M.D. numero 20, 1 giugno 2005

Clinica
Stipsi: un problema emergente poco studiato e poco curato
di Ivo Venturini - Medicina Interna II, A.O. Policlinico di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia

La gestione dei pazienti con difficoltà alla defecazione prevede interventi di carattere preventivo relativi allo stile di vita e al tipo di alimentazione, e l'impiego di terapie volte a mantenere in equilibrio la flora intestinale

Nel mondo occidentale la stipsi cronica rappresenta uno dei sintomi gastroenterologici più frequenti, che interessa il 20% della popolazione adulta.
Poiché la ridotta frequenza evacuativa non è l'unico disturbo indotto dalla stipsi, si è introdotto il concetto di defecazione difficoltosa per definire tale condizione patologica.
Da qui la suddivisione della stipsi in tipo A (ridotta frequenza evacuativa, con meno di 3 evacuazioni/settimana) e tipo B (difficoltà all'emissione delle feci per scomparsa dello stimolo evacuativo).
Nella pratica clinica possiamo considerare la stipsi come una miscellanea di tre condizioni patogenetiche: rallentato transito (27%), disordini del pavimento pelvico che risultano in una difficoltosa evacuazione del bolo fecale (50%), sindrome del colon irritabile a variante stitica (23%).
Un'altra classificazione su base fisiopatologica suddivide la stipsi in:
• stipsi propulsiva, dove la ridotta funzione propulsiva del colon produce un rallentato transito colico del bolo fecale, un ridotto numero di evacuazioni e un ridotto stimolo evacuativo con feci dure di piccole dimensioni (che l'assunzione di un lassativo risolve);
• stipsi espulsiva, in cui la difficoltà espulsiva del bolo fecale si traduce in un numero di evacuazioni normale o aumentato, con eccessivo sforzo espulsivo, sensazione di evacuazione incompleta, tenesmo rettale, peso gravativo perineale e necessità di ausilio digitale per l'evacuazione.
Se la classificazione della stipsi non è semplice, ancora più problematico può rivelarsi l'approccio al paziente: di sicuro si deve indagare sulle caratteristiche della sintomatologia riferita dal paziente, sullo stile di vita, ambiente sociale, dieta, insorgenza del sintomo e familiarità per patologie organiche che possono esordire con stipsi. Solo se necessario, dopo un'attenta anamnesi si farà ricorso a indagini bioumorali e strumentali di primo livello (esame emocromocitometrico, glicemia, calcemia, funzionalità tiroidea, valutazione morfologica del colon, clisma opaco a doppio contrasto, colon o rettosigmoidoscopia) o secondo livello (studio del tempo di transito oro-anale, manometria anale, defecografia, elettromiografia), per confermare il sospetto diagnostico (tabella 1).

Cause frequenti di stipsi

Tra tutte le varie cause di stipsi, le più frequenti sono la malattia diverticolare, la sindrome del colon irritabile (IBS) o le abitudini di vita inadeguate (stress, sedentarietà, diete ipocaloriche e povere di scorie).
Asintomatica nell'80% dei casi, la malattia diverticolare può talvolta presentarsi con sintomi aspecifici (stipsi, dolore, meteorismo) o emorragia, dolore in fossa iliaca sinistra, febbre, alvo chiuso a feci e gas e cistiti ricorrenti.
La sindrome del colon irritabile è un disordine funzionale caratterizzato da dolore addominale, alterazioni dell'alvo, spesso associato a gonfiore addominale con sintomi continui o ricorrenti da almeno 3 mesi. Può presentarsi come variante a predominanza stitica con 3-4 evacuazioni la settimana, feci dure o “caprine”, evacuazione difficoltosa o incompleta; come variante a predominanza diarroica con 3-4 evacuazioni frazionate al giorno, feci non formate o acquose e mai notturne o con alvo alterno.
La stipsi è un frequente corollario delle diete ipocaloriche in quanto la massa fecale non dipende solo dalla quantità di fibre ma anche dalla massa batterica, dal metabolismo delle fibre da parte dei batteri e dall'assorbimento dell'acqua.
L'eccessiva crescita batterica del piccolo intestino può dipendere dalla motilità intestinale alterata, come avviene nei pazienti a dieta ipocalorica, o alla diminuita acidità gastrica tipica dei vegetariani o delle diete iperproteiche ricche in carne.
In tutte le forme di stipsi l'approccio dietetico rimane il trattamento di prima istanza ma è opportuno non trascurare di mantenere ben equilibrata la flora batterica intestinale. Va infatti ricordato che la microflora intestinale può influenzare direttamente o indirettamente l'attività motoria del colon sia attraverso i prodotti del metabolismo di sostanze che giungono al colon (acidi grassi a catena corta, sali biliari) sia mediante sintesi diretta di composti prostaglandino-simili o colecistochinina-simili, il cui rilascio può incidere sull'attività propulsiva del colon (tabella 2).
Il controllo di una flora eubiotica mediante l'uso di batteri probiotici, di prebiotici o simbiotici è quindi un nuovo approccio terapeutico: i simbiotici mirano al miglioramento della sopravvivenza del microrganismo probiotico, in quanto dalla combinazione risulta immediatamente disponibile il substrato fermentescibile necessario alla colonizzazione nell'intestino del microrganismo.
A conferma dell'utilità terapeutica dei simbiotici nel migliorare la stipsi durante dieta ipocalorica, è stato condotto uno studio (presentato al XVI Congresso Nazionale dell'Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica) nel quale è stato valutato l'impiego del simbiotico somministrato a 600 pazienti obesi e in trattamento dietetico ipocalorico e con stipsi. Il simbiotico (Bifidobacterium longum W11 + FOS Actilight) è stato in grado di agire sulla stipsi sia di tipo A che B con due meccanismi principali (tabella 3).
Nella stipsi di tipo A regola la disbiosi intestinale e regolarizza il transito intestinale attraverso un'azione sui complessi motori migranti, mentre nella stipsi di tipo B aumenta il contenuto idrico intestinale e quindi rende più voluminose e morbide le feci facilitandone l'evacuazione.
Inoltre anche nella malattia diverticolare e nella sindrome del colon irritabile la somministrazione di simbiotici e/o prebiotici e probiotici ad alto dosaggio contribuisce a stabilire una condizione eubiotica e quindi permette una normalizzazione del quadro clinico.

Conclusioni

Da quanto esposto risulta che la stipsi è un problema molto comune e diffuso, ma contrariamente a quanto ci si aspetterebbe poco curato e poco studiato.
Inoltre, la si può considerare una patologia emergente da un nuovo modello di vita ove l'attività lavorativa e la vita frenetica lasciano poco tempo per la cura di se stessi e del proprio organismo.
A questo bisogna aggiungere che la stipsi è diventata sempre più presente negli anziani e nei pazienti con compromissione delle funzioni relazionali e dello stato mentale che non si curano della propria persona.
Da ciò l'importanza di un'adeguata terapia della stipsi che deve iniziare dal territorio, dai medici di medicina generale con la prevenzione, l'educazione alimentare (fibre e idratazione), la cura del proprio organismo, la somministrazione di terapie che rinforzino e mantengano l'eubiosi intestinale, tenendo ben presente che l'uso di lassativi, se può essere un utile ausilio e risolvere al momento la stipsi, alla fine diventa controproducente, perché contribuisce a cronicizzare il quadro e posticipare il problema.