M.D.
numero 17, 11 maggio 2005
Riflessioni
Farmaco, complessità e prescrizioni regolamentate
di Giuseppe Belleri - Medico di medicina generale, Flero (BS)
La recente revisione delle note al Prontuario nazionale condotta
dall¹AIFA ha riacceso il dibattito pubblico sul tema del farmaco
e sollevato vari interrogativi in relazione alla gestione regolatoria
della prescrivibilità delle medicine a carico del Ssn. Il presente
contributo è un tentativo di focalizzare queste problematiche
alla luce del ³pensiero complesso², per verificare in che misura
tale paradigma possa trovare applicazione anche nel campo della
prescrizione farmacologica.
Il paradigma di semplificazione
La
sfida della complessità, tema di un fortunato
convegno degli anni Ottanta, si è sviluppata grazie allapporto
di varie discipline dopo il secondo conflitto mondiale: cibernetica,
teoria dei sistemi e dell'informazione, intelligenza artificiale,
scienze cognitive ecc. hanno contribuito a superare gli steccati
accademici e la tradizionale separazione tra scienze dell'uomo
(sociologia, psicologia e filosofia) e scienze naturali (fisica,
chimica e biologia). Il sociologo e filosofo francese Edgar
Morin ha tracciato i confini di una visione complessa della
realtà in unopera che si propone come sintesi dei
filoni di ricerca sopra citati. Prima però occorre esaminare
brevemente le caratteristiche del paradigma di semplificazione,
antagonista e complementare rispetto al pensiero complesso.
Si tratta di alcuni principi generali che hanno guidato in forma
implicita le ricerche scientifiche, in particolare nel campo
della meccanica e della fisica, a partire dalla fine del Settecento.
I due presupposti della metodologia scientifica classica - i
principi di disgiunzione e riduzione - si sono via via estesi
alle altre discipline della natura, come una sorta di linee
guida per la ricerca e lavanzamento delle conoscenze.
Grazie ad essi sono state possibili le scoperte che hanno condotto
ai radicali cambiamenti nel nostro modo di leggere la realtà,
di vivere e pensare.
Tuttavia, adottando in modo esclusivo il paradigma di semplificazione
ci si preclude l'accesso alla gamma delle interazioni tra i
costituenti di un sistema, che stanno alla base della complessità
dell'organismo biologico e dell'universo socio-culturale.
In altri termini, per usare le parole di Morin, la scienza
classica si fondava sull'idea che la complessità del
mondo dei fenomeni poteva e doveva risolversi a partire da principi
semplici e leggi generali, mentre la complessità
costituiva l'apparenza del reale e la semplicità la sua
natura stessa.
Il paradigma della complessità
Comè intuibile, il paradigma della complessità
non può essere illustrato in termini semplificati o schematici.
Tuttavia si possono enunciare alcuni principi generali, in forma
di aforismi, rimandando lapprofondimento alle opere degli
autori più rappresentativi del pensiero complesso come
Morin:
-
La
conoscenza del tutto si può raggiungere solo tenendo
conto delle relazioni tra le parti: Ritengo impossibile
conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come
conoscere il tutto senza conoscere precisamente le parti
(Pascal).
-
La
causalità lineare e unidirezionale va integrata con
quella ricorsiva e circolare, di natura cibernetica, che si
concretizza in inter-retroazioni positive e negative (feed-back),
tra sistema e ambiente e tra i diversi livelli sistemici.
-
La
conoscenza di un sistema, biologico o sociale, non può
prescindere dalle relazioni con leco-sistema e dalla
considerazione per i livelli gerarchici in cui si articola
unentità organizzata (macro, meso e micro).
-
Per
comprendere la complessità dei fenomeni umani e sociali
occorre considerare le dinamiche evolutive e storiche che
li hanno generati e ne condizionano sviluppo e cambiamenti.
Le parole autobiografiche del sociologo francese possono rendere
più immediato il senso della sua ricerca: Per tutta
la vita non sono mai riuscito a rassegnarmi al sapere parcellizzato,
non sono mai riuscito a isolare un oggetto di studio dal suo
contesto, dai suoi antecedenti, dal suo divenire; ho sempre
aspirato ad un sapere multidimensionale .
In sostanza, come ben esplicitano gli accademici Quaglino e
Varchetta, pensare la complessità significa essere
attenti alla relazione, puntare lì l'attenzione quando
si vuole capire un fenomeno, un fatto, un problema, non già
analizzandone gli elementi sin nel più minuscolo dei
dettagli, ma ricostruendone la struttura relazionale che tali
elementi sorregge e, a sua volta, spiega.
