica. Mi piacerebbe che il ministro della Salute, per la prima volta, cominciasse a dialogare con i ministri della ricerca e della pubblica amministrazione per un cospicuo investimento informativo/formativo, sia per i cittadini sia per gli operatori. Gli opuscoli del suo predecessore sono stati un’iniziativa risibile. Per quanto riguarda quello sui farmaci, ho verificato che tra i miei pazienti uno su tre lo ha cestinato e quelli che hanno avuto l’interesse a leggerlo, rispetto ai farmaci, avevano le idee molto più confuse. Consiglio davvero iniziative più serie".