M.D. numero 17, 11 maggio 2005

Note stonate
Articolo 18 del nuovo ACN: oscuro e confuso

L'art. 18 del nuovo ACN, inerente alla sospensione del rapporto e dell’attività convenzionale, al punto 2, comma c, recita: “Il medico è sospeso dalle attività di medicina generale (…) per la durata complessiva dell’inabilità temporanea totale, in caso d’infortunio o malattia occorsi nello svolgimento della propria attività professionale; e specifica nel comma d: per inabilità temporanea o permanente che derivi da causa di servizio, per la durata massima di tre anni nell’arco di cinque (…)”.
La norma sarà anche chiara per chi conosce le sottigliezze del linguaggio legal-burocratico, ma per chi invece limita la sua conoscenza alla sola lingua italiana è buio fitto.
Ciò che accade “nello svolgimento della propria attività professionale” non accade forse “per causa di servizio”? Se c’è differenza fra i due concetti, sarebbe interessante che qualcuno la spiegasse. Se invece sono la stessa cosa, perché sono state usate due frasi diverse per descrivere lo stesso concetto e soprattutto quale altra differenza giustifica il fatto che il comma c mi garantisce la sospensione della mia attività per “la complessiva durata dell’inabilità” temporanea totale, mentre il comma d mi decurta il diritto a tale sospensione a una durata “massima di tre anni nell’arco di cinque”?
Per venire incontro al gentile estensore dell’articolo in questione, posso immaginare che si sia dimenticato di specificare che nel comma d si riferisce all’inabilità “parziale”. Anche così però c’è qualcosa che non quadra: un’inabilità, totale o parziale che sia, può essere tale da richiedere la sospensione dell’attività e può non esserlo. Se non lo è, la sospensione non è giustificata neppure per un giorno. Se invece è tale da richiedere la sospensione dell’attività lo sarà finché la sua entità non si sarà ridotta sotto a una data soglia. Con quale criterio si possono fissare in Gazzetta Ufficiale i tempi entro i quali l’entità di uno stato morboso si ridurrà al di sotto di un dato limite? E se lo stato morboso non dovesse ubbidire, che cosa si fa? Lo si mette in galera?
Più avanti, al punto 5, lo stesso articolo afferma che “il medico convenzionato (…) può richiedere la sospensione dell’attività convenzionale per un periodo non superiore ai 30 giorni lavorativi nell’arco di un anno per ristoro psico-fisico dall’attività lavorativa, con sostituzione a proprio carico”. Secondo gli accordi precedenti, il medico poteva invece chiedere la sospensione fino a un massimo di sei mesi, sempre con sostituzione a suo carico, dopo di che era soggetto alla revoca della convenzione. Un sindacato ha interpretato questo punto come restrittivo delle possibilità per il medico di usufruire di un periodo di “ristoro psico-fisico”. Un altro sindacato invece ha lodato la nuova norma, sostenendo che i trenta giorni riconosciuti dal punto 5 “sono aggiuntivi e non limitativi” rispetto a quanto riconosciuto in precedenza.
Se ho capito bene, quindi, mentre prima potevo starmene in ferie fino a sei mesi l’anno, adesso posso starci fino a sette mesi. Mi sembra strano ma, se proprio è così, non potevano semplicemente cambiare la parola “sei” con la parola “sette”? La cosa più bella è però che questo secondo sindacato sostiene addirittura che “in questo modo è stato anche formalizzato e quindi legittimato il diritto del medico a riposare”. In tempi di revisione della Costituzione formalizzare e quindi legittimare certe cose forse non guasta, ma il diritto al riposo non era riconosciuto già prima d’ora a tutti i bipedi con quarantasei cromosomi? Ci voleva proprio il punto 5 di un oscuro articolo di un confuso accordo collettivo per riaffermarlo? Tra l’altro è al “lavoratore” sic et simpliciter che l’art. 36 della Costituzione riconosce un diritto a “ferie annuali retribuite”, non al solo lavoratore dipendente.
Quindi vi ha diritto qualsiasi lavoratore che sia retribuito a contratto e sono esclusi, per concreta impossibilità, solo quelli che sono retribuiti a singola prestazione. Negare nei fatti un diritto sancito nelle leggi fondamentali è perfettamente in accordo con la tradizionale immoralità della nostra cultura civile, ma arrivare a “formalizzare” la cosa mettendola nero su bianco in un accordo collettivo avente forza di legge è superare noi stessi. Congratulazioni a chi ne è stato capace!
Antonio Attanasio
Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)


Che soddisfazione essere medico di famiglia in Italia!