La complessità e il farmaco
I paradigmi che abbiamo sinteticamente esaminato - quello di
semplificazione e di complessità - non si escludono vicendevolmente,
ma possono e devono trovare unintegrazione. La storia
della medicina, per esempio, testimonia i notevoli progressi
conseguiti grazie allimpostazione riduzionistica, ma anche
la fecondità dei concetti sistemici, come quello di omeostasi
elaborato dal fisiologo americano Walter B. Cannon, in sintonia
con una visione complessa dei fenomeni biologici. Secondo Morin
il tutto è contemporaneamente più, ma anche meno
della somma delle parti, nel senso che le caratteristiche di
un sistema non sono riducibili a quelle delle sue componenti,
ma pure le parti possono subire una sorta di inibizione essendo
vincolate, nella loro autonomia, dal tutto. Comè
possibile applicare il paradigma della complessità al
farmaco?
Farmaco e ambiente. Il farmaco
acquista una molteplicità di significati lungo quella
sorta di percorso ad ostacoli che inizia con la sintesi della
molecola e termina con limmissione in commercio: il farmaco
è, di volta in volta, frutto di ricerche chimiche, investimento
industriale, oggetto di sperimentazione, potenziale business,
strumento di ricerca biologica e clinica, oggetto di strategie
di marketing, occasione di affermazione professionale per ricercatori,
oggetto di interventi regolatori pubblici, promozione commerciale
e informazione medico-scientifica e così via.
Nelle prime fasi delliter autorizzativo prevale un approccio
coerente con una impostazione riduzionistica e di semplificazione:
dalle caratteristiche chimico-fisiche ai test sugli animali,
dalla sperimentazione sui volontari sani ai test fisiologici
o microbiologici, lobiettivo è di descrivere le
caratteristiche intrinseche della molecola (farmacodinamica,
meccanismo biologico, sito d'azione ecc.) per passare successivamente
alla sperimentazione clinica. Dopo la descrizione chimica e
biochimica della molecola, si passa agli studi clinici preliminari,
dai quali scaturiscono altre informazioni significative e nuovi
legami con lambiente.
Nel passaggio dal volontario sano al malato cambia il contesto
biologico ed emergono dati nuovi: variabilità di efficacia,
modificazioni della cinetica per le diverse condizioni fisiopatologiche,
effetti indesiderati, controindicazioni o interazioni con altre
molecole ecc. Aumenta insomma la complessità e si verifica
un cambiamento di prospettiva: alle caratteristiche molecolari
intrinseche si affiancano via via nuove informazioni, frutto
dell'interazione tra farmaco e substrato biologico a livello
di organi, sistemi e apparati.
In sostanza il tasso di scientificità, nel
senso riduzionistico del paradigma di semplificazione, di una
molecola decresce progressivamente nel corso delliter
che termina con la prescrivibilità a carico del Ssn.
In maniera proporzionalmente inversa si incrementa una sorta
di tasso di relazionalità o multidimensionalità,
in relazione ai rapporti con lambiente economico-industriale,
sociale e psicologico. Queste relazioni si sovrappongono alleffetto
farmacologico così da rendere insufficiente lesame
scientifico del prodotto, per lo meno dal punto
dosservazione delle cure extra-ospedaliere. La valutazione
di efficacia di un prodotto diventa così un compito complesso,
come sottolinea il clinico Giovanni Federspil: immaginare
criteri semplici e scientifici che consentano di dividere sempre,
con un colpo di spada, il buono dal cattivo, l'utile dall'inutile,
ciò che è essenziale da ciò che è
solo rilevante, vuol dire coltivare illusioni pericolose.
Multidimensionalità e valutazione.
In questa prospettiva appare logico che lintervento regolatorio
statale si sia differenziato sempre più. Ne sono emersi
diversi filtri selettivi per la prescrivibilità, che
si sono sovrapposti a partire dalla prima riclassificazione
della CUF del gennaio 1994.
La normativa si è così stratificata in sette livelli
gerarchici.
-
Il
primo livello consiste nell'esame del dossier scientifico
e clinico presentato dall'azienda per lapprovazione
di un nuovo medicinale. Fino agli anni ottanta il parere favorevole
del ministero comportava linserimento del farmaco nel
PTN, tantè che limmissione in commercio
equivaleva alla mutuabilità di una molecola.
-
Ad
esso si è aggiunto dal 1994 lesame della CUF,
divenuta AIFA nel 2004, che costituisce una sorta di meta-giudizio
finalizzato a collocare il nuovo farmaco in una delle tre
classi terapeutiche - A, B o C - del prontuario, secondo le
linee guida elaborate dalla Commissione, anche se successivamente
la classe B è stata di fatto eliminata.
-
In
alcuni casi la prescrivibilità a carico del Ssn è
subordinata ad ulteriori criteri clinici ad personam; infatti
solo gli assistiti che rientrano nelle indicazioni terapeutiche
delle note al prontuario possono ottenere gratuitamente il
farmaco.
