M.D. numero 17, 11 maggio 2005

Pratica medica
Il mistero di un’amnesia globale transitoria
di Primino Claudio Botta - Medico di medicina generale, Vernate (MI) e Cristian Pellegrini - Biennio di formazione in Medicina Generale AO ³S. Carlo Borromeo², Milano

Un’angosciata chiamata d’aiuto ci raggiunge al telefono un giovedì sera: una giovane donna richiede un consulto urgente per il padre di 59 anni che le appare disorientato e completamente immemore delle ore precedenti.
L’uomo presenta un’anamnesi pressoché muta, tranne un’otomastoidite contratta in giovane età, con un conseguente intervento demolitivo di gran parte della mastoide. Presenta familiarità paterna per mortalità precoce cardiovascolare, mentre la madre è affetta da malattia di Alzheimer.

Visita ambulatoriale
Il paziente è apirettico, cosciente e vigile; FC 76, PA 140/80 mmHg; esame generale e neurologico completamente negativi. Non ricorda assolutamente ciò che ha fatto e dove si trovava al mattino. Indaghiamo e l’amnesia si estende ai giorni precedenti (tifoso acceso non ricorda un’importante partita della squadra del cuore giocata due sere prima). Presenta anche difficoltà alla fissazione di nuovi ricordi.
Eseguiamo un elettrocardiogramma e un dosaggio glicemico, che risultano nella norma.

Diagnosi
A questo punto la diagnosi che formuliamo è di ictus amnesico e solo per la rarità della patologia (nella nostra casistica) e per la discreta pressione dei familiari inviamo il paziente al Pronto Soccorso per un’indagine neuroradiologica.
Rivediamo in studio il paziente il giorno dopo completamente ristabilito: le indagini ematochimiche e la TAC cerebrale eseguite in ospedale risultano nella norma. Rimane il “buco” amnesico del giorno precedente, ma anche la diagnosi di dimissione conferma l’ictus amnesico.

Commento


L’ictus amnesico o amnesia globale transitoria descritto dapprima da Bender nel 1956, in seguito nel 1964 da Fischer e Adams, viene sistematizzato con criteri diagnostici da Hodges e Warlow nel 1990 (Brain 1990; 113: 639-57).
Presenta un’incidenza di 25 casi su 100.000 e colpisce soggetti con età >50 anni; nel 30% dei casi riconosce come fattori precipitanti sforzi fisici, forti emozioni e stress psicofisico, dolori, rapporti sessuali.
La diagnosi è essenzialmente clinica:

  • amnesia anterograda maggiore e brutale durante l’ictus, confermata da un testimone;
  • assenza di dissoluzione della coscienza e funzioni superiori;
  • assenza di perdita d’identità;
  • deficit cognitivo limitato all’amnesia;
  • assenza di segni neurologici focali;
  • durata inferiore alle 24 ore;
  • assenza di segni di patologia epilettica;
  • esclusione di traumi cranici recenti e assunzione di farmaci psicotropi.

La diagnosi differenziale è con l’epilessia (durata generalmente inferiore a un’ora), con TIA vertebro-basilari (segni neurologici associati, emianopsia laterale omonima, disartria), con l’emicrania (presenza di fotofobia, nausea, scotomi) e con patologie tossiche (avvelenamento da ossido di carbonio) e metaboliche (ipoglicemia).
È una patologia indubbiamente benigna, anche se la sintomatologia è impressionante sia per il paziente sia per i familiari Le recidive sono rare (<5%), senza rischio accresciuto di accidenti vascolari, e non vi è la conferma che sia il primo segnale di un declino cognitivo.