Com’è bello fare il medico di famiglia oggi in Italia. Posso dedicarmi, nelle lunghe ore di ambulatorio, completamente alla gestione biopsicosociale dei miei pazienti con i quali, devo dire, ho un rapporto idilliaco. A volte c’è il tempo per raccontarci delle barzellette oppure disquisiamo di estetica con alcuni, del campionato di calcio con altri.
È un gran privilegio esercitare la mia professione di Mmg anche per il riguardo che la società civile mi mostra. I pazienti sono tutti ben educati e rispettosi e molti addirittura si levano il cappello quando m’incontrano per strada. Durante le festività, è una vera gioia scambiarsi gli auguri e incontrarsi per fare una sana mangiata tutti insieme. Quando torno a casa la sera, la sensibilità dei pazienti è così spiccata che solo in casi urgenti richiedono il mio intervento. E che dire della soddisfazione professionale che provo quando prescrivo la terapia senza costrizioni di sorta, in piena libertà terapeutica? Anche in fase diagnostica posso estrinsecare tutte le possibilità che ritengo opportune, senza che nessuno venga a contabilizzare il mio sforzo lavorativo. Mi sento veramente appagato e di questo ringrazio particolarmente l’ex ministro Sirchia che così amorevolmente si è preso cura non solo di noi medici, ma di tutta la sanità con decisioni indefettibili e sempre decise dopo consultazione delle varie categorie sanitarie. Non posso non menzionare una delle sue ultime idee, che prevede la ripetizione dell’esame di Stato per tutti i medici che non raggiungano il numero di punti previsto dal programma ECM.
È troppo carina questa idea di farci ritornare giovani per riassaporare le emozioni e i fermenti che si provarono in quei fatidici giorni. Gli stessi corsi ECM ci sembrano dei dejà-vu dei nostri spensierati anni liceali, quando fiorivano gli amori e ci sentivamo i dominatori del mondo.
La quintessenza della soddisfazione professionale l’ho però raggiunta quando è arrivata a me, come a tutti i colleghi, la lettera di ringraziamento, da parte del capo dell’esecutivo, a tutti i medici di famiglia per aver contenuto la spesa sanitaria. E pensare che qualche lobby di sovversivi si è permessa di inviare a tutti i cittadini italiani un opuscolo in cui si invitava a risparmiare sui farmaci. Ma fortunatamente i cittadini, come evidenziano tutti i sondaggi che mettono i medici di famiglia in cima ai gradimenti, hanno saputo distinguere.
Non posso tralasciare una menzione speciale per tutti i colleghi che in un momento storico per la medicina di famiglia hanno fatto quadrato contro tentativi di smantellamento che duravano da molto tempo. Si cercava, addirittura, di distruggere il rapporto dualistico e fiduciario tra medico e paziente, relegandoci in casermoni a fare gli impiegati, i turnisti, i burocrati, insomma veri e propri medici di Stato. Ma questa sanità era davvero troppo utopica, pardon, “utapica” perché potesse smuovere anche il collega più apatico e indolente.
A conclusione di questo sentito omaggio non posso tacere che esercitare questa magnifica professione significa percepire stipendi che permettono un tenore di vita superiore alla media. E così, unendo l’utile al dilettevole, possiamo anche prenderci il lusso di non pensare al futuro. Com’è bello fare il medico di famiglia oggi in Italia!
Leonardo Trentadue
Medico di medicina generale
Ferrandina (MT)