-
Per
alcuni prodotti soggetti a nota era prevista inoltre la segnalazione
al servizio farmaceutico per lannotazione nel cosiddetti
Registri USL, incombenza via via limitata ad alcuni farmaci,
fino alla completa abolizione con lultima revisione
delle note del novembre 2004.
-
Il
Registro USL è stato progressivamente sostituito da
un altro obbligo, nel caso in cui lAIFA subordini la
concedibilità di un farmaco alla diagnosi e piano
terapeutico di strutture specialistiche delle Aziende sanitarie,
come nel caso della nota 8 (carnitina), nota 15 (albumina
umana) e nota 78 (colliri anti-glaucoma).
-
Inoltre
alcuni farmaci ad alto costo o per patologie rare sono prescrivibili
solo su diagnosi e piano terapeutico di centri specializzati,
Universitari o della Aziende sanitarie individuati dalle Regioni
o dalle province autonome, come nel caso delle note
9bis (clopidogrel), 12 (eritropoietina), 32 (interferoni)
ecc.
-
Infine
in un caso lAIFA ha ulteriormente specificato la natura
del centro specializzato abilitato alla prescrizione su diagnosi
e piano terapeutico: si tratta delle Unità di Valutazione
Alzheimer (UVA) individuate dalle Regioni, nellambito
dellex progetto Cronos, per la concedibilità
dei farmaci anti-colinesterasici della nota 85.
La gerarchia della concedibilità
Nel corso degli anni si è evidenziata sempre più
la tendenza verso una stratificazione gerarchica sia dei criteri
di concedibilità dei farmaci sia della titolarità
della prescrizione. Questa differenziazione dei metri di valutazione
e dei criteri di concedibilità dimostra indirettamente
che le autorità regolatorie hanno seguito, probabilmente
in modo non preordinato, la cosiddetta legge della varietà
(o molteplicità) necessaria, enunciata dal neurobiologo
Ashby negli anni Cinquanta. Essa afferma che i meccanismi regolatori
interni di un sistema devono essere tanto variegati quanto lo
è l'ambiente relativo. Infatti, soltanto interiorizzando
la varietà necessaria nei sistemi di controllo interno,
il sistema è in grado di gestire con successo la varietà
e le sfide che gli provengono dall'ambiente. Afferma testualmente
Ashby: Solo la molteplicità può distruggere
la molteplicità mentre un altro cibernetico (Beer)
così sintetizza il problema pratico: Spesso un ottimista
ci chiede: datemi un sistema di regolazione semplice, un sistema
che non possa sbagliare. Il guaio, con queste regolazioni semplici,
è che esse hanno una varietà insufficiente per far
fronte alla varietà dell'ambiente. Così, ben lungi
dal non sbagliare, non possono andar bene. Solo una grande varietà
del meccanismo di regolazione può affrontare con successo
la grande varietà che si trova nel sistema regolato.
La differenziazione della concedibilità dei farmaci ha
una conseguenza pratica: i metri di giudizio dei vari attori
e dei portatori di interesse (i cosiddetti stockholder, vale a
dire industria, autorità regolatorie, amministratori, pazienti,
Mmg e specialisti) non sempre coincidono ed anzi talvolta divergono.
Per esempio se il ministero dà parere favorevole alla commercializzazione
di un nuovo ipocolesterolemizzante, di provata efficacia sperimentale,
lAIFA, sulla base di altre considerazioni, può ritenere
ingiustificato l'abbassamento della colesterolemia in tutti i
soggetti, ma solo in un determinato sottogruppo, per esempio gli
assistiti che presentano un elevato rischio cardiovascolare o
patologie concomitanti. Questa sorta di giudizio in seconda istanza
comporta di per sé una maggiore complessità,
in quanto presuppone stime di ordine economico e sociale, oltre
che cliniche. Si tratterà quindi di un giudizio meta-scientifico
dettato caso per caso da una pluralità di motivazioni,
esplicite ed implicite. Il Prof. Federspil non sembrava lontano
da questa opinione quando ha affermato: Neppure la legge
può pretendere dalla scienza ciò che la scienza
non può dare, cioè criteri valutativi semplici e
scientifici (...) la CUF non ha potuto applicare integralmente
alcun calcolo scientifico, per risolvere i singoli
problemi, e spesso ha dovuto far ricorso al buon senso.
Conclusioni
Il
paradigma della complessità difficilmente troverà
applicazione nella certificazione di efficacia di una molecola,
allorché prevalgono esigenze pratiche di quantificazione
ed evidenze statistiche.
Tuttavia lo sforzo di acquisire una visione multidimensionale
del fenomeno farmaco può giovare a coloro, in prima istanza
il medico pratico, che devono operare scelte pratiche in scienza
e coscienza e per una scienza con coscienza.
|